Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19508 del 23/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19508 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

SENTENZA

sul ricorso 29215-2007 proposto da:
AVELLA FRANCESCO VVLFNC15H10C697P, domiciliato ex
lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
LAURI BIAGIO con studio in PALMA CAMPANIA, VIA ROMA
285 giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

1436

HOBBY IN LIQUIDAZIONE S.R.L.;
– intimata –

avverso

la

sentenza n.

1882/2007

1

della CORTE

Data pubblicazione: 23/08/2013

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/06/2007, R.G.N.
3435/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/06/2013 dal Consigliere Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;

Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso in subordine per il
rigetto;

2

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 18 giugno 1988 Hobby s.r.l.
convenne innanzi al Tribunale di Napoli Francesco Avella per
ivi sentir dichiarare risolto alla data del 31 agosto 1988 il
contratto di locazione per vizi della cosa locata, con

in lire 537.828.916, oltre svalutazione, interessi e spese.
Dedusse, nell’atto introduttivo, che nel marzo del 1986 aveva
preso in locazione un locale di proprietà del convenuto per
ubicarvi un’attività di produzione di mangimi; che il canone
concordato era di lire 2.500.000 mensili; che dopo alcuni mesi
si erano verificate vistose infiltrazioni; che tale
situazione, viepiù ingravescente, l’aveva indotta ad
abbandonare l’immobile e a

disdire il contratto con lettera

del 18 febbraio 1988.
Costituitosi in giudizio, il convenuto contestò le avverse
pretese.
Con sentenza del 9 dicembre 2003 il giudice adito dichiarò
risolto il contratto di locazione; ridusse il corrispettivo da
euro 1.291,14 a euro 438,99 a far data dal 31 agosto 1988,
fino al rilascio del cespite, avvenuto nel giugno del 1992;
condannò l’Avella al pagamento della somma di euro 3.718,48,
per lavori eseguiti nell’immobile e di euro 10.602,86, a
titolo di risarcimento dei danni subiti dalla merce e dalle
attrezzature del conduttore; rigettò ogni altra domanda.

3

condanna del locatore al risarcimento dei danni quantificati

Proposto gravame principale da Hobby e incidentale da Avella,
la Corte d’appello di Napoli, in data 8 giugno 2007, in
parziale riforma della impugnata pronuncia, ha condannato
Francesco Avella a restituire alla società attrice la somma di
euro 852,15 mensili dal 31 agosto 1988 al 30 maggio 1992

svalutazione e interessi.
Per la cassazione di detta decisione ricorre a questa Corte
Francesco Avella, formulando quattro motivi.
L’intimato non ha svolto alcuna attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 1578

cod. civ., mancanza e insufficienza della motivazione, ex
art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., l’impugnante si duole
del mancato esame del motivo di appello volto a far valere che
il conduttore conosceva perfettamente i vizi della cosa
locata, di talché non poteva invocare la tutela prevista dalla
predetta norma.
1.2

Con il secondo mezzo, lamentando violazione degli artt.

112, 276, 277 cod. proc. civ., nonché omessa motivazione,

ex

art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia
il mancato esame del motivo di appello avente ad oggetto la
pretesa novità, e quindi l’inammissibilità, della domanda di
riduzione del corrispettivo della locazione.
1.3 Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 345 cod.

proc. civ. Sostiene l’esponente che la richiesta dell’Avella

4

nonché a pagargli l’ulteriore importo di euro 8.284,31, oltre

di ottenere la restituzione di parte del canone corrisposto
era stata proposta per la prima volta in sede di gravame, in
contrasto con il disposto della norma processuale innanzi
richiamata.
1.4

Con il quarto motivo, formulato in via subordinata,

civ., con riferimento alla riduzione del canone di locazione
ad un terzo di quello pattuito, operata dal giudice di merito
senza dar conto dei criteri di valutazione adottati.
2 Le critiche non hanno pregio.

Merita preliminarmente evidenziare che i motivi di ricorso con
i quali si lamentano vizi motivazionali sono inammissibili per
mancata formulazione del c.d. momento di sintesi o quesito di
fatto. E invero, con riferimento ai ricorsi, come quello in
esame, ai quali si applica,

ratione temporis,

il disposto

dell’art. 366 bis cod. proc. civ., il ricorrente che denunci
un vizio di motivazione della sentenza impugnata è tenuto nel confezionamento del relativo motivo – a formulare un c.d.
quesito di fatto,

e cioè a indicare chiaramente, in modo

sintetico, evidente e autonomo, il fatto controverso rispetto
al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria,
così come le ragioni per le quali la dedotta insufficienza
della motivazione la rende inidonea a giustificare la
decisione. A tale fine è necessaria la enucleazione conclusiva
e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del
ricorso nel quale tutto ciò risalti in modo non equivoco. La

5

l’impugnante denuncia violazione degli artt. 1578 e 1226 cod.

giurisprudenza di legittimità ha peraltro evidenziato che tale
requisito non può ritenersi rispettato allorquando solo la
completa lettura della illustrazione del motivo – all’esito di
una interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione
della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto

deflattive sottese alla disposizione in esame, volte a fare in
modo che la Suprema Corte sia posta in condizione di
comprendere, dalla lettura del solo

quesito

di

fatto,

quale

sia l’errore commesso dal giudice del merito (confr. Cass.
civ. 14 marzo 2013, n. 6549; Cass. civ. 18 luglio 2007, n.
16002).
3 Orbene, nel caso in esame, rispetto al primo e al secondo

motivo, con i quali sono stati dedotti

anche

vizi

motivazionali, non è stato formulato alcun “momento di
sintesi”, che, per quanto testé detto, richiede, pur senza
quid pluris

rispetto alla mera

illustrazione del motivo, e cioè un

contenuto specifico

rigidità formali,

un

autonomamente ed immediatamente individuabile (confr. Cass.
civ. 18 luglio 2007, n. 16002).
4

Per il resto le censure svolte nel primo mezzo sono, per

certi aspetti inammissibili, per altri infondate.
Valga al riguardo considerare che l’omessa pronunzia da parte
del giudice di merito integra un difetto di attività che deve
essere fatto valere dinanzi alla Corte di cassazione
attraverso la deduzione del relativo

6

error in procedendo e,

e il significato delle censure, considerate le esigenze

segnatamente, della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.,
in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., non già con
la denuncia della violazione di una norma di diritto
sostanziale o del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5 cod.
proc. civ. (confr. Cass. civ. 15 maggio 2013, n. 11801; Cass.

5

A ciò aggiungasi che, per giurisprudenza di legittimità

assolutamente consolidata, il giudice non è tenuto ad
occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione,
prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando
necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4 cod.
proc. civ., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in
fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione,
dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti,
le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati,
siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’Iter
argomentativo seguito. In tale prospettiva il vizio di omessa
pronuncia – configurabile allorchè risulti completamente
omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la
soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui,
seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione
adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte
ne comporti il rigetto (confr. Cass. civ. 20 gennaio 2010, n.
868; Cass. civ. 12 gennaio 2006, n. 407).
6

Nella fattispecie il giudice di merito ha adeguatamente

esplicitato che i vizi della cosa locata erano sì

7

civ. 6 giugno 2012, n. 9113).

preesistenti, ma che essi si manifestarono in autunno, con
l’arrivo delle prime piogge, il che ragionevolmente implica
l’adesione a una ricostruzione dei fatti di causa
incompatibile con l’asserita conoscenza degli stessi, da parte
del conduttore.

ricorso, che per la loro evidente connessione si prestano a
essere esaminati congiuntamente.
In disparte il rilievo che, trattandosi di processo governato
dal sistema processuale anteriore alla novella del 1990, e
quindi di un rito caratterizzato dalla sovrapposizione tra
fase preparatoria e fase istruttoria, con conseguente
possibilità di modificare le domande, eccezioni e conclusioni
fino al momento della rimessione della causa al collegio
nonché di proporre nuove eccezioni, produrre nuovi documenti e
chiedere l’ammissione di nuovi mezzi di prova in grado di
appello (confr. Cass. civ. 17 giugno 2010, n. 14625; Cass.
civ. 14 maggio 2004, n. 09210), l’impugnante, in ottemperanza
al criterio dell’autosufficienza, non poteva limitarsi a
riportare il contenuto degli atti introduttivi, ma doveva
trascrivere o riprodurre i punti essenziali

anche

delle

rassegnate conclusioni, dirimente è il rilievo che sia la
riduzione del corrispettivo sia la restituzione di quanto
pagato in eccesso costituivano, in sostanza, una voce di
danno, di talché l’assunto della
richiesta appare specioso.

8

novità

della relativa

7 Privi di pregio sono altresì il secondo e il terzo motivo di

Non è poi superfluo ricordare che l’interpretazione della
domanda costituisce operazione riservata al giudice del
merito, il quale deve accertarne la portata sulla base sia
della sua formulazione letterale sia, soprattutto, del suo
contenuto sostanziale, in relazione alle finalità perseguite

desumibile dalla situazione dedotta in causa e dalle eventuali
precisazioni

formulate

nel

corso

del

giudizio.

Conseguentemente su tale operazione interpretativa, in quanto
non riferibile a un vizio

in procedendo,

il sindacato

consentito alla Corte deve mantenersi nei limiti istituzionali
propri del giudizio di legittimità, sì da non potere operare
ove, come nella specie, il giudizio sia immune da vizi logici
o giuridici (confr. Cass. civ. 4 giugno 2013 n. 14035).
8 Destituito di ogni fondamento, infine, è anche il quarto

motivo di ricorso.
La Corte territoriale, nel rigettare le censure relative alla
riduzione del corrispettivo del canone di locazione, ha
richiamato l’apprezzabile diminuzione della idoneità del
locale all’uso pattuito, accertato dal consulente tecnico. In
tale contesto non può allora ragionevolmente sostenersi che la
scelta decisoria adottata presenti i caratteri
dell’arbitrarietà, avendo il decidente dato conto dei dati di
fatto all’uopo valutati (confr. Cass. civ. 4 aprile 2013, n.
8213).
Il ricorso è respinto.

9

dalla parte ed al provvedimento richiesto in concreto,

La mancata costituzione in giudizio dell’intimato vittorioso
preclude ogni pronuncia sulle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

Roma, 20 giugno 2013

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