Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19507 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/09/2016, (ud. 24/06/2016, dep. 30/09/2016), n.19507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6277-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.M.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 20/2009 della COMM.TRIB.REG. della Basilicata,

depositata il 16/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata, con la quale è stato rigettato l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Matera che aveva accolto il ricorso proposto da D.M.V. avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) di maggior reddito d’impresa per l’anno di imposta 1997. L’accertamento scaturiva da verifica, operata dalla Guardia di Finanza per gli anni di imposta 1995/96/97, all’esito della quale, con processo verbale del 24.4.1999, veniva accertato un apporto alla cassa dell’azienda di ammontare tale che i verificatori ritenevano che derivasse da proventi illeciti, non essendo i redditi dichiarati dal contribuente tali da giustificare apporti di così elevata entità. Sulla base delle risultanze della disposta consulenza tecnica d’ufficio il giudice di primo grado – con pronuncia confermata in appello – riteneva che i ricavi dichiarati dal contribuente fossero compatibili con i movimenti bancari.

L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In ordine logico, appare opportuno esaminare per primo il terzo motivo di ricorso, con il quale l’Agenzia delle Entrate deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 3, per avere la C.T.R. fatto proprie le conclusioni della C.T.U. dando rilievo a movimenti di conto corrente bancari taciuti, senza giustificazione, dal contribuente in sede di verifica e di questionario, disapplicando la norma suddetta che prevede che le notizie ed i dati non addotti ed i documenti non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.

2. Il motivo è fondato.

In data (OMISSIS) è stato redatto un questionario nel quale D.M.V., su esplicita richiesta dell’Ufficio circa “la natura, il numero e gli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con aziende, istituti di credito ed Ente Poste”, indicava due conti corrente, mentre dalla documentazione pervenuta all’Ufficio emergeva che il contribuente intratteneva ulteriori rapporti di conto corrente. Il C.T.U., nel corso delle indagini peritali, accertava poi l’esistenza di movimentazioni in contabilità relative ad altri sottoconti.

La Commissione tributaria regionale della Basilicata, nel confermare la sentenza di primo grado, ha fondato la sua decisione sulle complessive risultanze documentali relative a tutti i rapporti di conto corrente intrattenuto dal D., esaminati dal C.T.U., pervenendo alla conclusione che i maggiori ricavi accertati non trovavano riscontro, all’esito dell’indagine peritale, nei movimenti bancari, non avendo l’Ufficio fornito alcun elemento probatorio, seppure di carattere presuntivo, da contrapporre alle risultanze della consulenza tecnica. In tal modo il giudice di appello ha violato il disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 3, il quale stabilisce che “le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa”.

L’inottemperanza del contribuente alla richiesta di esibizione di dati e documenti avanzata dai funzionari in sede di questionario cagiona, difatti, la c.d. “preclusione probatoria”, nel senso che il contribuente non potrà più produrre quei documenti nè nella fase amministrativa, nè nella fase contenziosa (Cass. civ., sez. trib., 10-01-2013, n. 453). La documentazione bancaria non indicata dal contribuente in sede di questionario era dunque inutilizzabile nel processo e non poteva, pertanto, essere esaminata dal C.T.U. nell’espletamento dell’indagine peritale.

3. Restano assorbiti i primi due motivi di ricorso con i quali si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo costituito dalla incapienza e incompatibilità tra ricavi dichiarati e movimenti bancari, come individuati sia dall’Agenzia delle Entrate sia dal C.T.U., tali da far presumere i maggiori ricavi accertati ex D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, punto 2, ed omessa motivazione su fatto controverso e decisivo costituito dalla assenza di causa della compensazione tra i prelievi ed i versamenti operata dal C.T.U. senza che fosse possibile identificare un giroconto.

4. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va dunque accolto. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e la causa rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Basilicata, la quale provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Basilicata in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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