Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19507 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. III, 19/07/2019, (ud. 26/02/2019, dep. 19/07/2019), n.19507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25236/2017 proposto da:

F.N., B.P., domiciliate ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e

difese dall’avvocato ANDREA BONI;

– ricorrenti –

contro

CAMELIA SOCIETA’ COOPERATIVA IN LIQUIDAZIONE in persona del

Liquidatore C.G., domiciliata ex lege in ROMA, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIOVANNI PRIORE;

– controricorrente –

e contro

G.B.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3306/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/02/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.A. e B.P., in qualità di assegnatarie di un immobile di proprietà della Cooperativa Camelia, convennero avanti al Tribunale di Varese la stessa Cooperativa per sentir accertare la responsabilità della medesima per il difetto di costruzione o di manutenzione di una porta basculante di un box, da loro utilizzato senza titolo (come accertato con sentenza passata in giudicato) che, crollando, aveva colpito il loro congiunto B.E. provocandone lesioni gravi ed il decesso.

Nel contraddittorio con la Camelia e, su chiamata di questa del titolare della ditta costruttrice del box, G.B., il Tribunale di Varese, esperita CTU ed assunte prove testimoniali, rigettò la domanda ritenendo che l’impossessamento abusivo del box da parte dei B., il danneggiamento del basculante, l’uso fattone dagli stessi dopo detto danneggiamento, e l’ostruzionismo opposto nei confronti della Cooperativa che tentava di accedervi per poterlo riparare erano fatti che avevano avuto efficacia causale esclusiva nel verificarsi del sinistro, tale da interrompere il nesso causale tra l’eventuale difetto costruttivo della basculante e le lesioni subite dal danneggiato.

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 3306 del 14/7/2017, ha rigettato l’appello, confermando la sentenza di prime cure, ritenendo che le conclusioni della CTU secondo le quali la caduta della porta sarebbe stata “dovuta sicuramente a un vizio di costruzione” e al mancato ancoraggio della medesima alla struttura muraria, dovevano essere svalorizzate sia dall’illegittima detenzione del bene da parte dei B., sia dall’ostruzionismo da essi opposto nei confronti della Cooperativa che, dopo aver segnalato per tempo una condizione di pericolo, tentò invano di avere accesso al locale per procedere alla riparazione della basculante, anche alla luce delle osservazioni del CTU che avevano evidenziato la necessità di procedere alla riparazione dall’interno del locale.

Infine, con ultima ratio decidendi, la Corte d’Appello ha ritenuto che la sollevata eccezione di applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 2, secondo il quale il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, non fosse pertinente al caso, ritenendosi che il comportamento del B. e del suo nucleo familiare avesse costituito un fatto avente efficacia esclusiva nel verificarsi del sinistro tale da interrompere il nesso causale tra l’eventuale difetto costruttivo della basculante e le lesioni patite dal danneggiato, essendo dunque del tutto inutile la disquisizione proposta dall’appellante circa l’applicabilità dell’art. 1227 c.c., commi 1 o 2.

Nel caso di specie la Corte d’Appello, escludendo vi fossero elementi

per poter affermare un qualche profilo di legittimità della detenzione dei B., ha ravvisato nel comportamento dello stesso, che aveva danneggiato la porta basculante con una propria errata manovra e che aveva poi impedito alla Cooperativa di accedere ai luoghi per provvedere alla riparazione, la ricorrenza del fortuito quale elemento idoneo a costituire causa “autonomamente produttrice del danno”. Avverso la sentenza F.N. e B.P. propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Avverso la sentenza che ha, dunque rigettato l’appello, disponendo in ordine alle spese del grado, F.N. e B.P. propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da memoria. Camelia Società Cooperativa in Liquidazione resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 – le ricorrenti assumono che la sentenza avrebbe erroneamente attribuito l’esclusiva responsabilità dell’accaduto al danneggiato discostandosi dalle risultanze della CTU – che avrebbero dimostrato il mancato incardinamento della basculante nella muratura – e dall’esito delle prove testimoniali che non avrebbero consentito di provare il preteso ostruzionismo posto in essere dai B. nei confronti della Cooperativa che cercava di accedere ai locali per apportare la riparazione.

In secondo luogo la sentenza avrebbe erroneamente fatto applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 2, pur in assenza di un’espressa eccezione in tal senso sollevata dall’appellante, anzichè applicare la norma utile a qualificare la fattispecie, ovvero l’art. 2053 c.c., secondo il quale il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione.

1.1 La censura è inammissibile per distinti concorrenti profili. Innanzitutto in quanto, essendo relativa ad un vizio motivazionale, contrasta con la previsione dell’art. 348 bis c.p.c., che preclude il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in presenza di una cd. doppia conforme. In secondo luogo anche la pretesa violazione di legge – dell’art. 1227 c.c., comma 2 – è del tutto estranea alla ratio decidendi, avendo il Giudice, anzichè fatto riferimento al concorso del fatto colposo del creditore, ragionato esclusivamente sulla base dell’art. 2053 c.c. e sulla scriminante del fortuito, integrato nel caso in esame dalla condotta del danneggiato. La sentenza non solo non ha fatto applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 2, ma ha espressamente ritenuto non essere utile, essendo del tutto estranea alla ratio decidendi, la disquisizione circa l’applicabilità o meno dell’uno o dell’altro comma dell’art. 1227 c.c..

2. Con un secondo motivo di ricorso – vizi di motivazione di cui è affetta la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi- le ricorrenti insistono nel censurare la sentenza nella parte in cui si è discostata dalle risultanze della CTU che aveva individuato la causa del distacco della porta basculante nell’inadeguato ancoraggio alla muratura, sicchè la caduta sarebbe derivata da un vizio di costruzione, e non anche da una presunta deformazione apportata da una errata manovra del danneggiato, di cui la CTU non aveva dato alcun conto. La sentenza non sarebbe neppure coerente con il risultato della prova testimoniale che non sarebbe affatto univoca nel ritenere esclusa la prova del comportamento ostruzionistico posto in essere dal B..

2.1 Il motivo è inammissibile in quanto volto a sollecitare questa Corte ad un riesame delle prove e dei fatti di causa al fine di giungere ad una più appagante ricostruzione dei medesimi, esame, come è noto, precluso a questa Corte di legittimità.

3. Il ricorso va dichiarato inammissibile e le ricorrenti condannate alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo e al cd. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna le ricorrenti alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 7.200 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori e spese generali. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 26 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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