Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19506 del 23/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19506 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

SENTENZA

sul ricorso 28410-2007 proposto da:
MARTINELLI
GIOSUE’

MRTGS159E30L339W,

MRTMRZ66011L339D,
la
v

2013
1430

MARTINELLI

GIUSEPPEMRTGPP62E11L339M,

CANCELLERIA

MARTINELLI

MAURIZIO

domiciliati ex lege in ROMA presso
DELLA

CORTE

DI

CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dagli avvocati FERRETTI ALDO,
FERRETTI GIANALBERTO,

BRACUTI GIUSEPPE giusta delega

in atti
– ricorrenti contro

MEDAGLIA MARIA TERESA, elettivamente domiciliata in

Data pubblicazione: 23/08/2013

ROMA, VIA M. PRESTINARI

13,

dell’avvocato RAMADORI PAOLA,

presso lo studio

rappresentata e difesa

dall’avvocato BARBARA GIUSEPPE giusta delega in atti;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 698/2007 della CORTE D’APPELLO
BRESCIA,

SEZIONE

AGRARIA,

depositata

il

17/09/2007, R.G.N. 551/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/06/2013 dal Consigliere Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito l’Avvocato ALDO FERRETTI;
udito l’Avvocato FAUSTO BUCCELLATO per delega;
udito il P.M.

in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

di

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I fatti di causa rilevanti ai fini della decisione possono
così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.
Con ricorso depositato il 2 marzo 1999 Maria Teresa Medaglia
convenne innanzi al Tribunale di Brescia, sez. spec. agraria,

Martinelli per ivi sentir dichiarare che il contratto di
affitto a suo tempo con gli stessi stipulato era scaduto il 10
novembre 1992, con condanna dei conduttori al rilascio del
predio.
I convenuti, costituitisi in giudizio, contestarono le avverse
pretese. Sostennero, in particolare, che il contratto non era
stato validamente disdettato con la lettera del 10 novembre
1990, di talché doveva ritenersi tacitamente rinnovato per un
ulteriore periodo di quindici anni, fino al 10 novembre 2007.
Nel corso del giudizio la difesa dei resistenti allegò che in
data 26 maggio 2004 le parti avevano stipulato un nuovo
contratto di affitto in forza del quale avevano convenuto la
prosecuzione del rapporto fino al 10 novembre 2015.
Con sentenza del 24 gennaio 2007 il giudice adito condannò i
convenuti al rilascio del fondo per la data del 10 novembre
2015, compensando integralmente tra le parti le spese di
causa.
Proposto gravame principale dai fratelli Martinelli e
incidentale da Maria Teresa Medaglia, la Corte d’appello di
Brescia,

in

data

17

settembre

3

2007,

ha

dichiarato

i fratelli Giosuè Martinelli, Giuseppe Martinelli e Maurizio

inammissibile il primo e, in accoglimento del secondo,
accertato che il rapporto di affitto tra le parti avrebbe
avuto termine il 10 novembre 2007, ha condannato i convenuti
al rilascio per quella data.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte

formulando cinque motivi.
Resiste con controricorso Maria Teresa Medaglia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo gli impugnanti denunciano violazione

degli artt. l, 6 e 41 della legge n. 203 del 1982 nonché vizi
motivazionali, ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
Oggetto delle critiche è la qualificazione in termini di
puntazione della scrittura in data 26 maggio 2004, in
contrasto con la consolidata giurisprudenza del Supremo
Collegio, secondo cui, per affermare l’esistenza di un
contratto agrario, è necessario e sufficiente che il contratto
abbia ad oggetto lo sfruttamento di un fondo agricolo e, sul
piano soggettivo, che il conduttore sia un coltivatore
diretto, presupposti entrambi ricorrenti nella fattispecie.
1.2

Con il secondo mezzo i ricorrenti lamentano violazione

degli artt. 1322, 1327, 1328, 1362 e 1367 cod. civ. nonché
vizi motivazionali,

ex art. 360, comma l, nn. 3 e 5 cod. proc.

civ. per avere la Corte territoriale ritenuto non concluso il
nuovo contratto valorizzando il mancato perfezionamento della
conciliazione giudiziale, senza considerare che questa si

4

Giosuè Martinelli, Giuseppe Martinelli e Maurizio Martinelli,

poneva come elemento eventuale e non necessario ai fini della
validità dell’accordo.
Aggiungono che del

tutto marginale era

il mancato

raggiungimento di un’intesa sull’ammontare del canone dopo i
primi sei anni e sulla debenza di un contributo per il

1.3

Con il terzo motivo i deducenti prospettano violazione

degli artt. 1193 cod. civ., nonché vizi motivazionali,

ex art.

360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. con riferimento alla
ritenuta irrilevanza dei pagamenti effettuati dai Martinelli,
in spregio al principio per cui compete al debitore
individuare, con l’imputazione di pagamento, tra diversi
debiti esigibili, quello che intende estinguere.
1.4 Con il quarto motivo, denunciando violazione degli artt.

112 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., nonché vizi
motivazionali,

ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc.

civ., gli impugnanti si dolgono del significato attribuito dal
giudice di merito alla circostanza che la Medaglia aveva
trattenuto le somme versate dai Martinelli, perché l’assunto
secondo cui la stessa avesse inteso con ciò soltanto
conseguire un ristoro dei danni subiti per effetto della
perdurante occupazione del terreno da parte dei convenuti era
frutto di una congettura di carattere officioso.
1.5

Con il quinto motivo, infine, i ricorrenti, deducendo

violazione degli artt. 1, 45 e 58 della legge n. 203 del 1982,
nonché vizi motivazionali,

ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5

5

rifacimento della cascina.

cod. proc. civ., contestano la ritenuta inammissibilità
dell’appello da essi proposto, evidenziando che il decidente
avrebbe dovuto rilevare d’ufficio la nullità del contratto in
deroga stipulato il 26 maggio 2004 e sostituire la durata
pattiziamente e invalidamente convenuta con quella

2

n ricorso è, per certi aspetti inammissibile, per altri

infondato.
Sotto il primo profilo rileva la mancata formulazione, a
chiusura dei motivi con i quali si denunciano vizi
motivazionali, del c.d. momento di sintesi o quesito di fatto.
E invero, con riferimento ai ricorsi, come quello in esame, ai
quali si applica,

ratione temporis, il disposto dell’art. 366

bis cod. proc. civ., il ricorrente che denunci un vizio di
motivazione della sentenza impugnata è tenuto – nel
confezionamento del relativo motivo – a formulare un c.d.
quesito

di fatto,

e cioè a indicare chiaramente, in modo

sintetico, evidente e autonomo, il fatto controverso rispetto
al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria,
così come le ragioni per le quali la dedotta insufficienza
della motivazione la rende inidonea a giustificare la
decisione. A tale fine è necessaria la enucleazione conclusiva
e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del
ricorso nel quale tutto ciò risalti in modo non equivoco. La
giurisprudenza di legittimità ha peraltro evidenziato che tale
requisito non può ritenersi rispettato allorquando solo la

6

quindicinale legislativamente prevista.

completa lettura della illustrazione del motivo – all’esito di
una interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione
della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto
e il significato delle censure, considerate le esigenze
deflattive sottese alla disposizione in esame, volte a fare in

comprendere, dalla lettura del solo

quesito di

fatto,

quale

sia l’errore commesso dal giudice del merito (confr. Cass.
civ. 14 marzo 2013, n. 6549).
3

Sotto altro, concorrente profilo va poi rilevato, con

riferimento ai primi quattro motivi di ricorso, che per la
loro evidente connessione si prestano a essere esaminati
congiuntamente, che l’interpretazione del contratto e, in
genere, degli atti di autonomia privata, costituisce attività
riservata al giudice di merito, censurabile in sede di
legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di
ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione.
Peraltro la censura con la quale si sostenga il malgoverno
delle regole interpretative deve contenere non solo l’astratto
riferimento agli articoli del codice che le sanciscono, ma
altresì la specificazione dei canoni in concreto violati, con
la precisazione del modo in cui il giudice se ne è discostato
e, quindi, delle distorsioni che in concreto ha prodotto la
denunciata violazione (confr. Cass. civ. 3 febbraio 2009, n.
2602; Cass. civ. 6 febbraio 2007, n. 2560; Cass. civ., 22
febbraio 2007, n. 4178).

7

modo che la Suprema Corte sia posta in condizione di

4

Ora, nella fattispecie, la Curia territoriale, dopo avere

esplicitato che l’appello principale doveva ritenersi
inammissibile perché con esso i fratelli Martinelli avevano
introdotto una domanda nuova, prospettando per la prima volta
la durata quindicinale del contratto di affittanza

l’appello incidentale nella parte in cui era volto a
contestare la qualificazione in termini di accordo definitivo
e vincolante della scrittura redatta in quella data.
Il convincimento che con la sottoscrizione della stessa le
parti non avessero stipulato un nuovo contratto di affitto,
ma si fossero limiate a fissare per iscritto il già maturato
accordo in ordine ad alcune condizioni da inserire in un
futuro componimento transattivo della controversia era
avvalorato, secondo il giudice d’appello, dal tenore letterale
del documento e dal contesto nel quale andava collocata la sua
compilazione.
Segnatamente
rilievo decisivo:

ha argomentato il decidente

avevano un

a) la mancanza delle espressioni tipiche che

solitamente accompagnano le manifestazioni volitive in un
contratto di affitto agrario;

b)

il raggiungimento di un

accordo in ordine alla misura del canone per i primi sei anni
soltanto, a fronte di una durata del vincolo pattiziamente
convenuta per dieci anni;

c)

la previsione del versamento di

una rilevante somma, da parte dei conduttori, per lavori di
restauro di una cascina, subordinata alla non ancora presa

8

pretesamente concluso il 26 maggio 2004, ha ritenuto fondato

decisione
abitazione;

degli
d)

affittuari

di

collocarvi

la

propria

il comportamento processuale delle parti le

quali avevano tentato insistentemente, senza riuscirvi, di
addivenire a una conciliazione giudiziale della controversia.
Ha anche aggiunto la Corte che gli stessi pagamenti eseguiti

considerarsi indici dell’esistenza di un accordo contrattuale,
in un contesto in cui la Medaglia aveva continuato a
contestare che i convenuti avessero titolo a rimanere sul
fondo, di talché l’incameramento delle relative somme ben
poteva spiegarsi con l’intento della proprietaria di
conseguire un risarcimento per l’abusiva occupazione del
fondo.
5 A fronte di tale iter motivazionale, le critiche svolte nei

motivi di ricorso si rivelano inconsistenti o eccentriche
rispetto alle argomentate ragioni della decisione.
Così l’assunto secondo cui, per affermare l’esistenza di un
contratto agrario, sarebbe necessario – e sufficiente – che il
contratto abbia ad oggetto lo sfruttamento di un fondo
agricolo e, sul piano soggettivo, che il conduttore sia un

coltivatore diretto, dà per scontato il presupposto che si
trattava invece di dimostrare: e cioè l’intervenuta
conclusione, tra le parti, di un contratto perfetto in tutti i
suoi elementi.
La mancata formalizzazione della conciliazione giudiziale è
stata dal decidente non implausibilmente considerata un

9

dai Martinelli in epoca successiva al maggio 2004 non potevano

ulteriore indice ermeneutico, insieme alla lacunosità della
scrittura, della necessità di qualificare la stessa in termini
di mera puntazione.
Né per la verità sono troppo chiare le ragioni per le quali,
secondo i ricorrenti, la Corte territoriale non avrebbe dovuto

programma negoziale, come la misura del canone dovuto dopo i
primi sei anni e l’utilizzazione o meno della cascina, con
relativo regolamento economico, le parti, pacificamente, non
avevano raggiunto alcun accordo.
6 In tale contesto neppure si presta a essere censurata, come

giuridicamente erronea, la valutazione di sostanziale
insignificanza del versamento, da parte dei detentori del
terreno, del canone di affitto pretesamente concordato, e
l’incameramento, da parte della proprietaria, delle relative
somme: il giudice di merito nulla ha, invero, statuito in
ordine ai principi che presidiano l’imputazione di pagamento,
ma si è limitato ad apprezzare, in vista della identificazione
della natura giuridica della scrittura del maggio 2004, la
condotta delle parti, al fine di stabilire se la stessa
potesse o meno avere la valenza di comportamento esecutivo di
un già perfezionato accordo. Ed è a dir poco ovvio che nel
relativo scrutinio, funzionale alla formazione del suo libero
convincimento, il decidente non era in alcun modo vincolato
dalle deduzioni delle parti.

10

tener conto del fatto che su alcuni elementi essenziali del

7 Nella ritenuta infondatezza dei motivi di ricorso volti a

contestare il ritenuto, mancato perfezionamento tra le parti
di un contratto completo in tutti i suoi elementi, resta
assorbito l’esame delle critiche svolte nell’ultimo motivo.
Il ricorso è respinto.

integralmente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le
parti le spese del giudizio.
Roma, 20 giugno 2013

La difficoltà delle questioni consiglia di compensare

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