Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19505 del 18/09/2020

Cassazione civile sez. III, 18/09/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 18/09/2020), n.19505

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27563/2019 proposto da:

E.J.K., nato in (OMISSIS), rappresentato e difeso

dall’avv.to Edoardo Vagginelli

(edoardo.vagginelli.avvocaticl.legalmailit), giusta procura speciale

allegata al ricorso, e domiciliato in Roma piazza Cavour presso la

cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta n. 226/2019

depositata l’1.4.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

4.03.2020 dal Cons. Antonella Di Florio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. E.J., cittadino nigeriano, ricorre affidandosi ad un unico motivo per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta che aveva confermato l’ordinanza del Tribunale di rigetto dell’impugnazione proposta avverso il provvedimento di diniego della competente Commissione Territoriale dinanzi alla quale aveva richiesto la protezione internazionale declinata, in via gradata, nelle forme della “protezione sussidiaria” D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e della protezione umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 nella formulazione ratione temporis vigente.

1.1. Il richiedente ha dedottoche la sua fuga dal paese di origine era stata determinata dal timore di essere arrestato visto che aveva custodito, inconsapevolmente, una somma di danaro accumulata da un amico con attività criminose delle quali era stato, in parte, anch’egli accusato.

1.2. Ha chiesto la protezione sussidiaria, in relazione alla situazione di conflitto armato e di violazione dei diritti umani nel suo paese; nonchè la protezione umanitaria, deducendo a sostegno della propria integrazione, di essersi alfabetizzato sulla conoscenza lingua italiana. 2. Il Ministero dell’Interno non si è difeso, presentando richiesta di partecipazione all’eventuale udienza di discussione ex art. 370 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.Con unico articolato motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5: censura il provvedimento impugnato sia in relazione al rigetto della protezione sussidiaria, sia rispetto alla reiezione della domanda di protezione umanitaria.

1.1 Quanto alla prima, assume che i presupposti, invero ricorrenti per il suo riconoscimento, erano stati superficialmente esaminati, tenuto conto delle informazioni che potevano essere acquisite sul sito “Viaggiare sicuri” del Ministero degli esteri (cfr. pag. 4 del ricorso); quanto alla seconda, lamenta che contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, la sua vulnerabilità ben poteva essere connessa alla paura di tornare in patria e di essere esposto a pericolo di ingiustificata detenzione a causa delle accuse a lui rivolte.

1.2. Il motivo è complessivamente inammissibile.

1.3. Quanto al rilevo relativo alla protezione “maggiore” di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 infatti, il ricorrente denuncia l’omessa valutazione delle condizioni del paese di origine che, viceversa sono state analiticamente esaminate dalla Corte, utilizzando proprio le fonti informative da lui suggerite: al riguardo, vale solo la pena di rilevare che al di là di ogni valutazione sulla affidabilità di esse ai fini che rilevano rispetto alla fattispecie dedotta, le informazioni sulle quali si è fondata la decisione sono le medesime che invoca il ricorrente in modo del tutto generico, omettendo di considerare l’argomento dirimente utilizzato dalla Corte e cioè che la vastissima estensione dello Stato di provenienza del richiedente rende pacifico che le condizioni di conflitto riscontrate nel nord/nord est del paese ad opera di gruppi terroristici sono ben diverse, quanto a diffusione e rischio, rispetto a quelle riscontrate nel sud, dove è situata la regione (l’EDO State) da cui egli proviene.

1.4. La motivazione della Corte è certamente al di sopra della sufficienza costituzionale ed è censurata senza alcuna specificità ed in assenza di argomenti decisivi: ragione per cui la censura mira ad una rivalutazione di merito non consentita in sede di legittimità (cfr. Cass. 18712/2020).

2. Ma anche il motivo riguardante la protezione umanitaria è inammissibile.

2.1. Deve premettersi che il permesso di soggiorno per motivi umanitari è una misura atipica, che può essere accordata solo a coloro che, se facessero ritorno nel Paese di origine, si troverebbero in una situazione di vulnerabilità strettamente connessa al proprio vissuto personale.

2.2. Trattasi, dunque, di misura “personalizzata” che viene riconosciuta sulla base delle specificità del caso concreto ed in termini individualizzanti (Sez. un., Sentenza n. 24960 del 13/11/2019; nello stesso senso, in precedenza, Sez. 1, Ordinanza n. 21280 del 09/08/2019; Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 01).

2.3. Tanto premesso, si osserva che – pacifico il principio per cui, al fine di riconoscere tale beneficio, possono essere diversamente valutati gli stessi fatti dedotti in relazione alle altre forme di protezione invocata, per il riconoscimento delle quali essi siano stati ritenuti insufficienti – deve peraltro precisarsi che le ragioni poste a base della allegata vulnerabilità risultano talmente generiche da non consentire a questa Corte di apprezzare l’errore in cui i giudici d’appello sarebbero incorsi, visto che la motivazione, rispetto alle censure in questa sede proposte, si attiene – sia su tale elemento che in punto di effettiva integrazione nel paese di accoglienza – ai principi contenuti negli arresti sopra richiamati, e non viene efficacemente contraddetta dal motivo di ricorso proposto che postula genericamente un riesame delle emergenze istruttorie che, come già detto, non è consentito in sede di legittimità.

3. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio dell’amministrazione.

5. Si dà atto che ricorrono i presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), se dovuto.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;

dà atto che sussistono i presupposti processuali previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2020

 

 

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