Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19503 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. III, 19/07/2019, (ud. 31/01/2019, dep. 19/07/2019), n.19503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23914/2017 proposto da:

F.A., F.F.M., in proprio e quali coeredi

di F.M.F.P., nonchè del genitore

F.B., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAIROLI N. 2, presso

lo studio dell’avvocato ALESSANDRO MARCUCCI, rappresentati e difesi

dall’avvocato GILDO CIARALDI;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ITALIA SPA, (OMISSIS) in persona del procuratori speciali

Dott. CO.PI. e Dott. P.V.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. COLOMBO 440, presso lo

studio dell’avvocato FRANCO TASSONI, che la rappresenta e difende;

S.V., S.R., C.P., elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA ANDREA FULVIO 10, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA PERNA, rappresentate e difese dall’avvocato

PAOLA ASSANTE;

SC.LU., T.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE DON GIOVANNI MINZONI, 9, presso lo studio dell’avvocato MAURO

MARTUCCI, rappresentati e difesi dagli avvocati GIANFRANCO DE CORSO,

GABRIELE INELLA, FRANCESCA INGINO;

– controricorrenti –

e contro

AZIENDA NAZ. AUT. DELLE STRADE (OMISSIS), FATA ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

e contro

MINISTERO DIFESA (OMISSIS) in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

nonchè da:

ANAS SPA – AZIENDA NAZ. AUT. DELLE STRADE (OMISSIS) in persona del

suo procuratore speciale Direttore della Direzione Legale e

Societario R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

L. BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI

GIORDANO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

F.F.M., F.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5247/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/01/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il (OMISSIS) lungo la strada statale (OMISSIS) che congiunge (OMISSIS), la Fiat Uno condotta dal proprietario F.M.F.P. e la Fiat Punto di proprietà dell’Amministrazione della Difesa e condotta da S.A., provenienti da opposte direzioni di marcia, venivano a collidere in seguito all’invasione, da parte della Fiat Uno, dell’opposta corsia di marcia. In conseguenza dell’urto entrambi i conducenti decedevano mentre il terzo trasportato sul veicolo del Ministero della Difesa, il brigadiere Sc.Lu., riportava gravi lesioni.

I congiunti di F.M.F.P. convennero gli eredi del S., il Ministero della Difesa, la compagnia Ina Assitalia (poi Generali Italia S.p.A., di seguito Generali Italia) e l’Anas S.p.A, (di seguito Anas) quale ente gestore della strada, al risarcimento dei danni da loro subiti. Gli eredi di S.A. si costituirono in giudizio, chiedendo in via riconvenzionale la condanna degli eredi del F., della compagnia Fata S.p.A., assicuratrice del F. e chiamata in causa, al risarcimento. dei danni da essi subiti. Lo Sc., intervenuto in giudizio, chiese la condanna degli eredi F. e della compagnia Fata al risarcimento del danno subito.

Il Tribunale di Cassino, con sentenza n. 192 del 3/3/2011, accertò l’esclusiva responsabilità del F. nella causazione del sinistro, rigettò le domande proposte dagli eredi e, in accoglimento delle domande proposte dalle altre parti costituite in giudizio, condannò gli eredi F. a pagare in favore dello Sc. la somma di Euro 538.862,56 oltre interessi e la Fata nel limite del massimale di Euro 262.619,1; in favore della moglie dello Sc. la somma di Euro 10.000 e la Fata in solido nel limite di Euro 5.693,94; condannò altresì gli eredi F. a pagare in favore degli eredi S. la somma di Euro 187.140,74, oltre interessi.

F.A. e F.A., anche quali coeredi di F.B., nelle more deceduto, proposero appello chiedendo, tra le altre cose, la riforma della sentenza di primo grado nel senso dell’accertamento di corresponsabilità del S. quale conducente della Fiat Punto ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 2; l’accertamento della violazione dell’art. 1227 c.c., per non aver tenuto conto della cooperazione colposa dei carabinieri S. e Sc. nella produzione del danno; la violazione dell’art. 2947 c.c., per aver omesso di rilevare l’intervenuta prescrizione del diritto di Sc. e della moglie T. al risarcimento del danno; l’erronea stima della responsabilità ultra massimale della Fata; la violazione dell’art. 112 c.p.c.; la condanna del Ministero della Difesa, proprietario del veicolo e di Generali Italia al risarcimento del danno in ragione dell’accertata corresponsabilità dei due conducenti; l’accertamento della corresponsabilità di Anas nel sinistro, con condanna ai danni e condanna della Fata a tenerli indenni da qualsiasi richiesta risarcitoria. Si costituirono in giudizio gli eredi S., Sc.Lu. e la moglie T.M., il Ministero della Difesa, l’Anas, Ina Assitalia, la Fata, che propose anche appello incidentale.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 5247 del 7/9/2016, per quel che ancora interessa in questa sede, ha rigettato il motivo di appello relativo al mancato accertamento della responsabilità risarcitoria di Anas, confermando le statuizioni di primo grado, peraltro coerenti con le valutazioni del consulente tecnico nominato in primo grado e del consulente del pubblico ministero sull’assenza di nesso causale tra la strada in custodia ed il danno; ha accolto il motivo di appello relativo all’accertamento della corresponsabilità del S. nella produzione del danno, in forza della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’accertamento della colpa, sia pur grave, di uno dei conducenti non esonera l’altro dall’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare l’evento, al fine di escludere il concorso di colpa a suo carico (Cass., 3, n. 195 del 2007). Sul punto la Corte ha ritenuto che la velocità tenuta dal S., prossima al limite di legge, non fosse adeguata allo stato dei luoghi ed alle condizioni di visibilità, ma che, in ogni caso, non dovesse applicarsi la presunzione di pari corresponsabilità stabilita dall’art. 2054 c.c., comma 2, in ragione dell’accertata prevalente responsabilità del F. che aveva invaso, pur viaggiando a velocità moderata, la corsia opposta, ponendosi di traverso sulla carreggiata. La Corte d’Appello ha attribuito, pertanto, al S. un concorso di colpa del 30%.

Conseguentemente la Corte d’Appello ha riformato la decisione di primo grado sia in relazione al rigetto delle domande degli eredi F., sia in relazione alla statuizione di condanna dei medesimi in favore degli eredi S., limitata al 70% del danno; ha condannato il Ministero della Difesa e la compagnia Generali Italia al risarcimento, in favore degli appellanti, nella misura del 30%; ha diminuito la statuizione di condanna degli eredi F. ad Euro 130.998,00, mentre ha rigettato la domanda di ulteriore riduzione ai sensi dell’art. 1227 c.c., per mancanza di prova che il S. non indossasse la cintura di sicurezza. La Corte d’Appello ha poi liquidato il danno non patrimoniale in favore degli eredi F. in una misura intermedia delle Tabelle di Milano, e cioè in Euro 245.000 per il genitore e di Euro 83.080 per ciascuno dei due fratelli, mentre in favore di F.A. e F.F.M., quali fratelli di F.F.P., ha liquidato la somma di Euro 24.924,00 ed in favore degli appellanti, quali eredi del padre deceduto nelle more del giudizio, la somma di Euro 73.797,00.

Rigettato il motivo di appello incidentale della Fata, volto ad affermare l’erroneità del calcolo del totale dei risarcimenti nei confronti di Sc. e T., per ragioni non più rilevanti in questa sede, la Corte d’Appello ha riformato anche la statuizione sulle spese, compensando quelle del doppio grado tra gli eredi F. e gli eredi S., riconoscendo che i F. sono vittoriosi nei confronti del Ministero della Difesa e di Generali Italia, atteso l’accoglimento della domanda risarcitoria nei confronti del primo e del pagamento diretto dell’indennizzo nei confronti della seconda; ha condannato la Fata alle spese del grado, ha parzialmente modificato le statuizioni del giudice di primo grado sulle spese processuali nel rapporto tra gli eredi F. e lo Sc. e la T., dichiarando di voler disporre consequenzialmente anche in ragione della soccombenza degli appellanti nei confronti di Anas.

Avverso la sentenza F.A. e F.F.M. propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da memoria. Resistono con distinti controricorsi Sc.Lu. e T.M., Generali Italia S.p.A., C.P., S.V. e S.R. (eredi S.) ed Anas, che propone altresì ricorso incidentale. Gli eredi F., Generali Italia S.p.A. ed Anas S.p.A. hanno depositato memoria, mentre il Ministero della Difesa una sola costituzione formale in giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo – violazione del disposto di cui all’art. 111 Cost., comma 6, per violazione del principio “tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”; ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “per violazione o falsa applicazione delle norme di diritto”, con riferimento all’art. 115 c.p.c., “disponibilità delle prove” – la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la medesima non avrebbe tenuto conto della circostanza, pacifica tra le parti e dunque da ritenere provata in base al principio di non contestazione, che gli eredi F. erano tra loro conviventi. Tale circostanza, da ritenersi incontestata in ragione della identità del luogo di abitazione del F.F.P. e di quello del padre e dei fratelli, ove opportunamente considerata, in ragione del principio di non contestazione quale forgiato dalla giurisprudenza di questa Corte, a partire dalla sentenza S.U. n. 761 del 2002, avrebbe dovuto indurre la Corte d’Appello in mancanza, peraltro, di contrasto tra detto fatto non contestato ed altre prove legali, a liquidare le somme risarcitorie previste dalle Tabelle di Milano per i congiunti conviventi, con una differenza complessiva in favore degli eredi F. di Euro 68.808,60.

1.1 Il motivo è inammissibile sotto più concorrenti profili. Premesso che il principio di non contestazione può valere per le sole circostanze note e non per quelle ignorate dalle controparti per le quali non è pertanto predicabile nè applicabile alcun onere di tempestiva contestazione, esso può essere invocato solo in presenza dell’assolvimento, da parte di chi vi abbia interesse, dell’onere di allegazione della circostanza, alla quale non abbia fatto seguito alcuna contestazione di controparte. I ricorrenti non hanno mai allegato il fatto della convivenza tra il defunto ed i congiunti nè può ritenersi che detto onere sia stato assolto con la produzione, nel giudizio di cassazione, del fotogramma del certificato del Comune di San Giorgio a Liri nel quale si afferma l’identità tra i numeri civici delle due abitazioni, del defunto e dei congiunti. E’ evidente che la produzione in giudizio del documento viola l’art. 372 c.p.c., che dispone l’inammissibilità di ogni nuova produzione documentale in cassazione.

Il motivo è, altresì, inammissibile sotto il profilo del vizio motivazionale, in quanto esso non è apprezzabile a fronte di una sentenza comunque motivata in ragione di diversi indici di calcolo del danno non patrimoniale, sui quali i ricorrenti tacciono del tutto. Nè è possibile opporre alle statuizioni del giudice del merito un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni alla discrezionalità di valutazione degli elementi di prova, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento.

In ogni caso, si ribadisce, la decisione del giudice è motivata non solo con riguardo alla non coabitazione dei F. con il congiunto pre-morto ma anche con molti altri parametri non contestati dai ricorrenti.

Quanto al vizio di violazione di legge, pure denunciato dai ricorrenti, è inammissibile perchè presuppone la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate e la rappresentazione di argomentazioni intellegibili ed esaurienti idonee a dimostrare in quale modo determinate affermazioni di diritto debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie, onere al quale i ricorrenti non hanno ottemperato.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione del disposto di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “per violazione o falsa applicazione di norme di diritto” e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la Corte di merito applicato, sul credito di valore riconosciuto ai danneggiati, il calcolo degli interessi da ritardato pagamento. La somma avrebbe dovuto essere devalutata e poi rivalutata anno per anno mentre la Corte d’Appello, pur dichiarando che gli importi liquidati erano calcolati alla data odierna e tenevano conto del pregiudizio subito con riferimento alla ritardata liquidazione, si è limitata ad applicare direttamente le somme quali previste dalle Tabelle milanesi del 2014, senza operare alcun calcolo, neanche in via equitativa, che tenesse conto del pregiudizio subito dal ritardato risarcimento.

2.1 Il motivo è fondato e merita accoglimento. La sentenza impugnata ha liquidato le somme a titolo risarcitorio ritenendo che l’applicazione del range tabellare intermedio delle Tabelle di Milano fosse satisfattivo di ogni pregiudizio subito anche con riferimento alla tardata liquidazione ma omette di effettuare il calcolo degli interessi, limitandosi a trasporre i valori previste dalle suddette tabelle.

Trattandosi, peraltro, di un debito di valore la sentenza avrebbe dovuto procedere alla aestimatio in moneta relativa all’epoca del sinistro, rivalutare il credito risarcitorio al momento della liquidazione e tenere conto dell’ulteriore danno da ritardato adempimento, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte (Cass., S.U., n. 1712 del 17/2/1995: “Qualora la liquidazione del danno da fatto illecito extracontrattuale sia effettuata “per equivalente”, con riferimento, cioè, al valore del bene perduto dal danneggiato all’epoca del fatto illecito, e tale valore venga poi espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione intervenuta fino alla data della decisione definitiva (anche se adottata in sede di rinvio), è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del mancato guadagno, che questi provi essergli stato provocato dal ritardato pagamento della suddetta somma. Tale prova può essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale l’attribuzione degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e soggettive del caso; in siffatta ultima ipotesi, gli interessi non possono essere calcolati (dalla data dell’illecito) sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata, mentre è possibile determinarli con riferimento ai singoli momenti (da stabilirsi in concreto, secondo le circostanze del caso) con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, in base ai prescelti indici di rivalutazione monetaria, ovvero in base ad un indice medio”; Cass., 3, n. 339 del 17/1/1996, Cass., 1, n. 18243 del 17/9/2015; Cass., 3, n. 12140 del 14/6/2016; Cass., 3, n. 25817 del 31/10/2017; Cass., 6-3, n. 6619 del 16/3/2018).

La sentenza impugnata, avendo omesso di calcolare la devalutazione delle somme alla data del sinistro (14/6/2001) e gli interessi sulle somme anno per anno rivalutate e, quindi, non tenendo minimamente conto del pregiudizio subito per la ritardata liquidazione per oltre 15 anni, si pone in evidente contrasto con il menzionato e consolidato indirizzo giurisprudenziale e merita di essere, in parte qua, cassata, con rinvio per nuovo esame.

3. Con il terzo motivo – violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” – i ricorrenti lamentano che la Corte d’Appello, avendo riconosciuto il concorso di colpa nella produzione del danno per il 70% al F. e per il 30% al S., non abbia poi provveduto a decurtare del 30% le somme dovute dagli eredi F. agli eredi S. e allo Sc.. In pratica, avendo il Giudice di primo grado riconosciuto agli eredi S. la complessiva somma di Euro 522.837,72 la Corte d’Appello, dando seguito alla propria decisione di riduzione dell’importo dovuto del 30%, avrebbe dovuto indicare l’importo del risarcimento dovuto, in solido con la Fata Assicurazioni, nella somma di Euro 365.986,40 e, tenendo conto dell’acconto ricevuto di

Euro 335.969,98, avrebbe dovuto condannare gli eredi F. al pagamento della sola differenza di Euro 30.289,42 e non anche di Euro 130.998,00 come indicato nel dispositivo. La Corte d’Appello ha operato la riduzione solo del danno patrimoniale ma ha tralasciato di operare la medesima riduzione per la somma versata in acconto dalla Fata Assicurazioni e ritenuta congrua dal Giudice di primo grado a titolo di danno non patrimoniale. Il medesimo errore, ad avviso dei ricorrenti, è stato compiuto con riguardo al risarcimento dovuto a Sc.Lu., indicato in Euro 642.669,56 dal Giudice di primo grado e da ridurre, sulla base del 30%, ad Euro 449.868,69, con la conseguenza che, detratto l’acconto di Euro 342.178,51, la Corte d’Appello avrebbe dovuto condannare gli eredi F. al pagamento di soli Euro 107.690,18 e non ad

Euro 538.862,56 come indicato dal dispositivo. Ugualmente per la T. alla quale la sentenza di primo grado ha riconosciuto il risarcimento di

Euro 10.000 a carico degli eredi F. ed in solido con la Fata Assciurazioni mentre la sentenza d’appello avrebbe dovuto ridurre il risarcimento ad Euro 7.000 e, detratto l’acconto di Euro 5.639,64, condannare gli eredi F. a versare la sola differenza di Euro 1.360,36 e non anche di Euro 10.000 come indicato in dispositivo.

3.1 Il motivo è fondato e merita accoglimento. E’ evidente che, avendo deciso di ridurre proporzionalmente del 30% le somme dovute dagli eredi F., in ragione dell’accertata corresponsabilità, sia pur non paritaria, del S. nella produzione del danno, tutte le somme riconosciute, sia quelle ancora dovute sia quelle già date in acconto avrebbero dovuto essere decurtate del 30% mentre la Corte d’Appello ha operato la suddetta decurtazione in modo incompleto, con ciò cadendo nel vizio di omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti. La sentenza deve, pertanto, essere in parte qua cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma per nuovo esame.

Sul ricorso incidentale di Anas S.p.A..

4.Con un motivo di ricorso incidentale – violazione e falsa applicazione rilevante ex art. 360 c.p.c., comma 1, artt. 91 e 112 c.p.c., in relazione all’omessa liquidazione delle spese del grado in favore di Anas S.p.A. – Anas chiede la cassazione della sentenza nella parte in cui, pur rigettando il motivo di appello relativo all’accertamento della sua responsabilità nella produzione del sinistro, per violazione dell’art. 2051 c.c., per la mancata prova della suddetta responsabilità e, pur dando atto della totale soccombenza degli eredi F. nei confronti di Anas, con conseguente condanna alle spese, non ha poi dato seguito alla suddetta condanna, con ciò violando palesemente le norme indicate in epigrafe.

4.1 Il motivo è fondato e merita accoglimento, sussistendo evidentemente il suddetto vizio. La sentenza deve, pertanto, essere in parte qua cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma perchè pronunci sulla condanna alle spese del grado di appello in favore di Anas.

5. Conclusivamente il ricorso principale va accolto in relazione al secondo ed al terzo motivo, rigettato il primo; il ricorso incidentale pure va accolto; la sentenza cassata in relazione ai suddetti motivi e la causa rinviata alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo ed il terzo del principale ed il ricorso incidentale; cassa in relazione la sentenza impugnata la causa alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 31 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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