Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19502 del 18/09/2020

Cassazione civile sez. III, 18/09/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 18/09/2020), n.19502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27774-2019 proposto da:

S.U., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO BORSIERI

12, presso lo studio dell’avvocato ANGELO AVERNI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FEDERICO DONEGATTI;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE DI CASSAZIONE;

– intimato –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

19/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il signor S.U. cittadino del (OMISSIS), impugnava la decisione di diniego della commissione Territoriale di riconoscimento della protezione internazionale sede di Venezia, che non aveva riconosciuto nessuna delle tre forme di protezione richieste per mancanza di credibilità delle vicende narrate. Con Decreto di rigetto n. 6783/2019, del 19 agosto 2019, il Tribunale di Venezia confermava la tesi della Commissione territoriale.

Il Tribunale ha ritenuto, pur non dubitando delle dichiarazioni del ricorrente sulla sua provenienza, priva di riscontro l’affermazione relativa alle ragioni per cui S.U. ha dovuto lasciare il paese. Ha valutato il giudice del merito che il narrato del signor U. si appalesa generico è contraddittorio quando si riferisce agli eventi che hanno determinato la fuga dal paese. Del tutto assenti i riferimenti geografici e temporali dell’intera vicenda e non è stato offerto alcun elemento di dettaglio o di contesto circa la riferibilità di quanto narrato al proprio vissuto personale. Di non sapere alcunchè della disputa territoriale della propria famiglia ne ha offerto alcuna descrizione dello zio, cui ha accennato in modo distante e stereotipato. Omette anche di precisare e di dare sostanza alle minacce ricevute cui si riferisce in modo del tutto astratto.

2. Ricorre avverso detta pronuncia il signor S.U. con 3 motivi di ricorso. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di partecipare all’eventuale udienza pubblica di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1. Con il primo motivo di ricorso proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per violazione D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 32 il ricorrente lamenta che il tribunale di Venezia avrebbe errato nel valutare la insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria perchè, pur ritenendo credibili le dichiarazioni del ricorrente circa la provenienza del ricorrente ha valutato il suo racconto generico e contraddittorio. Inoltre il giudice del merito non avrebbe applicato i criteri stabiliti per l’esame della credibilità del richiedente ovvero il principio dell’onere attenuato della prova e del dovere di collaborazione dell’autorità amministrativa e giurisdizionale.

3.2. Con il secondo motivo proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 il ricorrente lamenta che il tribunale di Venezia avrebbe errato perchè ha ritenuto poco credibile la circostanza che il S. non si sia rivolto all’autorità di polizia prima di abbandonare il Ghana. Ha ritenuto anche del tutto irrealistico il livello di impunità dello zio tale da minacciare di morte il nipote, di uccidergli la sorella minore senza subire alcuna conseguenza di carattere giudiziario.

Secondo il ricorrente una tale valutazione avrebbe richiesto il doveroso esercizio dei doveri di indagine diretti ad accertare il sistema giudiziario e di sicurezza attualmente esistente in Ghana, al fine di verificare la loro efficacia e la capacità di protezione dello Stato in relazione al lamentato pericolo di essere ucciso dallo zio e alla situazione di impunità da lui goduta nonostante l’assassino della sorella minore.

3.3. Con il terzo motivo ex art. 360, comma 1, n. 3 il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5, 6 e 14, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, art. 27, comma 1 bis, nonchè dell’art. 32 del medesimo testo normativo, per avere il tribunale di Venezia escluso che ricorra alcuna delle ipotesi per le quali è prevista la protezione sussidiaria, avendo ricondotto le vicende narrate dal ricorrente nell’alveo del diritto interno, sostenendo che si tratta di un conflitto endofamiliare, privo di connotati di particolare violenza o significatività, per il quale il richiedente, si sarebbe potuto rivolgere alla polizia e avrebbe potuto trovare protezione da parte del proprio Stato. In tale modo il giudice del merito avrebbe errato perchè ha escluso l’applicabilità al caso di specie delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. a) e b) in relazione al pericolo di subire un danno grave ad opera dello zio, che lo ha minacciato di morte ed anche dalle stesse autorità del paese, in quanto potrebbe, in caso di rientro, essere indagato per incendio doloso, con la possibile condanna ad essere detenuto nelle carceri dalle condizioni deplorevoli.

Inoltre il Tribunale di Venezia avrebbe omesso di porre in atto i doverosi accertamenti ufficiosi relativi alla situazione di endemica violenza del paese di origine del cittadino straniero in correlazione con la non efficace protezione delle forze di polizia contro le minacce, le intimidazioni e le violenze subite da parte delle persone nell’ambito di liti familiari. Tale omissione ha determinato la mancata indagine sulla riconducibilità delle vendette private nella protezione sussidiaria o nelle misure gradate di natura umanitaria.

3.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 nonchè dell’art. 3 della convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati per avere in Tribunale di Venezia valutato la insussistenza nella vicenda esposta di situazioni di vulnerabilità tali da integrare i gravi motivi per la concessione della misura umanitaria, ritenendo che nella valutazione della vulnerabilità della persona, se tale condizione deriva dall’esperienze vissute prima dell’arrivo in Italia, non si possa prescindere dalla credibilità dello straniero, senza accertare la possibilità per i cittadini del Ghana di ricevere adeguata protezione rispetto alle violenze subite a causa dei privati. Inoltre avrebbe errato perchè ha omesso di considerare nel caso del ricorrente la sua integrazione sociale in Italia.

4.1. I primi tre motivi congiuntamente esaminati sono in parte infondati e in parte inammissibili.

La valutazione di (non) credibilità del ricorrente appare, difatti, rispettosa tout court dei criteri di Cass. 8820/2020, essendo stata puntualmente condotta alla luce della necessaria disamina complessiva dell’intera vicenda riferita dal richiedente asilo, che lo ha visto, secondo quanto da lui dettagliatamente esposto, contraddire ripetutamente e irrimediabilmente se stesso, a far data dalle dichiarazioni rese in sede di audizione. Infatti il giudice del merito ha ritenuto che il ricorrente non sia stato in grado di indicare fondate e documentate ragioni che gli impedirebbero di fare rientro nel suo paese (cfr. decreto impugnato pag. 4, 5).

L’analisi, analitica e approfondita, di tutti gli elementi del racconto compiuta dal giudice di merito ne sottraggono la relativa motivazione alle censure mosse da parte ricorrente.

Conforme a diritto risulta per altro verso la pronuncia impugnata sotto il profilo del dovere di cooperazione del giudice che ha ritenuto che nel Gambia, sulla base delle fonti aggiornate consultate, non si rilevano conflittualità tali da giustificare la concessione di della protezione sussidiaria non essendo presente una violenza indiscriminata e diffusa sul territorio d’interesse.

4.2. Parimenti infondato è il quarto motivo.

Non esiste, infatti, alcuna corrispondenza biunivoca tra l’avvenuta integrazione in Italia ed il diritto alla protezione umanitaria; una già realizzata ed effè iliva integrazione può essere soltanto uno degli elementi da prendere in esame ai fine del giudizio di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5; e comunque anche l’avvenuta ed effettua integrazione può giustificare la protezione umanitaria solo se il rientro in patria del richiedente asilo possa incidere sul “nucleo ineliminabile” dei diritti fondamentali della persona, circostanza che ovviamente non può dirsi sussistente per il solo fatto che in patria il richiedente asilo godrebbe di un meno agiato tenore di vita rispetto a quello raggiunto in Italia;

in ogni caso, il permesso di soggiorno per motivi umanitari è una misura residuale ed atipica, che può essere accordata solo a coloro che, se facessero ritorno nel Paese di origine, si troverebbero in una situazione di vulnerabilità strettamente connessa al proprio vissuto personale. Se così non fosse, il permesso di soggiorno per motivi umanitari, misura “personalizzata” e concreta, finirebbe per essere accordato non già sulla base delle specificità del caso concreto, ma sulla base delle condizioni generali del Paese d’origine del richiedente, in termini del tutto generali ed astratti, ed in violazione della ratio e della lettera della legge (Sez. un., Sentenza n. 24960 del 13/11/2019; nello stesso senso, in precedenza, Sez. 1, Ordinanza n. 21280 del 09/08/2019; Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 – 01).

Per quanto attiene, infine, alla deduzione dell’avvenuto inserimento lavorativo nel nostro Paese del richiedente, tale circostanza è da sola giuridicamente insufficiente ai fini del giudizio di comparazione per la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in assenza di una situazione di vulnerabilità che, per quanto detto, deve dipendere dal rischio di subire nel Paese d’origine una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili (che nel caso di specie è stata solo genericamente dedotta), condizione che non può ravvisarsi nel mero rischio di regressione a condizioni economiche meno favorevoli.

Il Giudice del merito ha effettuato il giudizio di comparazione per valutare i fattori soggettivi ed oggettivi di vulnerabilità e li ha ritenuti inesistenti. Tale giudizio di fatto è insindacabile in questa sede.

Nel caso di specie il giudice del merito ha ampiamente motivato la mancanza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale oltre che ha ritenuto che il ricorrente non può dirsi integrato in Italia posto che non è fondamentale per la persona, circostanza che ovviamente non può dirsi sussistente per il solo fatto che in patria il richiedente asilo godrebbe di un meno agiato tenore di vita rispetto a quello raggiunto in Italia;

in ogni caso, il permesso di soggiorno per motivi umanitari è una misura residuale ed atipica, che può essere accordata solo a coloro che, se facessero ritorno nel Paese di origine, si troverebbero in una situazione di vulnerabilità strettamente connessa al proprio vissuto personale. Se così non fosse, il permesso di soggiorno per motivi umanitari, misura “personalizzata” e concreta, finirebbe per essere accordato non già sulla base delle specificità del caso concreto, ma sulla base delle condizioni generali del Paese d’origine del richiedente, in termini del tutto generali ed astratti, ed in violazione della ratio e della lettera della legge (Sez. un., Sentenza n. 24960 del 13/11/2019; nello stesso senso, in precedenza, Sez. 1, Ordinanza n. 21280 del 09/08/2019; Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 – 01). Nel caso di specie il giudice del merito ha ampiamente motivato la mancanza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale oltre che ha ritenuto che il ricorrente non può dirsi integrato in Italia posto che non è al lavoro e che non è sufficiente aver seguito un corso di italiano al. Nemmeno può dirsi emarginato nel paese d’origine posto che lì vive una zia materna.

5. Non è luogo a provvedere sulle spese, atteso che l’intimata ha depositato solo un atto di costituzione per la partecipazione all’eventuale pubblica udienza.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2020

 

 

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