Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19501 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. I, 08/07/2021, (ud. 22/03/2021, dep. 08/07/2021), n.19501

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14039/2019 proposto da:

U.M., elettivamente domiciliato all’indirizzo pec

vincenzina.salvatore.avvocatiavellinopec.it, presso l’avvocata

Vincenzina Salvatore, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositata il

25/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/03/2021 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- U.M., di origine nigeriana (Anambra), ha presentato ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale di Siracusa, di diniego del riconoscimento delle protezioni internazionali, come pure della protezione umanitaria.

Con decreto depositato in data 25 marzo 2019, il Tribunale di Caltanissetta ha respinto il ricorso.

2.- “Circa le ragioni di allontanamento dal paese di origine” – ha annotato la pronuncia -, il “ricorrente ha dichiarato di essere andato via dalla Nigeria per sottrarsi alle maledizioni della sua matrigna la quale avrebbe voluto per suo figlio la proprietà del terreno che il richiedente aveva ereditato dal padre”. La vicenda – si è in via consecutiva osservato – “oltre che generica, non consente di comprendere quale sia il rischio al quale il richiedente si esporrebbe nel caso di rientro in Nigeria”. Ne segue – si è puntualizzato – che “anche alla luce della complessiva non credibilità della vicenda narrata” non sussistono i presupposti per il riconoscimento delle protezioni internazionali.

Per quanto riguarda la protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il Tribunale ha aggiunto che nella zona di provenienza del richiedente – “ben distante dalle zone del Nord” non vi sono allo stato, come indicato pure dal report EASO del giugno 2017, situazioni di conflitto armato o di violenza generalizzata.

Quanto poi alla protezione umanitaria, il decreto ha rilevato che non sono emerse situazioni di vulnerabilità specifiche alla persona del ricorrente, pure sottolineando che nulla è stato allegato sotto il profilo dell’integrazione in Italia.

3.- Avverso questo provvedimento ha presentato ricorso U.M., articolando tre motivi di cassazione.

Il Ministero non si è costituito nel presente grado del giudizio, essendosi limitato, con foglio datato 26 giugno 2019, a chiedere di potere eventualmente partecipare all'”udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1″, ove fissata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorso censura la decisione del Tribunale: (i) col primo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 e conseguente violazione dell’art. 1 Convenzione di Ginevra, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) e art. 7, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. d) e art. 8, perché tutti i “decreti di rigetto emessi dal tribunale di Caltanissetta sulla medesima fattispecie (ovvero sulla richiesta di protezione nei confronti dei migranti proveniente dalla regione nigeriana dell’Edo State) sono redatti secondo la tecnica del “copia e incolla”” e perché il giudizio di inattendibilità formulato dal Tribunale è stato “emesso superficialmente”; (ii) col secondo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 4 e 14, perché “i problemi esistenti proprio nella regione di provenienza del sig. U. sono vari: criminalità, rapimenti e violenze domestiche, scontri tra bande, tra sette, tra gruppi politici e o tra comunità, rapine a mano armata”; (iii) col terzo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e art. 5, comma 6 T.U.I., nonché violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, perché il giudizio di non credibilità formulato dal Tribunale è “superficiale e frettoloso” e pure perché esiste tutta una serie di elementi che depongono in favore del diritto del richiedente di ottenere un permesso di soggiorno umanitario: per raggiungere l’Italia ha vissuto “una vera e propria avventura migratoria”; tornando nel suo paese di origine, “si troverebbe a ripartire da zero”; la famiglia di provenienza “gli è estranea, se non ostile”; “sebbene in possesso di una limitata scolarità”, egli “si sta impegnando nell’apprendimento della nostra lingua”.

5.- Il ricorso è inammissibile.

5.1.- In relazione al primo motivo è da osservare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la valutazione di credibilità della

narrazione del richiedente, che sia rispettosa della procedimentalizzazione fissata dalla legge, è affidata all’apprezzamento del giudice del merito e non è quindi sindacabile in sede di legittimità (cfr., per tutte, Cass., 9 luglio 2010, n. 14674).

Nella specie, se la censura del ricorrente si attesta su di un livello di indeterminatezza tale da manifestarsi inapprezzabile (nei fatti, la censura non va oltre l’evocazione dei termini “superficiale” e “frettoloso”), la motivazione del Tribunale appare corretta e senz’altro ragionevole: non potendosi in effetti conoscere qualità e rischio effettuale di una “maledizione lanciata dalla matrigna”.

Nessun pregio può ovviamente riconoscersi, poi, alla censura sulla assunta “ripetitività” delle pronunce emesse in materia di protezione internazionale. E’ sufficiente constatare, al riguardo, che il ricorrente se non va oltre la mera allegazione della circostanza – trascura persino di indicare quale ipotetico vizio potrebbe mai annidarsi, di per sé, in un simile fenomeno.

5.2.- Il secondo motivo è inammissibile sia per l’indeterminatezza dei suoi contenuti (non essendo in nessun modo circostanziati e documentati gli evocati scontri, rapimenti e rapine, violenze domestiche), sia pure perché il ricorso non enuncia le ragioni di diritto per cui l’eventuale presenza di questi fatti integrerebbe gli estremi della fattispecie presa in esame del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

5.3.- Quanto al terzo motivo, si deve osservare, con rilievo in sé assorbente, che lo stesso non indica alcuna situazione di vulnerabilità che sia specifica alla persona del richiedente.

6.- Non ha luogo provvedere alle spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione del Ministero.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile,

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 22 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

 

 

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