Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19500 del 04/08/2017


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Cassazione civile, sez. III, 04/08/2017, (ud. 09/05/2017, dep.04/08/2017),  n. 19500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23713/2015 proposto da:

G. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

G.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE

1, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO ROSSI, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati ANNA ROSSI, FRANCESCO CAMERINI

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA REGIONALE ATTIVITA’ PRODUTTIVE, – ARAP – L’AQUILA in persona

del Presidente nonchè legale rappresentante TIZIANO PETRUCCI,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APPENNINI 46, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO ISIDORI, rappresentata e difesa dagli

avvocati ISIDORO ISIDORI e SIMONETTA DELI, giusta procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI L’AQUILA, FALLIMENTO (OMISSIS);

– intimati –

Nonchè da:

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI L’AQUILA in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è

difesa per legge;

– ricorrente incidentale –

contro

G. SRL in persona del legale rappresentante pro tempore

G.M., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 1,

presso lo studio dell’avvocato ADRIANO ROSSI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ANNA ROSSI, FRANCESCO CAMERINI

giusta procura speciale a margine del ricorso principale;

– controricorrente all’incidentale –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS), AZIENDA REGIONALE ATTIVITA’ PRODUTTIVE – ARAP

-L’AQUILA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 240/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 04/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/05/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con contratto registrato il 7.8.2009, la soc. Gallucci s.r.l. locò alla Università degli Studi di L’Aquila un complesso immobiliare (che aveva acquistato dal Fallimento della (OMISSIS)) da adibire a sede della Facoltà di Ingegneria; il contratto prevedeva un canone di locazione annuo di 1.242.528,00 Euro “per la locazione dell’immobile nelle sue caratteristiche di uso generale” (quota A) e un ulteriore canone annuo di 699.392,04 Euro, per la durata di un quadriennio, “per il recupero delle spese che la parte locatrice sopporterà per l’adattamento dell’immobile alle specifiche esigenze dell’Università” (quota B).

Al contratto venne allegata una scrittura privata sottoscritta anche dal Consorzio per lo Sviluppo Industriale di L’Aquila, che – a seguito del fallimento della (OMISSIS) (originaria acquirente dell’area in cui era stato costruito il complesso) – aveva esercitato la facoltà di riacquisto L. n. 448 del 1998, ex art. 63 come integrato dalla L.R. Abruzzo n. 6 del 2005, art. 122: nella scrittura si dava atto del contenzioso esistente fra la G. s.r.l. e il Consorzio in ordine alla proprietà del complesso e si disponeva circa la destinazione dei canoni in relazione al possibile esito della controversia pendente avanti al giudice amministrativo.

Definita tale controversia a seguito di pronuncia del Consiglio di Stato e persistendo contrasto fra la G. e il Consorzio circa la titolarità del bene e il diritto a percepire i frutti, l’Università sospese il pagamento dei canoni a partire dal mese di agosto 2011 e richiese al Tribunale di autorizzare – ex art. 687 c.p.c. – il sequestro liberatorio degli importi da essa dovuti; sequestro che venne autorizzato e confermato in sede di reclamo.

Con successivo ricorso, l’Università chiese che il Tribunale accertasse chi fosse il proprietario dell’immobile cui dovevano essere pagati i canoni – per la quota A – e che determinasse l’importo effettivamente dovuto per la quota B, con condanna della soc. G. a restituire quanto riscosso in eccedenza (sulla base della perizia eseguita dal Consorzio); nel giudizio si costituirono sia la soc. G. (chiedendo che venisse accertato il suo diritto di proprietà sull’immobile e, conseguentemente, il diritto a percepire i canoni) che il Consorzio (chiedendo di essere individuato come creditore dell’Università per le somme sottoposte a sequestro liberatorio e per i canoni a scadere); rimase contumace il Fallimento della (OMISSIS).

Il Tribunale pronunciò sentenza n. 570/2014 con cui accertò che il Consorzio era “legittimo creditore per il pagamento della quota A del canone” di locazione e dispose l’assegnazione in suo favore “delle somme oggetto del sequestro liberatorio, limitatamente alla quota A”; inoltre, condannò la G. s.r.l. a restituire all’Università la somma di 538.732,24 Euro, nonchè a versare al Consorzio i canoni locatizi pagati dall’Università dalla stipulazione del contratto fino al luglio 2011.

Pronunciando sul gravame principale della G. s.r.l. e su quello incidentale dell’Università, la Corte di Appello di L’Aquila ha dichiarato inammissibili i motivi attinenti alla questione della titolarità del diritto di proprietà (in quanto “eccentrici” rispetto all’oggetto della controversia, concernente obbligazioni scaturenti da un rapporto di locazione che, avendo natura personale, “non suppone necessariamente che la cd legittimazione del locatore derivi dalla condizione di proprietario esclusivo”), ha rigettato il terzo motivo dell’appello incidentale (ritenendo non condivisibile la tesi della G. s.r.l. secondo cui la disciplina contenuta nella scrittura allegata al contratto di locazione era destinata a regolare soltanto la situazione derivante dalla pronuncia di primo grado del giudizio amministrativo) e ha precisato – quanto al quarto motivo – che l’obbligo di rimborso dei canoni gravante sulla soc. G. in favore del Consorzio riguardava “i canoni di locazione dalla stessa riscossi nel periodo indicato in eccedenza rispetto ai costi sostenuti per la ristrutturazione dell’immobile” (evidenziando tuttavia che, a tal fine, poteva “tenersi conto soltanto della stima contenuta nella relazione tecnica predisposta ed allegata dal Consorzio, redatta dagli ingegneri all’uopo incaricati, e non della diversa e maggiore quantificazione propugnata dalla G.”); accogliendo il quinto motivo proposto dalla G. s.r.l., la Corte ha affermato, in relazione alla quota B del canone, che la verifica circa la corretta esecuzione e contabilizzazione delle opere edilizie di adattamento dell’immobile alle esigenze della conduttrice era rimessa, nel rapporto tra locatore e conduttore, alla verifica tecnica da parte dell’Ateneo e non alla valutazione di congruità del Consorzio, che non era dunque vincolante nel rapporto tra la G. s.r.l. e l’Università (che aveva riconosciuto lavori eseguiti per l’importo di 1.579.262,10 Euro), con la conseguenza che non era condivisibile l’affermazione del Tribunale secondo cui i costi di adeguamento a carico dell’Università erano quantificabili nella misura di 999.903,16 Euro (indicata dal Consorzio), con diritto al rimborso dell’eccedenza versata.

Avverso la sentenza di appello propone ricorso per cassazione la G. s.r.l., affidandosi a cinque motivi; resiste l’Università degli Studi di L’Aquila, a mezzo di controricorso contenente ricorso incidentale – basato su un unico motivo – cui resiste, con controricorso la G.; al ricorso principale resiste anche l’A.R.A.P. Azienda Regionale Attività Produttive (già Consorzio per lo Sviluppo Industriale di L’Aquila) a mezzo di controricorso che – diversamente da quanto indicato nell’intestazione – non contiene alcun ricorso incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale (che deduce “violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”), la soc. G. si duole che la Corte abbia “omesso di pronunziare sulla specifica domanda riconvenzionale, proposta nella comparsa costitutiva di primo grado della G. s.r.l., e riproposta con i primi due motivi di appello”, volta “a far dichiarare la sua proprietà sull’immobile in contestazione”.

1.1 Il motivo è infondato, atteso che la Corte ha esaminato i primi due motivi dell’appello della G. s.r.l., ritenendoli inammissibili per non essere rilevante la questione della proprietà ai fini dell’individuazione della parte locatrice: non ricorre pertanto il dedotto vizio di omessa pronuncia.

2. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1362,1363,1366 e 1368 c.c. in relazione all’interpretazione data dalla Corte alla clausola n. 4 della scrittura collegata al contratto di locazione: la ricorrente assume che, “secondo l’inequivocabile lettera dell’accordo (…) il Consorzio, se soccombente davanti al TAR, avrebbe dovuto assegnare definitivamente l’immobile alla G.”.

2.1 Il terzo motivo denuncia nuovamente la violazione degli artt. 1362,1363 e 1366 c.c., ma in relazione all’interpretazione della clausola n. 3 della medesima scrittura: la ricorrente contesta la possibilità di ritenere che la valutazione del costo degli interventi di adeguamento dell’immobile potesse essere rimesso, nel rapporto fra la soc. G. e il Consorzio, esclusivamente alla stima dei tecnici di quest’ultimo.

2.2. Entrambi i motivi sono inammissibili per violazione dell’onere previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 6: la ricorrente trascrive solo in misura parziale le clausole della cui interpretazione si tratta e omette del tutto di fornire indicazioni utili al reperimento della scrittura collegata al contratto nell’ambito degli atti processuali (cfr., ex plurimis, Cass., S.U. n. 7161/2010).

3. Col quarto motivo (“violazione degli art. 1483 e 2921 c.c., artt. 32 e 112 c.p.c.”), la ricorrente, dopo aver premesso che era stata autorizzata a chiamare in causa la curatela del Fallimento (OMISSIS)s per esserne garantita nell’ipotesi che fosse stata dichiarata non proprietaria dell’immobile, si duole che la Corte abbia ritenuto che l’azione di garanzia non fosse connessa alla domanda principale riguardante la debenza dei canoni: assume che “tale premessa è errata” e che il Fallimento doveva “essere presente in giudizio per valutare la propria posizione ed approntare le proprie difese”.

3.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, atteso che la censura è limitata all’affermazione dell’erroneità della statuizione e non è accompagnata dall’illustrazione di ragioni volte a far apprezzare gli esatti termini dell’error iuris in cui sarebbe incorsa la Corte.

4. Il quinto motivo denuncia la “violazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, censurando la Corte per avere ritenuto assorbito il settimo motivo.

4.1. Il motivo è inammissibile per totale difetto di specificità della doglianza, che si sostanzia nella sola seguente affermazione: “la ricorrente non può che riproporre il motivo che dovrà essere esaminato in competente sede”.

5. L’unico motivo del ricorso incidentale della Università denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: il motivo investe la parte della sentenza in cui, accogliendo l’appello della soc. G. e rigettando l’appello incidentale condizionato dell’Università, la Corte ha disatteso la domanda di riduzione della quota B del canone e di ripetizione di somme versate in eccedenza dall’Ateneo alla G. s.r.l.; rileva la ricorrente che, per quanto affermato dalla Corte, la quantificazione dell’importo effettivamente dovuto era soggetto a valutazione di congruità da parte degli organi tecnici dell’Università ed evidenzia che la sentenza aveva “contraddittoriamente ed implicitamente” ritenuto dovuto l’originaria somma pattuita (ossia 2.797.568,16 Euro) anzichè quella minore (di 1.579.262,10 Euro) ritenuta congrua dall’Università.

5.1. Il motivo è infondato in quanto non ricorre la denunciata mancanza di motivazione (nè potrebbe trovare ingresso una censura di “contraddittorietà” della motivazione a mezzo della denuncia della violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4).

Peraltro, il motivo non coglie l’esatta portata della sentenza, che non ha dichiarato dovuto l’importo originariamente previsto (in contratto) per quota B del canone, ma ha fatto riferimento all’importo riconosciuto congruo dagli organi tecnici dell’Università (e ciò nell’ambito di una statuizione volta unicamente ad escludere il rimborso, da parte della soc. G., di una quota delle somme già riscosse).

6. La reciproca soccombenza comporta la compensazione delle spese di lite tra la soc. G. e l’Università; la G. va, invece, condannata alla rifusione delle spese processuali in favore dell’ARAP, rispetto alla quale è risultata soccombente.

7. Trattandosi di ricorsi proposti successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

la Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale, compensando le spese di lite fra la soc. G. s.r.l. e l’Università degli Studi di L’Aquila; condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese di lite in favore dell’A.R.A.P., liquidandole in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017

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