Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19499 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/09/2016, (ud. 23/06/2016, dep. 30/09/2016), n.19499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26772-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE CASSA RISPARMIO DI PIACENZA E VIGEVANO in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA LARGO

SOMALIA 67, presso lo studio dell’avvocato RITA GRADARA, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GASPARE FALSITTA,

SILVIA PANSIERI giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 66/2010 della COMM. TRIB. REG. dell’EMILIA

ROMAGNA, depositata il 16/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2016 dal Consigliere Dott. ESPOSITO ANTONIO FRANCESCO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALATIELLO che si riporta al

ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato PANSIERI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Dopo aver presentato le dichiarazioni dei redditi relative agli esercizi (OMISSIS) e (OMISSIS), la Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano, in data (OMISSIS), presentava due dichiarazioni dei redditi di rettifica delle precedenti, nelle quali era applicata l’aliquota agevolata di cui al D.P.R. n. 601 del 1073, art. 6.

Avverso il silenzio rifiuto formatosi in ordine alle istanze di rimborso dei crediti d’imposta emergenti dalle dichiarazioni di rettifica, la Fondazione proponeva distinti ricorsi, che, previa riunione, venivano accolti dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza.

La sentenza veniva impugnata dall’Agenzia delle Entrate dinanzi alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, la quale dichiarava inammissibile il ricorso per ragioni processuali.

Proposto ricorso per cassazione dall’Ufficio, la sentenza impugnata veniva cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, la quale, con sentenza del 16 settembre 2010, respingeva l’appello confermando la decisione di primo grado in ordine alla spettanza in capo alla Fondazione delle agevolazioni di cui al D.P.R. n. 601 del 1073, art. 6.

Avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso, illustrato da memoria, la Fondazione di Piacenza e Vigevano (già Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 e dell’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 1, nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. La ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente affermato la ricorrenza, nella specie, dei presupposti per il riconoscimento delle agevolazioni sulla base della natura e delle finalità della Fondazione e dell’attività sociale e di interesse pubblico dalla stessa svolta, ponendo a carico dell’Ufficio l’onere di dimostrare il contrario.

Con il secondo motivo si denuncia “motivazione insufficiente e contradditoria su un fatto decisivo e controverso del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. Lamenta l’Agenzia delle Entrate che il giudice di appello non aveva spiegato sulla base di quale elemento documentale o fonte di prova aveva ritenuto che la Fondazione avesse svolto attività di utilità sociale e di interesse pubblico, omettendo di procedere alla verifica dei presupposti dell’agevolazione sulla base di un’indagine sull’esercizio in concreto dell’attività d’impresa, non limitata ai modi di gestione della partecipazione di origine, ma estesa all’attività complessivamente esercitata dalla Fondazione nell’anno di imposta.

2. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati alla luce del principio in virtù del quale gli enti di gestione delle partecipazioni bancarie, quali risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite società per azioni e gravati dall’obbligo di detenzione e conservazione della maggioranza del relativo capitale ai sensi della L. n. 218 del 1990 ed in base al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12, a causa del particolare vincolo genetico che le univa alle aziende scorporate, non possono essere assimilati nè alle persone giuridiche di cui alla L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis, (che perseguono esclusivamente scopi di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica), ai fini della esenzione dal versamento della ritenuta d’acconto sugli utili, nè agli enti ed istituti di interesse generale aventi scopi esclusivamente culturali, di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, ai fini del riconoscimento della riduzione a metà dell’aliquota sull’IRPEG; la predetta disciplina agevolativa non trova applicazione quanto agli enti considerati nè in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, nè in via estensiva, poichè la sua ratio va ricercata nella esclusività e tipicità del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale già esistente al momento dell’entrata in vigore delle predette norme. La successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, nell’attribuire a tali enti, ai sensi del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, ed ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato, così estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, ex art. 87, comma 10, lett. c), T.U.I.R., non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati all’attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti. Ne consegue l’esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all’entità della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull’attività dell’ente creditizio e, dall’altro, la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, solo a seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 c.c., di aver in concreto svolto un’attività, per l’anno d’imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque un’attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale anzichè quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all’amministrazione finanziaria l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni (Cass., Sez. Un., n. 1576 del 2009, nonchè, in senso conforme, Cass. nn. 25738 e 26883 del 2009, 12243 del 2010, 19659 del 2011, 16842 del 2013). Le Sezioni Unite hanno altresì precisato che la prova di avere svolto in concreto una attività consistita nella prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale può essere fornita dalla Fondazione mediante la produzione di estratti dei libri contabili o idonee certificazioni del collegio dei revisori o del collegio sindacale delle società partecipate e la relativa verifica postula un’indagine sull’esercizio in concreto dell’attività d’impresa, non limitata ai modi di gestione della partecipazione di origine, ma estesa all’attività complessivamente esercitata dalla fondazione nell’anno d’imposta.

La decisione impugnata non è in linea con i richiamati principi.

La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha difatti affermato – in contrasto con la presunzione legale di svolgimento di attività bancaria delineata dalle Sezioni Unite – che “il riscontro di attività commerciale, eventualmente svolta dalla Fondazione, era onere dell’Ufficio che aveva fatto valere, con il silenzio – rifiuto al rimborso, una propria maggiore pretesa tributaria. Onere che, allo stato degli atti, non risulta essere stato assolto”.

Inoltre, senza alcun specifico riferimento a documenti o altre emergenze probatorie, il giudice di appello si è limitato ad affermare in modo apodittico – che la “Fondazione, negli anni di cui si discute, perseguiva esclusivamente un interesse pubblico di utilità sociale, erogando le proprie disponibilità in favore di enti operanti nei settori dell’istruzione, dell’arte e della cultura ed in favore delle categorie sociali più deboli. Non svolgeva alcuna attività di natura imprenditoriale ma utilizzava il dividendo della banca partecipata, in base a progetti organici di intervento, appunto, a favore dei suddetti settori di utilità sociale e realizzando finalità di assistenza e beneficienza anche attraverso attività di promozione di progetti ed opere di valore sociale”.

3. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va dunque accolto. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e la causa rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, la quale provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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