Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19497 del 23/07/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 19497 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: SCARPA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 24567-2014 proposto da:
PROTTI NICOLA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
MONTE SANTO, 25, presso lo studio dell’avvocato ANDREA
BOTTI, rappresentato e difeso dagli avvocati CESARE
MONTALI, PIERLUIGI BISSA, CARLO RASIA;
– ricorrente contro

PICCINI FABIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
LIBIA 120, presso lo studio dell’avvocato SERGIO BELLIENI,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO
LAZZARINI;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1225/2013 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA, depositata il 01/08/2013;

Data pubblicazione: 23/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 06/04/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Nicola Protti ha proposto ricorso articolato in quattro motivi
avverso la sentenza n. 1225/2013 della Corte d’Appello di

Resiste con controricorso Fabio Piccini.
Il Tribunale di Rimini fu adito da Nicola Protti con citazione del
21 dicembre 1998, per sentir accertare i confini tra la particella
176 di sua proprietà, la particella 49, indicata quale corte
comune, e le particelle 50 e 51 di proprietà del convenuto
Fabio Piccini, con riferimento ai limitrofi fondi siti nel Comune
di San Clemente. L’attore dedusse che il Piccini avesse eretto
un muro con sovrastante rete di recinzione che violava i confini
delle particelle 176 e 49, impedendo l’accesso alla proprietà
Protti. Il medesimo Protti domandò anche di accertare
l’esistenza di una servitù di passaggio pedonale e carrabile in
favore del proprio fondo ed a carico della particella 49; in
subordine e/o in alternativa, ove l’istruttoria avesse dimostrato
un impedimento ad accedere alla sua proprietà, l’attore
richiese di riconoscere a suo favore l’avvenuta costituzione di
una servitù di passaggio per usucapione anche sulle particelle
50 e 51. Il Tribunale di Rimini, con la sentenza dell’8 marzo
2006, accertò l’esistenza di una servitù di passaggio pedonale
e carrabile sul mappale 49 in favore della proprietà Protti e
condannò il Piccini ad arretrare il muro di recinzione fino al
confine tra la sua proprietà e la stessa particella 49, come
individuato dall’espletata CTU. Sull’appello di entrambe la parti,
la Corte di Bologna, nella sentenza qui impugnata, dichiarò
inammissibile l’appello di Nicola Protti relativo alla domanda di
accertamento della servitù di passaggio sulle particelle 50 e 51,
Ric. 2014 n. 24567 sez. 52 – ud. 06-04-2018
-2-

Bologna, depositata 11 agosto 2013.

in quanto proposta in via subordinata e/o alternativa alla
domanda principale – accolta dal Tribunale – di accertamento
del medesimo diritto di transito sul mappale 49. La Corte
d’Appello ritenne altresì inammissibile l’ulteriore domanda del
Protti di arretrare il muro di recinzione nel rispetto delle

titolo dedotto per la prima volta nel giudizio di secondo grado.
Accogliendo, invece, l’impugnazione di Fabio Piccini, la Corte di
Bologna rilevò il difetto di legittimazione attiva di Nicola Protti
in ordine all’azione di regolamento di confini fra il terreno di cui
al mappale 49 ed i fondi di proprietà Piccini, di cui ai mappali
50 e 51, avendo il primo adoperato nella sua domanda
originaria, avanzata al Tribunale di Rimini, l’espressione
equivoca “l’attore potrebbe essere comproprietario di tale
particella, come risulta dall’atto … in data 1/9/54”,

nonché

contraddittoriamente insistito per accertare il proprio diritto di
transito sul medesimo terreno, senza comunque dar prova
della proprietà, o comproprietà, della particella 49, censita
come corte comune ai mappali 48, 51 e 52. Essendo il Protti
privo di legittimazione ad agire per il regolamento dei confini
della particella 49, la Corte d’Appello ritenne priva di
fondamento altresì la domanda conseguenziale di condanna del
Piccini all’arretramento del muro di recinzione eretto.
La Corte di Bologna rigettò ancora la domanda di
riconoscimento della servitù di passaggio a favore della
proprietà Protti sul mappale 49, sia per titolo (in quanto
nell’atto

10 settembre 1954 non risultavano costituiti i

proprietari del medesimo mappale 49), che per usucapione,
avendo i testimoni deposto circa il passaggio esercitato dai
danti causa del Protti per il periodo 1954 – 1969 e per il
periodo 1990 – 1993, ossia per un arco di tempo di soli sedici o
Ric. 2014 n. 24567 sez. 52 – ud. 06-04-2018
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“prescrizioni del Codice della Strada”, in quanto fondata su

diciotto anni, restando “scoperto” il periodo intermedio tra il
1969 ed il 1990, neppure potendo operare la presunzione di
possesso intermedio ex art. 1142 c.c., in quanto il teste
Pezzolesi (immediato dante causa del Protti) aveva dichiarato
che la casa era rimasta inabitata per circa venti anni.

e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dei principi
regolatori del giusto processo (artt. 24 e 111 Cost.), per il
mancato esame da parte dei giudici di appello della domanda
proposta in via subordinata e/o alternativa, comunque
riproposta con l’impugnazione e da esaminare quanto meno
all’esito dell’accoglimento della contrapposta impugnazione del
Piccini.
1.1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
Nicola Protti, come espone la stessa sentenza impugnata, con
la citazione del 21 dicembre 1998 domandò in via principale:
l’accertamento dei confini tra la particella 176 di sua proprietà,
la particella 49, indicata quale corte comune, e le particelle 50
e 51 di proprietà del convenuto Fabio Piccini, con riferimento ai
limitrofi fondi siti nel Comune di San Clemente; l’arretramento
del muro di recinzione eretto dal Piccini in violazione dei
confini; l’accertamento dell’esistenza di una servitù di
passaggio in favore del proprio fondo ed a carico della
particella 49. A tali domande principali, “in subordine e/o in
alternativa”, ove fosse risultato comunque precluso l’accesso al
suo fondo, il Protti fece seguire una domanda di riconoscimento
dell’avvenuta costituzione per usucapione di una servitù di
passaggio sulle particelle 50 e 51 di proprietà Piccini. Il
Tribunale di Rimini, giudice di primo grado, accolse le domande
del Protti proposte in via principale, accertando l’esistenza di
una servitù di passaggio pedonale e carrabile sul mappale 49 in
Ric. 2014 n. 24567 sez. 52 – ud. 06-04-2018
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1.11 primo motivo di ricorso di Nicola Protti deduce la violazione

favore della proprietà dell’attore, condannando il Piccini ad
arretrare il muro di recinzione e regolando i confini tra la
proprietà del convenuto e la particella 49.
La Corte d’Appello di Bologna ha poi accolto l’appello proposto
da Fabio Piccini ed ha, in pratica, rigettato tutte le domande

tempo, ha dichiarato inammissibile l’appello separatamente
proposto da quest’ultimo, in quanto contenente la
riproposizione della domanda di accertamento della servitù di
passaggio sulle particelle 50 e 51, che era stata avanzata,
come visto, in via soltanto “subordinata e/o alternativa” alle
domande principali accolte dal Tribunale, ovvero in particolare
a quella diretta all’accertamento del diritto di transito sul
mappa le 49.
La decisione dei giudici di secondo grado non si è così
uniformata al consolidato orientamento di questa Corte,
secondo il quale, allorché la parte (come nella specie) abbia
proposto nello stesso giudizio due o più domande alternative,
ma tra loro compatibili, ovvero legate da rapporto di
subordinazione, l’accoglimento della principale o della domanda
alternativa compatibile, se non obbliga l’attore, il quale voglia
insistere su quella non accolta, a proporre appello (sia pure
solo in via incidentale), comporta comunque la necessità di
riproporre la stessa ai sensi dell’art. 346 c.p.c.; diversamente,
qualora si tratti di domande incompatibili, ovvero sia stata
accolta la subordinata, l’attore che voglia insistere nella
domanda alternativa incompatibile non accolta, ovvero nella
domanda principale, ha l’onere di farlo mediante appello
incidentale, eventualmente condizionato all’accoglimento del
gravame principale, in quanto solo in tal modo può ottenere la
revisione dell’accertamento compiuto dal giudice circa
Ric. 2014 n. 24567 sez. 52 – ud. 06-04-2018
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proposte in via principale da Nicola Protti, ma, allo stesso

l’esistenza dei fatti costituenti le ragioni della pretesa
subordinata accolta, incompatibile con quella principale (cfr.
Cass. Sez. 3, 04/04/2017, n. 8674; Cass. Sez. 2, 14/04/2015,
n. 7457; Cass. Sez. 2, 30/05/2013, n. 13602; Cass. Sez. 3,
06/09/2007, n. 18691; Cass. Sez. 3, 10/03/2006, n. 5249;

La Corte d’Appello di Bologna avrebbe allora dovuto ritenere
che Nicola Protti, formulando appello in ordine alla propria
domanda di accertamento della servitù di passaggio sulle
particelle 50 e 51 di proprietà Piccini, non esaminata dal
Tribunale perché rimasta assorbita dall’accoglimento delle
domande principali, aveva così quanto meno adempiuto
all’onere di riproposizione esigibile per non incorrere nella
presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 c.p.c., in una forma
comunque indicativa della volontà di sottoporre la relativa
questione al giudice d’appello, così obbligando lo stesso a
prendere in considerazione la domanda subordinata ove la
domanda principale, come poi avvenuto, fosse stata respinta in
sede di impugnazione.
ILII secondo motivo di ricorso di Nicola Protti deduce una
ulteriore violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e
dei principi regolatori del giusto processo (artt. 24 e 111
Cost.), avendo la Corte d’Appello ritenuto inammissibile
l’ulteriore domanda del Protti di arretrare il muro di recinzione
nel rispetto delle “prescrizioni del Codice della Strada” in
quanto fondata su titolo dedotto per la prima nel giudizio di
secondo grado. Il ricorrente evidenzia di aver domandato tale
arretramento sin dal primo grado, domanda in appello
specificata soltanto con riferimento altresì alle particelle 50 e
51.

Ric. 2014 n. 24567 sez. 52 – ud. 06-04-2018
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Cass. Sez. 3, 09/12/2003, n. 18721).

11.1. Questo motivo è inammissibile, ex art. 366, comma 1, n.
4, c.p.c., perché privo di specificità e riferibilità alla sentenza
impugnata. Il punto censurato della pronuncia della Corte
d’Appello di Bologna ha esplicitamente fatto riferimento alla
novità dell’allegazione, compiuta soltanto in secondo grado, del

Strada”. Ora, è vero che per consolidata interpretazione
giurisprudenziale i diritti reali si identificano in base alla sola
indicazione del bene che ne forma l’oggetto e non al titolo che
ne costituisce il fondamento, sicché l’allegazione nel giudizio
attinente ad un’azione reale, in primo come in secondo grado,
di un titolo diverso rispetto a quello originariamente posto a
base della domanda, rappresenta solo un’integrazione delle
difese sul piano probatorio, e non implica la proposizione di
una domanda nuova. Qui tuttavia l’appellante, per quel che la
riferita generica prospettazione della questione in appello lascia
intendere, aveva mutato le iniziali domande di regolamento di
confini, confessoria servitutis e uso della cosa comune in una
pretesa di osservanza delle distanze imposte dal codice della
strada, le cui disposizioni, peraltro, mirano ad assicurare
l’incolumità dei conducenti dei veicoli e della popolazione
residente vicino alle strade e non sono dirette alla
regolamentazione dei rapporti di vicinato ed alla tutela della
proprietà.
III. Il terzo motivo di ricorso di Nicola Protti denuncia la
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99, 112 e 115 c.p.c.
e dei principi regolatori del giusto processo (artt. 24 e 111
Cost.), assumendosi che i giudici di secondo grado non
potessero rilevare d’ufficio il difetto della titolarità del rapporto
controverso, quanto, in particolare, all’affermato difetto di
legittimazione attiva di Nicola Protti circa l’azione di
Ric. 2014 n. 24567 sez. 52 – ud. 06-04-2018
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rispetto delle “non specificate prescrizioni del Codice della

regolamento di confini fra il terreno di cui al mappale 49 ed i
fondi di proprietà Piccini, di cui ai mappali 50 e 51. Il ricorrente
evidenzia come Fabio Piccini non avesse contestato in primo
grado, se non in comparsa conclusionale, la contitolarità della
particella 49 vantata in citazione dal medesimo attore, sia pure

111.1.11 terzo motivo è infondato.
La Corte d’Appello, avendo il Piccini nel suo gravame negato
che la particella 49 fosse in comunione fra le due parti in
causa, ha rilevato come il Protti avesse adoperato, nella
citazione davanti al Tribunale di Rimini, l’espressione del tutto
equivoca “l’attore potrebbe essere comproprietario di tale
particella, come risulta dall’atto … in data 1/9/54”; per di più,
contraddittoriamente, ad avviso del giudici d’appello, il Protti
avrebbe poi insistito per accertare il proprio diritto di transito
sul medesimo terreno; in ogni caso, egli non avrebbe dato
prova della proprietà, o comproprietà, della particella 49,
censita, piuttosto, come corte comune al mappale 48, ad enti
urbani ed alle particelle 51 e 52.
Avendo il ricorrente esercitato l’azione di regolamento di
confini sull’asserito presupposto di essere comproprietario della
particella 49, assieme alla controparte, è certo che la mancata
prova, acclarata nella sentenza impugnata, del diritto di
comproprietà dello stesso Protti, escludesse la sua
legittimazione

(ad causam,

intesa, cioè, quale potere di

ottenere dal giudice una decisione di merito, ovvero) ad agire
come a resistere con riguardo alla suddetta azione, essendo
questa, ai sensi dell’art. 950 c.c., concessa ai soli proprietari
confinanti, giacché nessun altro soggetto, al di fuori dei titolari
dei fondi il cui confine deve essere regolato, rimane o può
rimanere coinvolto nel relativo giudicato (Cass. Sez. 2,
Ric. 2014 n. 24567 sez. 52 – ud. 06-04-2018
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in termini dubitativi.

10/10/2007, n. 21245; Cass. Sez. 2, 18/07/1991, n. 8003;
Cass. Sez. 2, 06/12/1979, n. 6333).
Ne consegue che, alla stregua dei generali principi enunciati da
Cass. Sez. U, 16/02/2016, n. 2951: 1) la sussistenza del diritto
di proprietà o di comproprietà dei fondi confinanti è un

ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore
allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento
di difese incompatibili con la negazione di essa, da parte del
convenuto; 2) la carenza della prova della titolarità dei fondi
confinanti, dei quali si chiede l’accertamento dei confini, è
rilevabile d’ufficio dal giudice se, come nella specie, risultante
dagli atti di causa; 3) le contestazioni, da parte del convenuto,
della titolarità o contitolarità dei fondi controversi dedotta
dall’attore, hanno natura di mere difese, proponibili in ogni
fase del giudizio, anche come motivo di appello, ferme le
eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di
fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del
diritto non rilevabili dagli atti.
Il ricorrente si limita a dedurre che il Piccini non avesse mai
contestato la contitolarità della particella 49 fino alla comparsa
conclusionale del giudizio di primo grado, ma non indica
specificamente, come imposto dall’art. 366, comma 1, n. 6,
c.p.c., quali precedenti atti difensivi del convenuto avessero
riconosciuto il fatto posto dall’attore a fondamento della
domanda, o svolto comunque argomentazioni incompatibili con
la negazione della sussistenza del fatto costitutivo della
vantata comproprietà, così da rendere superflua la prova
dell’allegazione dell’attore in ordine alla titolarità del fondo.
D’altro canto, la parte che invoca il cosiddetto principio di non
contestazione dovrebbe dare dimostrazione di aver essa per
Ric. 2014 n. 24567 sez. 52 – ud. 06-04-2018
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elemento costitutivo della domanda di regolamento dei confini

prima ottemperato all’onere processuale posto a suo carico di
compiere una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito
ai quali l’altra parte era tenuta a prendere posizione; ne
discende che una generica e perplessa enunciazione del titolo
di proprietà da parte dell’attore (quale quella attribuita al Protti

dall’onere di compiere una contestazione circostanziata, perché
ciò equivarrebbe a ribaltare sullo stesso convenuto l’onere di
allegare il fatto costitutivo dell’avversa pretesa (arg. da Cass.
Sez. 3, 17/02/2016, n. 3023).
IV. Il quarto motivo di ricorso di Nicola Protti deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1142 e 1159 c.c., per
non aver la Corte d’Appello fatto applicazione della presunzione
di possesso intermedio dal 1969 al 1990, ovvero per aver
ritenuto la stessa vinta dalla deposizione del solo teste
Pezzolesi, contraddetta dalle dichiarazioni dell’altro teste
Simoncini, e per non aver esaminato la questione della
sussistenza dei requisiti per l’usucapione abbreviata decennale,
questione dedotta nella memoria di replica del 23 giugno 2005
davanti al Tribunale.
IV.1. Il quarto motivo di ricorso è infondato. A norma dell’art.
1142 c.c., il possesso si presume ininterrotto sin dall’origine in
capo al possessore attuale che ha posseduto in tempo più
remoto, incombendo sulla parte interessata l’onere di provare
che tale possesso è mancato, per un tempo più o meno lungo,
nel periodo intermedio. In tema di usucapione, pertanto, tale
disposizione appresta una presunzione di continuità del
possesso, con conseguente inversione dell’onere della prova,
non essendo il possessore tenuto a dimostrare la mancata
interruzione del possesso, quanto onere della controparte
provare che lo stesso è mancato, per un tempo più o meno
Ric. 2014 n. 24567 sez. 52 – ud. 06-04-2018
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dalla sentenza impugnata) esonera comunque il convenuto

lungo, nel periodo intermedio (Cass. Sez. 2, 09/02/2017, n.
3517; Cass. Sez. 2, 23/07/2010, n. 17322; Cass. Sez. 2,
11/11/1986, n. 6591; Cass. Sez. 2, 07/05/1975, n. 1773).
Peraltro, la presunzione di possesso intermedio ex art. 1142
c.c. trova applicazione anche con riguardo al possesso dei

allorché il nesso derivativo si riveli sufficiente a risalire ad un
acquisto collocato al di là del termine per l’usucapione (così
Cass. Sez. 2, 07/03/1968, n. 744).
Tuttavia,

la Corte d’Appello di

Bologna,

nell’ambito

dell’apprezzamento dei fatti di causa spettante al giudice del
merito, e sindacabile in cassazione soltanto nei limiti di cui
all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ha affermato che la
presunzione di possesso intermedio della servitù di passaggio
ex art. 1142 c.c. in favore dell’attuale possessore Nicola Protti
fosse vinta dalla dimostrazione che il possesso era mancato fra
il 1969 ed il 1990, avendo il testimone Pezzolesi riferito che
all’epoca in cui egli andò ad abitare nella casa poi acquistata
dall’attuale ricorrente, la stessa risultava disabitata da circa
venti anni. Tale circostanza, individuata dalla Corte di Bologna,
costituisce idonea prova contraria alla presunzione del
possesso intermedio esercitato con l’animus rem sibi habendi
ininterrottamente dai danti causa dell’attore. Non sono
censurabili in sede di legittimità, e tanto meno sotto il profilo
della violazione di legge, come fa il ricorrente, l’esame delle
deposizioni dei testimoni Pezzolesi e Simoncini, nonché la
valutazione delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio
sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità dell’uno invece che
dell’altro, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di
quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione,
trattandosi di apprezzamenti di fatto riservati al giudice del
Ric. 2014 n. 24567 sez. 52 – ud. 06-04-2018
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successivi danti causa dell’attore, come si deduce nella specie,

merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione
una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro
limite che quello di indicare le ragioni del proprio
convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo
elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo

sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente
incompatibili con la decisione adottata (fra le tante, cfr. Cass.
Sez. 1, 02/08/2016, n. 16056).
Quanto all’operatività dell’usucapione abbreviata, si tratta di
questione di diritto implicante indagini ed accertamenti di fatto
che non risultano in alcun modo emergenti dalla sentenza
impugnata. Il ricorrente intende escludere che si tratti di
questione nuova dedotta per la prima volta in cassazione e così
espone che la stessa era stata già oggetto di allegazione nella
memoria del 23 giugno 2005 depositata in primo grado.
Perché, tuttavia, una domanda o un’eccezione, pur formulata
in primo grado, possa poi essere oggetto del giudizio di
cassazione (nella specie, peraltro, sotto il profilo della denuncia
di violazione di legge sostanziale, quale l’art. 1159 c.c., e
dunque neppure per difetto di attività del giudice di secondo
grado), occorre che la stessa, al di fuori delle ipotesi di
rilevabilità d’ufficio, sia stata espressamente devoluta
all’ambito di cognizione del giudice dell’appello, ai sensi degli
artt. 342 e 346 c.p.c. (cosa che il ricorrente non specifica come
avvenuta, come invece imposto dall’art. 366, comma 1, n. 6,
c.p.c.), in quanto l’omessa riproposizione in appello di una
questione preclude il ricorso per cassazione avverso la
sentenza di secondo grado che legittimamente non la abbia
presa in esame.

Ric. 2014 n. 24567 sez. 52 – ud. 06-04-2018
-12-

ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che,

V.Conseguono l’accoglimento del primo motivo del ricorso,
l’inammissibilità del secondo motivo ed il rigetto del terzo e del
quarto motivo di ricorso, nonché la cassazione dell’impugnata
sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di
Bologna, la quale deciderà la causa attenendosi ai richiamati

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine al regolamento
delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara
inammissibile il secondo motivo, rigetta il terzo ed il quarto
motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al
motive accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio
di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 aprile
2018.
Il Presidente
Dott. Stefano Petitti

DEPOSITATO IN NCELLERK

Roma,

principi e tenendo conto dei rilievi svolti.

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