Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19496 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. I, 08/07/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 08/07/2021), n.19496

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29938/2017 r.g. proposto da:

C.R., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Michele Maiellaro, con

cui elettivamente domicilia in Roma, Via San Tommaso d’Aquino n.

116, presso lo studio dell’Avvocato Oliviero Girolamo De Sena

Plunkett.

– ricorrente –

contro

Prefettura di Bergamo;

– intimato –

avverso l’ordinanza del Giudice di Pace di Bergamo, depositata in

data 9.5.2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/3/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con l’ordinanza impugnata il Giudice di Pace di Bergamo ha respinto il ricorso in opposizione presentato da C.R., cittadino marocchino, nei confronti della Prefettura di Bergamo, avverso il decreto di espulsione emesso da quest’ultima in data 25.5.2016.

Il Giudice di Pace ha ritenuto che il decreto espulsivo era stato correttamente sottoscritto dal Vice Prefetto aggiunto, Dott. G., a ciò appositamente delegato, così respingendo l’eccezione di nullità del provvedimento impugnato; ha evidenziato che il ricorrente, benché coniugato con cittadina comunitaria, non risultava convivente con quest’ultima né risultava altro titolo idoneo all’ingresso e al soggiorno nei T.N.; ha inoltre osservato che il decreto prefettizio impugnato era stato adeguatamente motivato in ordine ai presupposti applicativi della disposta espulsione e che il provvedimento era stato anche tradotto sia nelle lingue veicolari che nella lingua araba, dovendosi ritenere l’indicato termine di 15 giorni nel decreto prefettizio per l’allontanamento volontario un mero errore materiale non inficiante le prerogative dello straniero in ordine al suo asserito diritto di permanenza nello Stato italiano.

2. L’ordinanza, pubblicata il 9.5.2017, è stata impugnata da C.R. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della Direttiva 2004/38/CE, dell’art. 2, 3 comma, della Direttiva 2008/115/CE, dell’art. 2, paragrafo 5, del Codice Frontiere Shengen, approvato con Reg. CE n. 562/2006, del D.Lgs. n. 30 del 2007, artt. 2 e 6, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 28, comma 2. Si evidenzia che il ricorrente, di nazionalità marocchina, era coniugato con cittadina rumena, con la conseguenza che occorreva applicare al caso di specie il regime giuridico fissato dal D.Lgs. n. 30 del 2007 e non già quello decretato dal D.Lgs. n. 286 del 1998 e con l’ulteriore corollario che il ricorrente avrebbe, al più, essere sottoposto alla diversa sanzione dell’allontanamento.

1.2 Il motivo è infondato.

Risulta circostanza dirimente e decisiva quella secondo cui il coniuge con cittadinanza unionale non era presente nel territorio nazionale nel momento in cui il ricorrente è stato attinto dal provvedimento espulsivo, tanto ciò è vero che è lo stesso ricorrente ad ammettere che il coniuge si era stabilizzato in Italia solo in un momento successivo all’emanazione del decreto prefettizio di espulsione.

Sul punto, va infatti precisato che, secondo il combinato disposto del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, artt. 2 e 6, il diritto di soggiorno sino a tre mesi è riconosciuto anche al familiare di cittadino dell’Unione, non avente cittadinanza di uno Stato membro, solo nel caso in cui accompagni o raggiunga il cittadino dell’Unione, situazione quest’ultima invece non ricorrente nel caso in esame.

2. Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 e del D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20, comma 10.

3.1 I due motivi da ultimo elencati – che possono essere esaminati congiuntamente, in ragione dell’unitarietà della soluzione da adottarsi presentano, in realtà, profili di inammissibilità e di infondatezza.

Contesta il ricorrente l’indeterminatezza” della “contestazione esplusiva” in ragione della “manifesta difformità” tra il testo redatto in lingua italiana e la sintesi dello stesso tradotta in lingua araba.

3.2 La doglianza è in primis inammissibile per difetto di specificità ed autosufficienza.

3.2.1 Non spiega infatti il ricorrente in cosa si sarebbe concretizzata l’ipotizzata difformità di contenuto tra il testo della “contestazione” esplicitata in lingua italiana e quello tradotto nella lingua conosciuta dallo straniero, con ciò rendendo la doglianza così prospettata solo genericamente formulata e dunque irricevibile.

Ne’ il ricorrente allega all’odierno ricorso per cassazione, come era suo onere, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il provvedimento espulsivo della cui mancata corretta traduzione oggi si duole.

3.2.2 Senza contare che se la doglianza di omesso esame si attaglia, come sembrerebbe prospettare in un passaggio argomentativo il ricorrente (cfr. pag. 14 del ricorso), sul termine per la partenza cd. volontaria, allora occorre anche evidenziare che il giudice di pace si è comunque pronunciato espressamente sulla dedotta questione, evidenziando la natura di mero errore materiale della disposta traduzione e l’irrilevanza dello stesso per l’esercizio delle prerogative dello straniero legate al suo diritto di permanenza sul territorio nazionale, così evidenziandosi anche la radicale infondatezza della doglianza prospettata, anche sotto l’egida applicativa del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. Il quarto mezzo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2. Si osserva che sulla copia notificata al ricorrente del decreto di espulsione difettava la sottoscrizione del Prefetto e che la successiva attestazione di conformità disposta sul secondo originale da parte del sovraintendente di P.S. M. non valeva a sanare il vizio di nullità originario dell’atto. Si deduce inoltre la nullità del decreto prefettizio di espulsione in mancanza del provvedimento di delega da parte del Prefetto per l’adozione dell’atto.

4.1 Il motivo è infondato.

4.1.1 In ordine a quest’ultimo profilo di doglianza, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, è legittimo il provvedimento di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato emesso dal vice prefetto aggiunto a ciò delegato dal vice prefetto vicario, in quanto la previsione di tre distinte figure professionali della carriera prefettizia (prefetto, vice-prefetto vicario e vice-prefetto aggiunto), ciascuna titolare di proprie attribuzioni, non esclude la facoltà di delega al compimento di singoli atti, rientranti nelle attribuzioni del delegante, al funzionario delegato, mentre è del tutto irrilevante che tale funzione non sia ricompresa nelle attribuzioni proprie del delegato (cfr. Sez. 6-1, Ordinanza n. 28330 del 28/11/2017; Sez. 1, Sentenza n. 28115 del 05/11/2018).

Ciò posto, emerge dalla lettura del provvedimento impugnato che il decreto espulsivo era stato sottoscritto dal “Vice Prefetto aggiunto, Dott. G., funzionario appositamente delegato dal Prefetto di Bergamo con provvedimento di delega alla firma dei decreti di espulsione n. 0007198 del 12.3.2014”.

Ne consegue la radicale infondatezza della doglianza così prospettata.

Ne’ la doglianza risulta autosufficiente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, nella parte in cui evidenzia – contrariamente a quanto affermato nella ordinanza impugnata – che la copia notificata al ricorrente del decreto espulsivo era manchevole della predetta sottoscrizione prefettizia, non essendo stato allegato da parte del ricorrente, come era suo precipuo onere, il menzionato decreto al ricorso per cassazione.

Ne discende l’integrale rigetto del ricorso.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente ricorso, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

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