Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19494 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/09/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 30/09/2016), n.19494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22714-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. FARNESE 7,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO BERLIRI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO COGLIATI DEZZA giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 99/2009 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 23/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALASCIANO che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato BERLIRI che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio con la quale è stato respinto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva riconosciuto a C.R., ex dirigente ENEL, il diritto al rimborso della differenza tra la maggiore ritenuta subita e quella del 12,50%.

Il giudice d’appello, nel confermare la pronuncia di primo grado, rilevava che la liquidazione del capitale corrisposto dal datore di lavoro al lavoratore a titolo di conversione del trattamento pensionistico integrativo aziendale (c.d. P.I.A.) era stata effettuata in un’unica soluzione e non mediante prestazioni periodiche. La somma erogata dall’ENEL doveva quindi considerarsi reddito di capitale, essendo la liquidazione conseguenza di un contratto di capitalizzazione, derivante da una conversione del precedente contratto di assicurazione sulla vita.

Resiste con controricorso C.R., il quale ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i due motivi di ricorso, che vanno trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, viene riproposta la questione del regime fiscale delle somme dovute dal datore di lavoro al lavoratore – ex dirigente dell’ENEL – a titolo di conversione del trattamento pensionistico integrativo aziendale (c.d. P.I.A.).

L’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per non avere tenuto in considerazione l’accordo ENEL/FNDAI e, conseguentemente, ritenuto che la prestazione erogata in forma capitale dall’ENEL al contribuente fosse stata corrisposta in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione e non invece in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro. La Commissione tributaria regionale aveva in tal modo erroneamente applicato il regime di tassazione previsto dalla L. n. 482 del 1985, art. 6 senza peraltro considerare che non sussistevano sufficienti elementi per enucleare dalla prestazione erogata la parte corrispondente al rendimento.

2. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

La questione oggetto della presente controversia è stata affrontata e risolta alle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13642/2011, nella quale si è affermato il seguente principio di diritto: “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino a 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (T.U.I.R.), solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dai 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (T.U.I.R.)”. Secondo la Corte, dunque, essendo stata operata dal legislatore “una scelta netta per una tassazione tout court analoga a quella applicata sui redditi di lavoro”, solo con il D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9, introdotto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 11, (la c.d. riforma Dini), riservandone però l’applicazione “alle sole prestazioni erogate in forma capitale a favore di soggetti iscritti ad enti di previdenza complementare in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto”, deve ritenersi che, per gli iscritti in epoca precedente, il trattamento tributario delle prestazioni erogate dipende strettamente “dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse”, che, nel caso di un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti ed a causa previdenziale prevalente, sono composte “da una sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (ed in notevole minor misura dal lavoratore), e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato, cosicchè possono essere tassate in modo analogo al trattamento di fine rapporto “esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale”, mentre, alle somme corrispondenti al rendimento di polizza, si deve applicare la tassazione nella misura del 12,50% ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 (ogni distinzione di trattamento essendo, peraltro, cessata alla data del 1 gennaio 2001, a norma del D.Lgs. n. 47 del 2000, a decorrere dalla quale non è più consentito distinguere tra capitale e rendimento e le polizze, o meglio gli importi maturati successivamente a tale data, vanno assoggettate nella loro interezza al regime della tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 T.U.I.R., art. 16, comma 1, lett. a).

Alla stregua di tale principio, il meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo) si applica, a coloro che siano iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale FONDENEL o P.I.A. da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, sulle somme percepite, a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, solo limitatamente agli importi, maturati entro il 31.12.2000, che provengano dalla liquidazione del rendimento del capitale, per tale dovendosi intendere, come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza delle Sezioni unite, il “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato” (da ultimo, Cass. nn. 4298 e 15627 del 2015).

Va inoltre osservato che ciò rileva ai fini dell’applicabilità della disciplina del regime fiscale della ritenuta del 12,50% è che sia stato applicato dal soggetto tenuto al pagamento un modello gestionale di tipo assicurativo (in questo senso, Cass. n. 23520/12; Cass. n. 5614/15).

In conclusione, in conformità dei principi espressi da questa Corte, è necessario accertare se e quando, sulla base delle norme contrattuali applicabili, i capitali rivenienti dalla contribuzione siano stati effettivamente investiti sul mercato, quali siano stati i risultati dell’investimento ed in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali; sulla scorta di tale indagine, occorrerà quantificare la parte della somma complessivamente erogata al contribuente corrispondente al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcolare l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente, l’ammontare del suo credito restitutorio) applicando, solo a tale parte, l’aliquota del 12,50, secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (Cass. n. 2577/14).

3. Il ricorso, nei termini sopra indicati, va dunque accolto.

La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e la causa rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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