Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19494 del 04/08/2017


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Cassazione civile, sez. III, 04/08/2017, (ud. 07/04/2017, dep.04/08/2017),  n. 19494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10209/2015 R.G. proposto da:

B.G., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Vito Bruno e Maria

Antonietta Bruno, domiciliati ex lege presso la cancelleria della

Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Agenzia del Demanio, Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Puglia

e Basilicata, Agenzia Demanio – Filiale Puglia e Basilicata;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza depositata l’8

ottobre 2014.

Udita la relazione svolta in Camera di consiglio dal Consigliere

Dott. Cosimo D’Arrigo;

letta la sentenza impugnata;

letto il ricorso.

Fatto

RITENUTO

che la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata;

la Corte d’appello, sezione specializzata agraria, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Matera del 6 giugno 2012, decidendo sul ricorso depositato da B.G. a seguito di richiesta di pagamento, da parte dell’Agenzia del Demanio, di un’indennità ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 274 e sull’opposizione proposta dallo stesso B., ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1, avverso la cartella esattoriale emessa per il medesimo titolo, ha riqualificato il titolo in forza del quale l’appellante era entrato in possesso del terreno come un contratto privatistico di affitto di fondo rustico, anzichè una concessione di terreno pubblico per lo sfruttamento agricolo; ha, per l’effetto, ritenuto che la durata del rapporto era di quindici anni, come previsto per legge; ha però esclusa la possibilità di un rinnovo tacito, ritenuto – incompatibile con l’obbligo di forma scritta per i contratti della p.a.; ha conseguentemente affermato che, dall’anzidetta scadenza, l’occupazione fosse divenuta sine titulo ed ha quindi rideterminato il relativo indennizzo in Euro 7.237,4 oltre accessori; ha compensato per due terzi le spese del doppio grado di giudizio, ponendo la differenza a carico dell’appellante;

contro tale sentenza B.G. ha proposto ricorso per cassazione per sette motivi, di cui i primi due relativi alla questione della qualificazione giuridica del rapporto e della sua prorogabilità tacita; dal terzo al sesto concernenti l’opposizione alla cartella di pagamento; il settimo riferito alle spese processuali;

l’Agenzia del Demanio non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è inammissibile per le seguenti ragioni:

– primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.): la censura è aspecifica, in quanto si limita a dedurre che la Corte d’appello avrebbe ignorato talune richieste istruttorie, senza formulare una specifica contestazione dei motivi di tale implicito rigetto e senza illustrare alcuna ragione per la quale la corte territoriale avrebbe dovuto superare il divieto posto dall’art. 345 c.p.c., comma 3;

– secondo motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 203 del 1982, art. 4,L. n. 606 del 1966, art. 1, comma 2 e del R.D. n. 2440 del 1923, artt. 12,16 e 17): il ricorrente non offre alcun argomento convincente per superare il consolidato orientamento di questa Corte che egli stesso cita (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 12323 del 10/06/2005, Rv. 581896; Sez. 6-3, Ordinanza n. 18107 del 21/08/2014, Rv. 632001) in tema di inammissibilità della rinnovazione tacita dei contratti della pubblica amministrazione per incompatibilità con l’obbligo di forma scritta; in particolare, è inconducente l’osservazione che, nel caso di specie, sarebbe la legge a predeterminare la durata del periodo di rinnovazione, giacchè, per un verso, tale circostanza non vale a distinguere l’ipotesi in esame dalle altre esaminate da questa Corte (la rinnovazione tacita, infatti, non è mai a tempo indeterminato) e, per altro verso, l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici che impone l’obbligo di forma scritta per i contratti della p.a. concerne l’an della rinnovazione, piuttosto che la sua durata;

– terzo motivo (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione): il vizio di motivazione non è più previsto fra i motivi di ricorso, ai sensi della nuova versione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, a decorrere dalle sentenze d’appello pubblicate dopo l’11 settembre 2012;

– quarto motivo (violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 17 e 21, D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 61, comma 1 e della L. n. 311 del 2004, art. 1,comma 274): il motivo è aspecifico, poichè il ricorrente si limita alla testuale citazione degli articoli di legge, concludendo apoditticamente che pertanto “l’Agenzia del Demanio ha agito in mancanza di titolo”, senza alcun cenno all’attività ermeneutica necessaria per coordinare fra loro dette norme e riferirle alla fattispecie concreta;

– quinto motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.): il ricorrente si duole della circostanza che la corte d’appello, accogliendo parzialmente l’impugnazione da lui proposta, non abbia formalmente ripetuto nel dispositivo la pronuncia di annullamento parziale della cartella di pagamento, pur riducendo l’importo dovuto; la doglianza è manifestamente inammissibile, in quanto l’invocato annullamento era già stato pronunziato dal tribunale e, in parte qua, la sentenza è stata confermata, anzi con ulteriore riduzione delle somme dovute all’Agenzia del Demanio; sul punto il ricorrente è altresì carente di interesse;

– sesto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 324,329 c.p.c., art. 418 c.p.c., comma 1 e art. 416 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c.): il ricorrente sostiene che, avendo egli opposto la cartella di pagamento, sarebbe dovuto essere onere dell’Agenzia del Demanio proporre tempestivamente domanda riconvenzionale per chiedere la conferma, anche solo parziale, del pagamento dovuto; in realtà, la cartella di pagamento non assolve solamente alle funzioni equivalenti a quelle dell’atto di precetto, ma ha altresì attitudine a divenire irrevocabile se non impugnata, sicchè essa è equiparabile – in senso lato – a un provvedimento monitorio, nel senso che essa contiene una domanda di pagamento rispetto alla quale l’opponente, attore in senso formale, assume la veste di convenuto in senso sostanziale; non occorreva, quindi, che l’Agenzia del Demanio rinnovasse, nelle forme della domanda riconvenzionale, la richiesta di pagamento già insita nell’emissione della cartella opposta;

– settimo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 324329 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c.): il motivo non è autosufficiente, in quanto non viene indicato l’importo delle spese processuali liquidate dal giudice di primo grado (che il ricorrente sostiene che la corte d’appello avrebbe illegittimamente riformato, pur in difetto di appello), nè risulta positivamente che tale capo della sentenza del tribunale davvero non sia stato fatto oggetto di gravame;

che, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio, poichè la parte intimata non ha svolto attività difensiva;

che dagli atti il processo risulta esente, sicchè non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica del D.P.R. n. 155 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017

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