Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19493 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. I, 08/07/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 08/07/2021), n.19493

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19234/2020 R.G. proposto da:

R.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Veglio, con

domicilio eletto in Roma, via Torino, n. 7, presso lo studio

dell’Avv. Laura Barberio;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, e QUESTORE DI TORINO;

– intimati –

avverso il decreto del Giudice di pace di Torino depositato l’11

novembre 2019.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17 marzo 2021

dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto dell’11 novembre 2019, il Giudice di pace di Torino ha convalidato il Decreto emesso il 7 novembre 2019, con cui il Questore di Cremona aveva disposto il trattenimento di R.A., cittadino della Tunisia, presso il Centro di permanenza per i rimpatri (OMISSIS), a seguito dell’espulsione disposta dal Prefetto di Cremona con Decreto del 7 ottobre 2019.

A fondamento della decisione, il Giudice di pace ha rilevato che non erano emersi elementi tali da far ritenere illegittimo il decreto di espulsione e non era stata documentata alcuna delle circostanze di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, aggiungendo che allo stato non risultava disponibile alcun vettore ed era necessario acquisire un documento valido per l’espatrio.

2. Avverso il predetto decreto il R. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi. Gl’intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, si rileva che nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., il difensore del ricorrente ha fatto presente che, nelle more del giudizio di legittimità, il decreto di espulsione in esecuzione del quale è stato disposto il trattenimento è stato annullato.

Tale provvedimento, pur comportando il venir meno del provvedimento che costituisce il fondamento della misura restrittiva di cui si discute del presente giudizio, non determina peraltro la cessazione della materia del contendere, non potendosi escludere l’interesse del ricorrente ad ottenere la cassazione del decreto di convalida, in funzione sia dell’eventuale risarcimento del danno derivante dall’illegittima privazione della libertà personale, sia della eliminazione di ogni illegittimo impedimento al riconoscimento della sussistenza delle condizioni di rientro e soggiorno nel territorio italiano (cfr. Cass., Sez. VI, 3/09/2020, n. 18322; Cass., Sez. VI, 30/07/2014, n. 17407).

2. Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 4, art. 15, par. 2, della direttiva 2008/115/CE e dell’art. 111 Cost., rilevando che, nonostante la sua incidenza su un diritto inviolabile garantito dalla Costituzione, il decreto impugnato reca una motivazione meramente apparente, in quanto costituita da una clausola di stile, che non dà conto dell’iter logico-argomentativo seguito per giungere alla decisione. Afferma infatti che, nella parte in cui ha escluso l’illegittimità del decreto di espulsione, il provvedimento ha omesso di esaminare le difese svolte da esso ricorrente, con cui era stata fatta valere la sua situazione familiare e lavorativa, ed in particolare la nascita di due figlie, minorenni e cittadine italiane, che egli contribuisce a mantenere.

2.1. Il motivo è infondato.

Indipendentemente dalla sua correttezza giuridica, l’accertamento contenuto nel decreto impugnato, non limitato alla sussistenza dei requisiti prescritti dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, per la convalida del trattenimento, ma esteso anche all’esistenza ed alla validità del decreto di espulsione, quale indefettibile presupposto della disposta privazione della libertà personale (cfr. Cass., Sez. I, 20/03/2019, n. 7841; Cass., Sez. VI, 30/ 07/2014, n. 17407), deve ritenersi di per sé sufficiente ai fini dell’esclusione del vizio di omessa pronuncia, per la cui configurabilità è necessario che manchi completamente il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, cioè che il giudice abbia omesso di statuire su alcuni capi della domanda, autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte, oppure abbia pronunciato soltanto nei confronti di alcune parti, non assumendo alcuna rilevanza, al riguardo, il mancato o insufficiente esame delle argomentazioni dalle stesse svolte, il quale integra un vizio di natura diversa, incidente sulla motivazione del provvedimento, che non esclude la sussistenza del momento decisorio (cfr. Cass., Sez. VI, 3/03/2020, n. 5730; Cass., Sez. I, 18/02/2005, n. 3388).

3. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la nullità del decreto impugnato per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, art. 125 c.p.c., comma 3 e dell’art. 111 Cost., rilevando che il provvedimento reso all’esito dell’udienza risulta privo di motivazione, aggiunta con provvedimento pubblicato successivamente e non recante alcun riferimento alle difese svolte da esso ricorrente.

3.1. Il motivo è infondato.

In quanto depositato nello stesso giorno in cui si è svolta l’udienza e pressocché contestualmente alla chiusura del relativo verbale (avvenuta alle ore 10,58, laddove la pubblicazione del provvedimento ha avuto luogo alle ore 11,05), il decreto, redatto dal Giudice di pace su un modulo prestampato ed allegato al medesimo verbale, deve considerarsi tutt’uno con lo stesso, e quindi idoneo a fornire il necessario supporto motivazionale al provvedimento adottato all’esito dell’udienza, il cui contenuto, limitato al solo dispositivo, deve ritenersi pertanto integrato dalle argomentazioni aggiunte al modulo che lo correda.

4. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 20 del TFUE, dell’art. 8 della CEDU e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 28, censurando il decreto impugnato per aver convalidato il trattenimento, senza tener conto della sua situazione familiare. Premesso che in sede di convalida del trattenimento può essere rilevata incidentalmente la manifesta illegittimità del decreto di espulsione, osserva che ai fini dell’espulsione il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2-bis, impone di valutare i vincoli familiari dell’interessato, a tutela del diritto all’unità familiare: pur riconoscendo che tale diritto non ha carattere assoluto ed incondizionato, ma dev’essere bilanciato con altri interessi di pari rango, tra cui il diritto dello Stato di regolare l’ingresso e la permanenza dei cittadini stranieri nel proprio territorio, sostiene che qualunque provvedimento che ne sacrifichi l’esercizio deve rispondere ad un bisogno sociale imperioso ed essere proporzionato all’importanza dell’interesse perseguito. Aggiunge che, ove nel procedimento siano coinvolti minori, occorre tener conto del superiore interesse degli stessi, avente carattere preminente. Rileva che tale interesse è stato del tutto trascurato dal decreto impugnato, il quale ha omesso di considerare che le figlie minori di esso ricorrente sono cittadine Europee e di valutare il loro rapporto con il genitore, il cui allontanamento le costringerebbe ad abbandonare a loro volta il territorio dell’UE o le priverebbe dei mezzi necessari per il loro sostentamento.

4.1. Il motivo è fondato.

In tema d’immigrazione, questa Corte, sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 14 del D.Lgs. n. 286 del 1998, in relazione all’art. 5, par. 1, della CEDU, che consente la detenzione di una persona a fini di espulsione, a condizione che la procedura sia regolare, ha infatti affermato ripetutamente che, in sede di convalida del decreto di trattenimento emesso dal questore nei confronti dello straniero raggiunto da un decreto di espulsione, il giudice, pur non potendo sindacare la legittimità di quest’ultimo, è comunque tenuto, ai fini della decisione di sua spettanza, a rilevarne Incidentalmente la manifesta illegittimità, ricollegabile anche all’eventuale condizione di inespellibilità dello straniero (cfr. Cass., Sez. VI, 30/11/2015, n. 24415; 5/06/2014, n. 12609).

Nell’effettuare tale accertamento, il decreto impugnato si è limitato a rilevare genericamente l’insussistenza di cause d’illegittimità del decreto di espulsione, senza tener conto delle dichiarazioni rese dal ricorrente, il quale aveva riferito, in particolare, di avere costituito un nucleo familiare in Italia, con una donna già madre di una figlia, dalla quale aveva avuto altre due figlie, aventi la cittadinanza italiana, ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 91, in quanto nate da una cittadina italiana. L’omessa valutazione di tale allegazione, confortata dal deposito di documenti, si pone in contrasto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2-bis, il quale, in riferimento alle ipotesi di cui al comma 2, lett. a) e b), impone di tenere conto, ai fini dell’emissione del decreto di espulsione nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno, nonché dell’esistenza di legami con il Paese di origine: tale disposizione trova infatti applicazione, con valutazione da condursi caso per caso, in coerenza con la direttiva 2008/115/CE, anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorché lo stesso non abbia richiesto formalmente il ricongiungimento, e ciò in conformità della nozione di diritto all’unità familiare emergente dall’art. 8 della CEDU, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, e fatta propria dalla Corte costituzionale con sentenza n. 202 del 2013, senza che possa distinguersi tra vita privata e vita familiare, trattandosi di estrinsecazioni del medesimo diritto fondamentale tutelato dalla predetta disposizione, che non prevede gradazioni o gerarchie (cfr. Cass., Sez. II, 23/11/2020, n. 26563; Cass., Sez. I, 15/01/2019, n. 781; 22/07/2015, n. 15362).

4. Il decreto impugnato va pertanto cassato senza rinvio, avuto riguardo da un lato all’avvenuto decorso dei termini per provvedere alla convalida, e dall’altro all’intervenuto annullamento del decreto di espulsione.

Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo.

PQM

accoglie il terzo motivo di ricorso, cassa senza rinvio il decreto impugnato. Condanna gli intimati al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di merito, che liquida in Euro 800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge, e delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

 

 

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