Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19492 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. I, 08/07/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 08/07/2021), n.19492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19204/2020 R.G. proposto da:

A.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Veglio, con

domicilio eletto in Roma, via Torino, n. 7, presso lo studio

dell’Avv. Laura Barberio;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, e QUESTORE DI TORINO;

– intimati –

avverso il decreto del Giudice di pace di Torino depositato il 30

ottobre 2019.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17 marzo 2021

dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 30 ottobre 2019, il Giudice di pace di Torino, su richiesta del Questore di Torino, ha prorogato di trenta giorni il trattenimento di A.A., cittadino del Marocco, presso il Centro di permanenza per i rimpatri (OMISSIS), disposto dal Questore di Milano con Decreto del 20 giugno 2019, convalidato dal Giudice di pace di Roma con Decreto del 24 giugno 2019 e già prorogato con decreti del 16 luglio, 1 agosto, 29 agosto, 30 agosto e 30 settembre 2019.

2. Avverso il predetto decreto l’ A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati anche con memoria. Il Ministero dell’interno e il Questore di Torino non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il quarto motivo d’impugnazione, il cui esame risulta logicamente e giuridicamente prioritario rispetto a quello degli altri tre motivi, il ricorrente denuncia la nullità del decreto impugnato, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, art. 125 c.p.c., comma 3 e dell’art. 111 Cost., rilevando che il provvedimento reso all’esito dell’udienza risulta privo di motivazione, aggiunta con provvedimento pubblicato successivamente.

1.1. Il motivo è infondato.

In quanto depositato nello stesso giorno in cui si è svolta l’udienza, il decreto, redatto dal Giudice di pace su un modulo prestampato ed allegato al medesimo verbale, deve considerarsi tutt’uno con lo stesso, e quindi idoneo a fornire il necessario supporto motivazionale al provvedimento adottato all’esito dell’udienza, il cui contenuto, limitato al solo dispositivo, deve ritenersi pertanto integrato dalle argomentazioni aggiunte al modulo che lo correda.

2. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5, sostenendo che la proroga è stata disposta in assenza dei presupposti richiesti dalla legge, avendo il Questore giustificato la relativa richiesta mediante il richiamo dell’istanza di identificazione inoltrata alla Sezione consolare dell’Ambasciata del Marocco, alla quale non era stata fornita alcuna risposta e non aveva fatto seguito alcuna attività.

3. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la nullità del decreto impugnato per violazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, art. 125 c.p.c., comma 3 e dello art. 111 Cost., lamentando l’omesso esame della questione, da lui sollevata, riguardante l’insussistenza di elementi tali da far apparire probabile il suo allontanamento, in considerazione del tempo trascorso, dell’inattività della Amministrazione e del silenzio delle Autorità del Marocco.

4. Con il terzo motivo, il ricorrente ribadisce la nullità del decreto impugnato, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, art. 125 c.p.c., comma 3 e dell’art. 111 Cost., rilevando che il provvedimento reca una motivazione puramente apparente, in quanto consistente nel mero richiamo delle ragioni addotte a sostegno della richiesta di proroga, non accompagnato da alcuna analisi del caso concreto e delle argomentazioni svolte dalla difesa di esso ricorrente.

5. I tre motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto questioni strettamente connesse, sono infondati.

Il decreto impugnato non ha affatto omesso di procedere alla verifica dei presupposti necessari per l’adozione del provvedimento di proroga del trattenimento, avendo richiamato, a fondamento dello stesso, le motivazioni addotte dalla Questura a sostegno della richiesta, ed avendo altresì rilevato che l’Amministrazione si è attivata per il perseguimento delle finalità previste dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, ed è in attesa di una risposta dell’autorità diplomatica del Paese di origine dell’ A..

Tale accertamento deve ritenersi di per sé sufficiente ai fini dell’esclusione del vizio di omessa pronuncia, per la cui configurabilità è necessario che manchi completamente il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, cioè che il giudice abbia omesso di statuire su alcuni capi della domanda, autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte, oppure abbia pronunciato soltanto nei confronti di alcune parti, non assumendo alcuna rilevanza, al riguardo, il mancato o insufficiente esame delle argomentazioni dalle stesse svolte, il quale integra un vizio di natura diversa, incidente sulla motivazione del provvedimento, che non esclude la sussistenza del momento decisorio (cfr. Cass., Sez. VI, 3/03/2020, n. 5730; Cass., Sez. I, 18/02/2005, n. 3388).

5.1. Quanto poi alla dedotta insussistenza dei presupposti necessari per la concessione della proroga, premesso che la situazione transitoria ostativa al rimpatrio o all’allontanamento può essere individuata anche per relationem, attraverso il richiamo del decreto alle ragioni addotte a sostegno della richiesta formulata dalla Questura, che quale atto propulsivo del procedimento giurisdizionale risulta agevolmente conoscibile dalla parte e dal suo difensore (cfr. Cass., Sez. lav., 29/12/2020, n. 29758; Cass., Sez. VI, 10/03/ 2017, n. 6322), si osserva che il provvedimento previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, secondo e quarto periodo, trova la sua giustificazione nelle gravi difficoltà che l’Amministrazione abbia eventualmente incontrato nello svolgimento delle attività preparatorie del rimpatrio o dell’allontanamento, cui è funzionale l’istituto del trattenimento, e risponde alla finalità di accordarle un ulteriore spazio di tempo per accertare l’identità e la nazionalità dell’espulso o per acquisire i documenti necessari per il rimpatrio, evitando che l’interessato possa approfittare delle predette difficoltà per sottrarsi all’esecuzione del decreto di espulsione. La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito l’esigenza che dalla motivazione del provvedimento emergano la specificità delle ragioni addotte a sostegno della relativa richiesta e la loro congruenza rispetto alla finalità di rendere possibile il rimpatrio: a sostegno di tale asserzione, si è rilevato che il trattenimento costituisce una misura di privazione della libertà personale legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge e secondo una modulazione temporale rigidamente predeterminata, osservandosi che, proprio in virtù del rango costituzionale e della natura inviolabile del diritto inciso, la cui conformazione e concreta limitazione è garantita dalla riserva assoluta di legge prevista dall’art. 13 Cost., l’autorità amministrativa deve considerarsi priva di qualsiasi potere discrezionale al riguardo, e precisandosi inoltre che negli stessi limiti deve ritenersi operante anche il controllo giurisdizionale (cfr. Cass., Sez. I, 28/02/2019, n. 6064; Cass., Sez. VI, 23/09/2015, n. 18748). L’ambito di tale controllo è stato poi chiarito dalla giurisprudenza comunitaria, che, nel fornire l’interpretazione dell’art. 15, par. 6 della direttiva 2008/115/CE, ha rilevato che tale disposizione consente la proroga del trattenimento soltanto quando, nonostante lo Stato membro interessato abbia compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa o della mancata cooperazione da parte dell’interessato, o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi, affermando che l’accertamento della mancata cooperazione postula la valutazione del comportamento tenuto dallo straniero nel periodo iniziale del trattenimento, al fine di stabilire se egli abbia o meno collaborato con le autorità competenti per l’attuazione dell’allontanamento, e se tale attuazione richieda più tempo del previsto proprio a causa del comportamento tenuto dall’interessato, ma precisando che preliminare a tale valutazione è la dimostrazione da parte dell’Amministrazione che l’operazione di allontanamento, nonostante ogni ragionevole sforzo, duri più a lungo del previsto, il che presuppone che essa abbia compiuto e continui a compiere attivamente sforzi per ottenere il rilascio dei documenti dello straniero (cfr. Corte di Giustizia UE, 5/06/2014, in causa C-146/14, Ali Mahdi). Alla luce di tale interpretazione, deve ritenersi che incomba all’Amministrazione, in qualità di parte istante, l’onere di giustificare la richiesta di proroga mediante l’allegazione degli sforzi compiuti per acquisire i documenti identificativi dello espulso e della mancata cooperazione di quest’ultimo, mentre spetta allo straniero, in qualità di parte resistente, dìmostrare che il ritardo nell’esecuzione del decreto di espulsione è imputabile esclusivamente all’Amministrazione, per essere la stessa rimasta inattiva o per avere egli prestato la necessaria collaborazione per l’attuazione del provvedimento. La relativa valutazione, come precisato dalla giurisprudenza comunitaria richiamata, dev’essere effettuata sulla base non solo degli elementi forniti dall’Amministrazione, ma anche delle osservazioni eventualmente formulate dall’interessato e degli ulteriori elementi che il giudice può ricercare, ove lo ritenga necessario, nei limiti consentiti dalla brevità del termine concesso per la decisione, e tenendo altresì conto della durata iniziale del trattenimento e di quella delle eventuali proroghe precedentemente concesse, nonché della collaborazione prestata dalle autorità diplomatiche e consolari del Paese di origine dell’interessato e dei problemi organizzativi determinati dal forte afflusso migratorio (cfr. Cass., Sez. VI, 13/07/2017, n. 17417).

A tali principi si è puntualmente attenuto il decreto impugnato, il quale, nell’accordare la proroga invocata dal Questore, ha richiamato la richiesta presentata da quest’ultimo, recante l’allegazione dell’avvenuto invio della richiesta di identificazione e del rilascio di un lasciapassare alla Sezione consolare dell’Ambasciata del Marocco e la dichiarazione di essere ancora in attesa di un riscontro. Tale apprezzamento, confortato dalla produzione in udienza di copie degli atti posti in essere dall’Amministrazione, ponendosi in contrasto con l’asserita inerzia di quest’ultima, consente di concludere per la legittimità della proroga accordata e per l’infondatezza delle censure proposte dal ricorrente, il quale d’altronde, come riferito dall’Amministrazione in udienza e da lui non contestato, non ha prestato alcuna collaborazione alla sua identificazione.

6. Il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione degl’intimati.

Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

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