Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19490 del 23/09/2011

Cassazione civile sez. II, 23/09/2011, (ud. 23/06/2011, dep. 23/09/2011), n.19490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BOTIA CANTONI DI CANTONI ARMIDA & ROSANNA SNC P.I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore C.R.

(OMISSIS), C.A.C. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MERULANA 234, presso lo studio

dell’avvocato BOLOGNA GIULIANO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DE FILIPPIS MAURIZIO;

– ricorrenti –

contro

IMM TROPIONE DI GALLI VALENTINO & C SAS (OMISSIS), in persona del

socio accomandatario G.V., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GERMANICO 12 SC. A-4, presso lo studio dell’avvocato DI

LORENZO FRANCO, rappresentato e difeso dall’avvocato CONFORTOLA

ERNESTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2154/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2011 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Luisa GOBBI, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Giuliano BOLOGNA difensore delle ricorrenti che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato DI LORENZO Franco, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato CONFORTOLA Ernesto, difensore del resistente che ha

chiesto di riportarsi agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Immobiliare Tropione di Galli Valentino & C. sas nel 1995 chiedeva la condanna della snc Botia Cantoni e delle signore A. e C.R. alla rimozione di manufatti e opere realizzati nel sottosuolo e nell’area di pertinenza di un fabbricato condominiale sito in (OMISSIS) (un magazzino con abbassamento dell’altezza utile del seminterrato, bocca di lupo, vano montacarichi, cisterna per gasolio e sbarra d’accesso).

Il tribunale di Sondrio il 13 maggio 2002 accoglieva la domanda.

L’appello proposto il 25 luglio 2002 dalle parti convenute veniva respinto dalla Corte di Milano il 17 settembre 2005. La Corte affermava tra l’altro che le innovazioni che comportavano inglobamento del sottosuolo nella proprietà individuale erano vietate e che parimenti non erano consentite modificazioni dell’area esterna a beneficio di esclusivo di uno dei comproprietari.

Confermava pertanto l’illegittimità delle opere eseguite dalle convenute.

Snc Botia Cantoni e A. e C.R. hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 14 dicembre 2005, affidandosi a cinque motivi.

Immobiliare Tropione ha resistito con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2) La Corte d’appello ha ritenuto che il complesso immobiliare era composto da due corpi di fabbrica collegati da vano scala comune e da area circostante; che l’unicità del complesso immobiliare si desumeva: a) dall’utilizzo strumentale del fabbricato rurale, sotto il quale erano state eseguite le opere C., a servizio di quello contiguo; dall’originaria unica proprietà; c) dall’assenza nei titoli di acquisto di limitazioni alla presunzione di comproprietà delle parti comuni.

Le opere denunciate dalla immobiliare Tropione sono state eseguite in uno dei due fabbricati per cui è causa, quello minore, destinato originariamente a usi rurali.

La Corte d’appello ha fondato il giudizio di appartenenza al condominio di questo secondo fabbricato sulla circostanza del collegamento materiale esistente tra i due corpi.

Ha valorizzato la presunzione di comproprietà delle parti comuni ex art. 1117 c.c. e ha escluso che la destinazione all’uso e al godimento comune fosse possibile, “trattandosi di entità condizionanti la esistenza stessa del fabbricato”.

2.1) Il primo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1117 c.c. e vizi di motivazione.

Parte ricorrente nega la condominialità del fabbricato rurale, del quale si afferma proprietaria esclusiva; deduce che i due fabbricati, prima dei lavori effettuati nel 1994, erano separati e che quindi la presunzione di cui all’art. 1117 c.c. avrebbe dovuto riguardare solo il fabbricato principale, in cui le parti sono proprietarie di unità immobiliari. Sviluppa diffusamente la critica alla motivazione, che ha affermato che un fabbricato separato fosse condizionante l’esistenza dell’altro e permanentemente destinato all’uso e al godimento comune.

Nei successivi motivi di ricorso, in particolare nel secondo e nel quinto, vengono approfonditi i profili relativi: a) all’onere probatorio che incombeva su parte attrice, poichè essa vantava il diritto di proprietà sul secondo fabbricato e avrebbe dovuto darne prova; b) alla illogicità della decisione anche alla luce del rigetto delle prove testimoniali dedotte in causa, miranti a negare i presupposti per l’applicazione della presunzione di cui all’art. 1117 c.c..

2.2) Il ricorso coglie nel segno.

Nucleo fondante della sentenza impugnata è la conformazione dell’immobile quale unico manufatto, da cui discenderebbe la strumentalità di quello minore, destinato a usi rurali, rispetto a quello ritenuto principale. Di qui l’applicazione della presunzione di cui all’art. 1117 c.c., a mente del quale “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo:

1) il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune;

2) i locali per la portineria e l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune;

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini”.

La sentenza ha però omesso di verificare se il presupposto da cui muoveva, cioè la unitaria conformazione del compendio, con il collegamento tra il fabbricato in muratura e quello rurale sussistesse al momento dell’acquisto della porzione di proprietà della società ricorrente.

Invero le vicende proprietarie del bene e le modifiche materiali da esso subite reagiscono sul regime normativo applicabile (cioè sull’applicabilità o meno dell’art 1117 c.c.), esattamente nel senso indicato da parte ricorrente.

Se infatti, al momento dell’acquisto, da parte della Immobiliare Tropione, della unità immobiliare sita nell’immobile in muratura, i due fabbricati fossero già stati collegati e unitariamente configurabili, nessun dubbio vi sarebbe sulla correttezza della qualificazione di condominialità di quello rurale quale parte dell’edificio, con le conseguenze che i giudici di merito ne hanno tratto.

Tale condizione era però oggetto di contestazione: consta dalle conclusioni assunte dalla odierna ricorrente in sede di appello, che la Immobiliare Tropione aveva chiesto dì dimostrare a mezzo testimoni che prima dei lavori del 1994 (data successiva all’acquisto di parte attrice) non vi era collegamento nè passaggio tra il corpo di fabbrica rurale e quello in muratura; che i due corpi di fabbrica erano divisi con accessi separati e autonomi; che il terreno a ovest del mappale 144 veniva utilizzato per stalla e fienile dai proprietari di questi ultimi e che, quando cessò di essere utilizzato come stalla e fienile, comunque detto fabbricato rurale fu usato in via esclusiva dalle signore C. e prima ancora dai loro danti causa.

Orbene, l’errore, rilevabile dalla sentenza, commesso dai giudici di merito nell’applicazione dell’art. 1117 c.c. consiste nell’aver ritenuto rilevante, ai fini dell’acquisizione dei diritti condominiali, la consistenza immobiliare all’atto della decisione e non quella esistente al momento della nascita del condominio o comunque allorquando parte attrice divenne proprietaria della sua unità immobiliare.

3.1) Ove a tale epoca la conformazione dell’immobile fosse stata quella descritta dalla odierna ricorrente, non si sarebbe potuta riconoscere de plano la appartenenza del secondo fabbricato al condominio.

Sarebbe infatti risultato difficilmente applicabile l’art. 1117 c.c., lett. A), non trattandosi di unico edificio; sarebbe stato necessario verificare se si trattasse di locali a quel momento adibiti a servizi comuni e dunque inclusi nella cessione delle parti comuni dell’edificio.

Giova poi ricordare che una volta rinvenuti i presupposti per l’astratta operatività dell’art. 1117 c.c. sarebbe comunque stato necessario, a petto dai rilievi svolti da parte C. in ordine all’uso esclusivo e alle vicende proprietarie del fabbricato, svolgere ulteriore indagine.

Per l’esclusione della presunzione di proprietà comune, di cui all’art. 1117 cod. civ., non è infatti necessario che il contrario risulti in modo espresso dal titolo, essendo sufficiente che da questo emergano elementi univoci che siano in contrasto con la reale esistenza di un diritto di comunione, dovendo la citata presunzione fondarsi sempre su elementi obiettivi che rivelino l’attitudine funzionale del bene al servizio o al godimento collettivo, con la conseguenza che, quando il bene, per le sue obiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all’uso o al godimento di una sola parte dell’immobile, la quale formi oggetto di un autonomo diritto di proprietà, ovvero risulti comunque essere stato a suo tempo destinato dall’originario proprietario dell’intero immobile ad un uso esclusivo, in guisa da rilevare – in base ad elementi obiettivamente rilevabili, secondo l’incensurabile apprezzamento dei giudici di merito – che si tratta di un bene avente una propria autonomia e indipendenza, non legato da una destinazione di servizio rispetto all’edificio condominiale, viene meno il presupposto per l’operatività della detta presunzione (cfr per riferimenti Cass. 8119/04; 24015/04).

Discende da quanto esposto l’accoglimento del ricorso, restando assorbiti i profili di doglianza non esaminati.

La sentenza va cassata e la cognizione rimessa ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, che in sede di rinvio liquiderà le spese di questo giudizio e si atterrà al seguente principio: Al fine di stabilire se un fabbricato minore adiacente ad altro stabile in muratura faccia parte dei beni condominiali ex art. 1117 c.c., è necessario stabilire se sussistessero i presupposti di cui a detta disposizione con riferimento al momento della nascita del condominio, eventualmente coincidente con quello in cui il condomino che ne invoca l’applicazione ha acquisito la proprietà di una porzione dello stabile, restando escluso che sia determinante il collegamento materiale tra i due immobili, se eseguito successivamente all’acquisto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 23 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2011

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