Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19490 del 23/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19490 Anno 2013
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

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Rep 32-5 o

SENTENZA

sul ricorso 26577-2007 proposto da:

MEGA ANNA MGENNA37R54A185T, domiciliata ex lege in Ud. 30/05/2013
ROMA,

presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE

DIp u

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
MARZO RICCARDO con studio in LECCE, VIA DEI SALESIANI
45 giusta delega in atti;
– ricorrente contro

INTESA SAN PAOLO S.P.A. società incorporante il
SANPAOLO IMI S.P.A. e che a propria volta aveva
incorporato il BANCO DI NAPOLI S.P.A. nella quale è

1

Data pubblicazione: 23/08/2013

subentrata INTESA SANPOAOLO S.P.A., in persona del
legale rappresentante pro tempore e per esso
dell’avvocato ROBERTO RUSCIANO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 15,
presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO DE LORENZI
(STUDIO TINELLI & ASSOCIATI), rappresentata e difesa
dall’avvocato VALENTE SILVIO giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 503/2007 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 19/07/2007, R.G.N. 25/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

30/05/2013

dal

Consigliere

Dott.

GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato GIORGIO COSTANTINO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
l’accoglimento del 2 ° motivo di ricorso, assorbiti
gli altri motivi;

2

..

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l.-

Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 19 luglio

2007, la Corte d’Appello di Lecce, pronunziando quale giudice di
rinvio designato dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 20
ottobre1998,

in grado d’appello avverso la sentenza del

operata da Anna Nega, con atto di citazione notificato il 10
gennaio 2000, nei confronti del San Paolo IMI SpA, in persona
del legale rappresentante pro-tempore, ha dichiarato estinto il
giudizio per tardiva riassunzione della causa; ha condannato
Anna Nega al pagamento delle spese del giudizio di cassazione e
del giudizio estinto, in favore della detta controparte.
2.-

Avverso la sentenza Anna Nega propone ricorso affidato a

sette motivi.
Intesa San Paolo S.p.A., società incorporante il Sanpaolo IMI
SpA, che a propria volta aveva incorporato il Banco di Napoli
SpA, resiste con controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l.- Col primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa

applicazione degli artt. 276, 158 e 175 cod. proc. civ., in
relazione all’art. 25 Cost., nonché nullità della sentenza per
invalida costituzione del giudice e del procedimento nella fase
successiva alla designazione della sezione promiscua, in luogo
della già designata seconda sezione (art. 360 n. 3 e n. 4 cod.
proc. civ.).
•••

3

Tribunale di Lecce n. 1762/1994, a seguito di riassunzione

La ricorrente sostiene la nullità della sentenza e del
procedimento per essersi questo svolto, nella sua ultima parte,
dinanzi a sezione diversa (sezione promiscua della Corte
d’Appello di Lecce) da quella originariamente designata (sezione
seconda della stessa Corte), a seguito del rinvio disposto dalla

era stato tenuto fino all’udienza del 22 aprile 2004; espone
che, dopo questa udienza, la causa era stata assegnata alla
seconda sezione, che, disposta l’integrazione del
contraddittorio ed, all’esito dell’udienza di precisazione delle
conclusioni, l’aveva assunta in decisione e definita con la
sentenza impugnata.
1.1.- Il motivo è infondato e va rigettato.
Va ribadito, in primo luogo, il principio di diritto per il
quale i collegi delle Corti di Appello, essendo precostituiti ai
sensi dell’art. 7-bis dell’ordinamento giudiziario, e dovendo
procedere alla trattazione della causa in composizione
collegiale anche in fase istruttoria, sono soggetti al principio
dell’immutabilità del collegio, il quale, però, in quanto inteso
unicamente ad assicurare che i giudici che pronunciano la
sentenza siano gli stessi che hanno assistito alla discussione
della causa, trova applicazione dall’apertura della discussione
fino alla deliberazione della decisione, con la conseguenza che
non è configurabile alcuna nullità nel caso di mutamento della

composizione del collegio nel corso dell’istruttoria (Cass. n.
11295/09, impropriamente citata nella memoria della ricorrente,

.0

4

Corte di Cassazione, dinanzi alla quale il giudizio di rinvio

a sostegno del motivo di ricorso; nonché Cass. n. 18268/09, n.
14781/10).
Pertanto, in grado d’appello si ha nullità della sentenza
soltanto qualora il collegio che delibera la decisione non sia
composto dagli stessi giudici dinanzi ai quali è stata compiuta

conclusioni). Nel caso di specie, non è contestato che dinanzi
alla sezione promiscua della Corte d’Appello, che ha deciso il
gravame, siano state precisate le conclusioni riportate
nell’epigrafe della sentenza.
1.2.

Quanto alla pretesa violazione tabellare, concernente cioè

i criteri di assegnazione e riparto degli affari tra le diverse
sezioni della stessa Corte d’Appello, è sufficiente, a
prescindere dai rilievi in fatto esposti nel controricorso,
richiamare l’altro principio di diritto, che qui si ribadisce,
per il quale la ripartizione delle funzioni tra le sezioni
(comprese quelle specializzate) del medesimo ufficio non implica
l’insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto
alla distribuzione degli affari giurisdizionali all’interno

l’ultima attività processuale (discussione o precisazione

dello stesso ufficio, e la violazione dei criteri tabellari che
regolano siffatta distribuzione non comporta nullità della
sentenza (cfr. Cass. n. 24656/11).
Il primo motivo di ricorso va perciò rigettato.
2.

Col secondo motivo si denuncia violazione e falsai

applicazione degli artt. 2505 bis, 2505 e 2501 cod. civ., nonché
dell’art. 300 cod. proc. civ.; violazione degli artt. 156 e 159

5

.,

cod. proc. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché nullità
della sentenza per omessa pronuncia in punto di irrituale
interruzione del processo; ed ancora vizio di motivazione (art.
360 nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ.), al fine di sostenere che la
Corte d’Appello avrebbe errato nel dichiarare l’interruzione del

giudizio a seguito della dichiarazione della fusione per
incorporazione resa dal procuratore del Banco di Napoli SpA
all’udienza del 12 giugno 2003.
Secondo la ricorrente, a seguito della riforma delle norme sopra
citate attuata col decreto legislativo n. 6 del 2003, la fusione
tra le società non determina, nelle ipotesi di fusione per
incorporazione, l’estinzione della società incorporata né crea
un nuovo soggetto di diritto. La conseguenza sarebbe che il
processo non avrebbe dovuto essere dichiarato interrotto,
poiché, malgrado sia l’atto di fusione (per notaio Morone del 18
dicembre

2002)

che

la

dichiarazione

di

fusione

per

incorporazione (resa all’udienza del 12 giugno 2003) fossero
precedenti l’entrata in vigore della riforma societaria del 1 0
gennaio 2004, si dovrebbero applicare le norme di nuova
introduzione, non essendo la controversia ancora definita a tale
ultima data. Pertanto, essendo erronea la dichiarazione di
interruzione, non rileverebbero le vicende successive, compresa
quella -di cui si dirà trattando dei successivi motivi di
ricorso- inerente 1′ (assenta) tardività della riassunzione, ed
il processo si dovrebbe ritenere validamente proseguito sia nei
confronti del Banco di Napoli SpA, incorporata nel San Paolo IMI

6

)

SpA, che nei confronti San Paolo Banco di Napoli s.p.a.,
cessionaria del ramo d’azienda del primo (in forza di atto di
cessione per notaio Mazzocca del 30 giugno 2003), succeduta
quindi a titolo particolare nella presente lite.
2.1.- Il motivo è infondato.

recenti sentenze delle Sezioni Unite riguardanti i diversi
effetti della fusione per incorporazione delle società di
capitali, ai sensi dell’art. 2504 bis cod. civ., a seconda che
l’operazione straordinaria si sia compiuta prima o dopo
l’entrata in vigore della riforma di cui al decreto legislativo
n. 6 del 2003.
Vengono in rilievo le sentenze nn. 19509/10 e 19698/10, con le
quali si è affermata la portata innovativa dell’art. 2504 bis
cod. civ., così come riformato col decreto legislativo n. 6 del
2003, sancendo il principio di diritto in ragione del quale la
fusione per incorporazione, che si sia verificata prima
dell’entrata in vigore del novellato art. 2504 bis cod. civ.,
determina l’estinzione della società incorporata, non avendo la
nuova disciplina normativa della fusione, introdotta del d.lgs.
n. 6 del 2003, carattere interpretativo ed efficacia
retroattiva, ma esclusivamente innovativo, con la conseguenza
che il principio, da esso desumibile, per cui la fusione tra
società si risolve in una vicenda meramente evolutivomodificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la
propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, non

7

La questione di fondo che esso pone è stata affrontata da due

vale per le fusioni (per unione od incorporazione) anteriori
all’entrata in vigore della nuova disciplina (l gennaio 2004).
E’ vero, peraltro, che, con la seconda delle citate pronunce, si
è affermato altresì -affrontando però una questione non oggetto
del contrasto che le Sezioni Unite erano chiamate a risolvere-

un fenomeno successorio, si diversificano dalla successione
mortis causa

perché la modificazione dell’organizzazione

societaria dipende esclusivamente dalla volontà delle società
partecipanti, con la conseguenza che quella che viene meno non è
pregiudicata dalla continuazione di un processo del quale era
perfettamente a conoscenza, così come nessun pregiudizio subisce
la incorporante (o risultante dalla fusione), che può
intervenire nel processo ed impugnare la decisione sfavorevole,
e ad esse, di conseguenza non si applica la disciplina
dell’interruzione di cui agli artt. 299 e seguenti del codice di
procedura civile. Tuttavia, si tratta di affermazione che
concerne, in particolare, l’ipotesi in cui l’evento modificatore
della capacità della persona giuridica non sia stato dichiarato
o notificato in corso di causa, sì da essere rimasto ignoto alla
controparte processuale, il cui affidamento merita perciò
maggiore tutela rispetto a quella da riservarsi alle società
partecipanti alla fusione, atteso che la modificazione
dell’organizzazione societaria dipende esclusivamente dalla loro
volontà (cfr. Cass. n. 4740/11, in motivazione).

8

che le fusioni anteriori al 1 0 gennaio 2004, pur dando luogo ad

2.2.

Il principio non è applicabile alla situazione processuale

determinatasi nel giudizio svolto dinnanzi alla Corte d’Appello
di Lecce, al fine di trarne le conseguenze pretese col secondo
motivo.
Ed, invero, le due citate sentenze a Sezioni Unite hanno

indirizzo di legittimità, in ragione del quale, nel vigore
dell’art. 2504 bis cod. civ., nel testo precedente le modifiche
apportate dal decreto legislativo n. 6 del 2003, la fusione per
incorporazione determinava l’estinzione automatica della società
incorporata (cfr. Cass. n. 21780, 24410, 25618 del 2008, tra le
più recenti, citate anche nella sentenza a S.U. n. 19698/10).
Ed, allora,

se l’evento estintivo è stato fatto constare in

giudizio nei modi di legge, specificamente, come accaduto nel
caso concreto, con la dichiarazione dell’intervenuta estinzione
a seguito di fusione (per incorporazione) della società presente
in giudizio resa dal suo procuratore ai sensi dell’art. 300,
comma primo, cod. proc. civ., il processo è validamente
interrotto, pur dovendosi escludere che, come meglio si dirà
trattando dei motivi che seguono, debbano necessariamente
trovare applicazione anche tutte le norme dettate per
l’interruzione del processo

Pertanto,

essendo

(cfr. Cass. n. 28989/08).

intervenuto

l’atto

di

fusione

per

incorporazione del Banco di Napoli SpA nel San Paolo IMI SpA in
data 18 dicembre 2002, esso ha prodotto tutti i suoi effetti
prima dell’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 2504 bis

9

dichiaratamente inteso dare continuità al maggioritario

cod. civ. In particolare, la fusione per incorporazione ha
operato come evento interruttivo del giudizio nel quale era
parte la società incorporata, venuta meno a seguito della
fusione per incorporazione. A seguito della dichiarazione
dell’evento interruttivo, ex art. 300 cod. proc. civ.,

stessa udienza del 12 giugno 2003.
Il secondo motivo di ricorso va perciò rigettato.
3.

Col terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione e

falsa applicazione degli artt. 303 e 305 cod. proc. civ. ed il
vizio di motivazione, relativamente alla dichiarata tardiva
riassunzione.
La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui
ha dichiarato estinto il giudizio per tardiva riassunzione nei
confronti del San Paolo IMI SpA successore a titolo universale
del Banco di Napoli SpA senza considerare che:
– il ricorso per riassunzione, a seguito dell’interruzione
dichiarata con ordinanza resa all’udienza del 12 giugno 2003,
era stato depositato in data 15 settembre 2003, cioè prima del
termine di sei mesi previsto dall’art. 305 cod. proc. civ.;
– è pacifico nella giurisprudenza di legittimità e di merito
che, in tema di riassunzione del processo, una volta eseguito
tempestivamente il deposito del ricorso in cancelleria, il
termine di sei mesi non svolge più alcun ruolo, atteso che la
fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un
ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino

lo

validamente è stata dichiarata l’interruzione del giudizio alla

del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte,
pur presupponendo che il precedente termine sia stato
rispettato, ormai ne prescinde, con la conseguenza che il vizio
da cui sia colpita la notifica dell’atto di riassunzione e del
decreto di fissazione dell’udienza non si comunica alla

rilevi la nullità, di ordinare la rinnovazione della notifica
medesima, in applicazione analogica dell’art. 291 cod. proc.
civ., entro un termine necessariamente perentorio, solo il
mancato rispetto del quale determinerà l’eventuale estinzione
del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291,
ultimo comma, e del successivo art. 307, terzo comma;
– nel caso di specie, dopo la tempestiva riassunzione del
processo, avvenuta col deposito del ricorso in data 15 settembre
2003, il ricorso ed il decreto erano stati tempestivamente
notificati al San Paolo Banco di Napoli s.p.a., cessionaria (in
forza di atto di cessione per notaio Mazzocca del 30 giugno
2003, successivo a quello di fusione) del ramo d’azienda
inerente i rapporti attivi e passivi del Banco di Napoli SpA,
fuso per incorporazione (con atto per notaio Morone del 18
dicembre 2002) nel San Paolo IMI SpA;
– con successiva ordinanza del 3 luglio 2006 la Corte d’Appello
aveva disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti
di quest’ultimo, successore universale del Banco di Napoli SpA
ed aveva assegnato termine per tale incombenza fino al 30
settembre 2006;

11

riassunzione (oramai perfezionatasi), ma impone al giudice, che

- l’atto era stato notificato dal difensore di Anna Mega entro
tale ultimo termine, precisamente in data 28-31 agosto 2006.
Attesi i dati di fatto ed il principio di diritto appena
esposti, la ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto la
tardiva riassunzione, malgrado questa fosse avvenuta

dalle vicende di cui sopra.
3.1.- Col quinto motivo si censura la stessa affermazione della

sentenza già fatta oggetto di critica col terzo motivo, avuto
riguardo alle medesime circostanze sopra esposte, per la
violazione e falsa applicazione degli artt. 156, 303 e 305 cod.
proc. civ., nonché per il vizio di motivazione relativamente
all’avvenuta riassunzione nei confronti del San Paolo IMI SpA,
ma sottolineando, in particolare, che l’atto di citazione per
integrazione del contraddittorio era stato notificato a
quest’ultimo entro il termine all’uopo assegnato dalla Corte
d’Appello e che comunque aveva raggiunto lo scopo, atteso che il
destinatario della notificazione si era costituito in giudizio,
pur se al solo fine di eccepire, senza fondamento, la tardiva
riassunzione e l’avvenuta estinzione del processo.
3.2.-

Col quarto motivo si censura -per violazione degli artt.

110, 111, 303 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2504 bis
e 2505 bis cod. civ.; per violazione degli artt. 2247 e 2284
cod. civ.; per vizio di motivazione sull’identificazione del
successore universale del Banco di Napoli SpA e sulla carenza di
legittimazione processuale del San Paolo Banco di Napoli s.p.a.-

12

tempestivamente col deposito del ricorso in riassunzione seguito

la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che
quest’ultima società, cessionaria del ramo d’azienda del Banco
di Napoli SpA, quindi successore a titolo particolare nella lite
pendente, non fosse legittimata passivamente alla riassunzione
del giudizio estinto perché questa avrebbe dovuto essere

universale San Paolo IMI SpA.
La ricorrente sostiene che correttamente il processo sarebbe
stato riassunto nei confronti del successore a titolo
particolare, in quanto titolare del rapporto sostanziale e
processuale dedotto in causa. Aggiunge che, comunque, è stata
disposta ed effettuata l’integrazione dei contraddittorio nei
confronti del successore universale, da reputarsi litisconsorte
necessario.
4.

I motivi terzo e quinto, che pongono la medesima questione

di diritto, secondo due complementari profili, vanno trattati
insieme e vanno accolti, così come il quarto motivo (che pone
una questione connessa), quest’ultimo nei limiti di cui
appresso.
La Corte d’Appello di Lecce ha ritenuto che, a seguito della
fusione per incorporazione del Banco di Napoli SpA in San Paolo
IMI SpA, a seguito di atto per notaio Morone del 18 dicembre
2002, parte necessaria del giudizio, dopo l’interruzione, fosse
quest’ultima società, successore a titolo universale della
società incorporata; di conseguenza, l’appellante avrebbe dovuto
riassumere il giudizio, nel termine fissato con provvedimento

13

tempestivamente effettuata nei confronti del successore

del 15 settembre 2003 (a seguito del ricorso per riassunzione
depositato dalla Nega il 29 agosto 2003), nei confronti di San
Paolo IMI SpA, senza che la riassunzione effettuata nei
confronti del San Paolo Banco di Napoli s.p.a., successore a
titolo particolare nel diritto controverso in ragione della

notaio Mazzocca del 30 giugno 2003), potesse giovarle. Pertanto,
ha ritenuto che, decorso il termine semestrale per la
riassunzione, si fosse verificata l’estinzione del giudizio ai
sensi dell’art. 305 cod. proc. civ., e che l’ordinanza del 3
luglio 2006 che aveva disposto l’integrazione del
contraddittorio nei confronti di San Paolo IMI SpA fosse
irrituale, essendo intervenuta quando oramai il giudizio si era
estinto; ha perciò concluso che erano irrilevanti il rispetto,
da parte della Nega, del termine del 30 settembre 2006,
assegnato con tale ultima ordinanza, e la successiva
costituzione in giudizio del San Paolo IMI SpA.
4.1.- Incontestati essendo i dati di fatto valutati dalla Corte,
ed essendo in particolare pacifico in causa che la cessione
d’azienda operata da quest’ultimo in favore del San Paolo Banco
di Napoli s.p.a. abbia determinato una successione a titolo
particolare, posteriore alla successione a titolo universale
conseguente alla fusione per incorporazione, il Collegio ritiene
che, sia pur a seguito dell’instaurazione del contraddittorio
nei confronti del successore a titolo particolare, e della sua
successiva integrazione nei confronti del successore a titolo

14

cessione di azienda operata dal San Paolo IMI SpA (con atto per

universale,

sia intervenuto valido atto di riassunzione nei

confronti del San Paolo IMI SpA.
Il caso è del tutto analogo a quello esaminato da Cass. n.
17679/09, che ha affermato il principio, che qui si intende
ribadire, secondo cui

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