Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1949 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 28/01/2021), n.1949

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3876-2019 proposto da:

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI VITERBO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEGLI SCIPIONI, 265, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO

SARACENO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.GRAMSCI 34, presso

lo studio dell’avvocato LUCIO FRANCARIO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto n. 56308/2015 R.G.A.C. del TRIBUNALE di ROMA,

depositato il 21/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. SCOTTI

UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, rilevato che:

con ricorso del 2/9/2015 la Azienda Unità Sanitaria Locale Viterbo ha proposto opposizione avverso lo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. lamentando la mancata ammissione di un proprio credito, a cui si era opposta la Curatela;

con decreto del 21/12/2018 il Tribunale di Roma ha dichiarato estinto il procedimento a spese compensate, non essendo comparso nessuno nè all’udienza del 16/4/2018, nè a quella dell’11/6/2018 a cui il procedimento era stato rinviato, respingendo la richiesta di rimessione in termini proposta in data 19/6/2018 dal difensore, che aveva prospettato a tal fine l’impossibilità di recarsi personalmente in udienza, in quanto colpito da sindrome influenzale con stato di febbre alta e conati di vomito, e di reperire un avvocato per sostituirlo in udienza;

avverso il predetto decreto, comunicato il 21/12/2019, con atto notificato il 21/1/2019 ha proposto ricorso per cassazione la ASL Viterbo, svolgendo unico motivo, al quale ha resistito con controricorso notificato il 27/2/2019 il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. chiedendone l’inammissibilità o il rigetto e proponendo a sua volta ricorso incidentale;

è stata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. la trattazione in camera di consiglio non partecipata;

il ricorrente ha illustrato con memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, le proprie difese;

ritenuto che:

con il motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 153 c.p.c., comma 2, e agli artt. 181,294 e 309 c.p.c., e lamenta l’irragionevolezza e l’abnormità del provvedimento di estinzione;

a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, secondo il quale il certificato medico agli atti si limitava ad attestare la necessità di tre giorni di riposo e cura e non comprovava l’insorgenza di una patologia assolutamente impediente, il certificato riferiva di uno stato febbrile oltre i 39 gradi e, se esaminato, avrebbe dovuto indurre il Tribunale, alla stregua di nozioni di comune esperienza, a ritenere la sussistenza dell’impedimento assoluto; secondo il ricorrente la decisione era illogica anche secondo il profilo dell’onere della prova imposto al difensore perchè il Tribunale, pur ritenendo l’insussistenza dei presupposti dell’impedimento assoluto alla presenza in udienza per la patologia descritta, aveva valutato il difetto di prova del tentativo di sostituzione per la partecipazione all’udienza, irrilevante agli effetti della fattispecie dell’art. 153 c.p.c.;

il Tribunale ha motivato il rigetto dell’istanza di rimessione in termini sia perchè il certificato medico prodotto non attestava una patologia assolutamente impediente della presenza in udienza del difensore, sia perchè l’assunto del tentativo infruttuoso di reperire un sostituto era rimasto “mera affermazione di parte, del tutto sfornita di prova”;

il ricorrente censura in modo puntuale e specifico solo la prima delle due rationes decidendi che sorreggono il provvedimento (relativamente al contenuto del certificato medico prodotto che non avrebbe attestato, secondo il Tribunale la sussistenza di una patologia assolutamente impediente), ma non la seconda (mancata prova ed offerta di prova dell’esperimento di infruttuosi tentativi di ottenere la sostituzione per la partecipazione all’udienza);

questa infatti è stata censurata in modo generico e non pertinente;

infatti, a quest’ultimo proposito, la ricorrente ha prospettato solo la disomogeneità del presupposto, considerato dal Tribunale, rispetto all’altra ratio e contraddittoriamente ha ammesso la sussistenza di fatti rilevanti nel senso indicato dal Tribunale, deducibili ma non dedotti a prova (laddove accenna agli infruttuosi contatti con tre avvocati: pag.8, secondo capoverso, del ricorso);

in ogni caso, ai sensi dell’art. 153 c.p.c. la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini ed evidentemente la mancata comparizione all’udienza del difensore della ASL, secondo gli assunti della ricorrente, è stata provocata sia dalla grave patologia insorta, sia dall’impossibilità di reperire tempestivamente un sostituto, come consentito dalla legge professionale forense;

è pur vero, come sostiene la ricorrente con la sua memoria difensiva del 30/10/2020, ch’essa aveva diretto le sue censure anche contro il secondo pilastro della decisione del Tribunale;

essa però l’ha fatto (ricorso, pag.7) rimproverando al Tribunale di aver adottato una motivazione illogica, laddove aveva ritenuto la mancanza di un impedimento assoluto alla presenza in udienza in relazione alla patologia descritta, per poi attribuire rilievo al difetto di prova del tentativo di reperire un sostituto, valutazione che “sarebbe stata legittima ove il Collegio avesse ritenuto impediente la patologia sofferta”, mentre nella specie “l’analisi circa la sostituzione presuppone la valutazione negativa sull’impedimento della patologia certificata”;

l’incompatibilità logica prospettata evidentemente non sussiste in presenza di una doppia motivazione gradata e concessivamente subordinata, basata: a) sull’assenza di una patologia assolutamente impediente e b) sulla mancanza di prova della richiesta di sostituzione, quand’anche la patologia fosse stata impediente;

in memoria la ricorrente afferma di non aver mai ammesso neppure implicitamente di poter astrattamente dedurre elementi di prova in ordine al tentativo di sostituzione e anzi di aver contestato che ciò potesse essere richiesto e materialmente ottenuto, non potendosi esigere che il difensore afflitto da febbre alta potesse provvedere alla “precostituzione, in tale precisa circostanza, della prova dei tali contatti telefonici”;

l’argomento non è pertinente, visto che il Tribunale non ha mai preteso la “precostituzione” della prova dei contatti nel momento del loro svolgimento, ma solo la loro prova, che ben poteva essere offerta ex post con dichiarazioni scritte rilasciate dagli avvocati contattati o con l’offerta di prova testimoniale sul punto;

il motivo proposto con il ricorso non investe invece efficacemente il tema della impossibilità di ottenere la sostituzione con altro difensore, come previsto e ampiamente consentito, anche con delega meramente verbale, dalla L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 14, implicitamente ritenuta necessaria dal Tribunale per potersi ravvisare la non imputabilità della decadenza incorsa,

nè, tantomeno, dalla ricorrente sono state allegate ragioni che non consentissero nel caso concreto la sostituzione con altro avvocato abilitato (la cui sussistenza è stata anzi implicitamente esclusa dall’affermato tentativo di sostituzione);

secondo la giurisprudenza di questa Corte, quando il dispositivo di una sentenza è sorretto da più ragioni concorrenti, ma tutte egualmente idonee a giustificare anche da sole la decisione, è inammissibile per difetto di interesse il ricorso per cassazione che non investa tutte le ragioni della sentenza impugnata, in quanto l’eventuale accoglimento del gravame sarebbe privo di ogni effetto pratico, dal momento che la sentenza stessa dovrebbe comunque restare ferma, non essendo state impugnate anche le altre ragioni sulle quali la medesima si fonda (Sez. U, n. 7931 del 29/03/2013; Rv. 625631 – 01; Sez. 5, n. 11493 del 11/05/2018, Rv. 648023 – 01; Sez. 1, n. 18641 del 27/07/2017, Rv. 645076 – 01; Sez. 3, n. 15350 del 21/06/2017, Rv. 644814 – 01; Sez. L, n. 4293 dei 04/03/2016, Rv. 639158 – 01; Sez. 1, n. 21431 del 12/10/2007, Rv. 600081 – 01; Sez. 3, n. 389 del 11/01/2007, Rv. 595599 -01; Sez. 3, n. 2770 del 28/03/1997, Rv. 503355 – 01);

è stato inoltre chiarito che nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, in toto o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato. (Sez. U, n. 16602 del 08/08/2005, Rv. 582945 – 01);

si ribadisce pertanto che qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa. (Sez. 5, n. 11493 del 11/05/2018, Rv. 648023 – 01; Sez. 3, n. 15350 del 21/06/2017, Rv. 644814 – 01; Sez. 3, n. 2108 del 14/02/2012, Rv. 621882 – 01; Sez. 3, n. 12372 del 24/05/2006, Rv. 590852 – 01; Sez. 1, n. 20454 del 21/10/2005, Rv. 583905 – 01);

con il motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 92 c.p.c. e omessa motivazione della pronuncia;

il ricorrente incidentale lamenta la mancanza assoluta di motivazione della decisione di compensazione delle spese giustificata in modo del tutto generico con le “ragioni della decisione”;

il motivo è infondato;

il Fallimento controricorrente riferisce la propria censura alla compensazione delle spese dell’intero procedimento di opposizione allo stato passivo, con le proprie inequivocabili argomentazioni relative alla asserita infondatezza nel merito della pretesa dalla ASL e alle spese inutilmente provocate alla massa dei creditori;

così argomentando, il controricorrente dimentica però di considerare che l’estinzione del procedimento è stata determinata dalla duplice mancata comparizione bilaterale delle parti alle udienze fissate dal Tribunale e quindi anche dalla propria deliberata decisione di non partecipare all’udienza dell’11/6/2018, dopo la mancata comparizione di entrambe le parti alla precedente udienza del 16/4/2018 (controricorso, pag. 5, terzo capoverso, secondo periodo);

in questa prospettiva e in questo contesto, la motivazione basata sul rinvio alle “ragioni della decisione”, pur di mero rito e volte a constatare l’inattività delle parti (e non “della parte”, come annota il controricorrente), che è normalmente considerata dalla giurisprudenza talmente generica da risolversi in mera clausola di stile e in apparenza motivazionale, risulta invece più che sufficiente a giustificare il decisum;

nè rileva che fosse insorta controversia tra le parti circa la sussistenza di un legittimo impedimento a comparire del difensore della ricorrente, dal momento che la censura proposta attiene alla decisione di compensazione delle spese dell’intero procedimento e argomenta solo in quella prospettiva, manifestamente infondata;

ritenuto pertanto che entrambi i ricorsi, principale e incidentale, debbano venir rigettati, con la conseguente compensazione delle spese per reciproca soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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