Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19488 del 04/08/2017


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Cassazione civile, sez. III, 04/08/2017, (ud. 08/03/2017, dep.04/08/2017),  n. 19488

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10929-2015 proposto da:

N.S., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRC.NE

GIANICOLENSE 233, presso lo studio dell’avvocato FILOMENA CERRONI,

che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA DEL COMUNE

DI ROMA, in persona del Direttore Generale pro tempore, Arch.

R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAULUCCI DE CALBOLI

20-E, presso lo studio dell’avvocato EDMONDA ROLLI, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6902/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/03/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

N.S. convenne dinanzi il Tribunale di Roma l’Ater di Roma per sentir accertare, previo riconoscimento della propria qualifica di assegnatario dell’immobile sito in via (OMISSIS), in quanto succeduto alla nonna L.V., l’annullamento del provvedimento di rilascio emesso dallo stesso Ater.

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 2012, respinse la domanda. La Corte d’Appello di Roma, adita dal N., con sentenza dell’11/11/2014, ha ritenuto che fosse stata fatta corretta applicazione della L.R. n. 12 del 1999, art. 12, comma 4 operando la successione nell’assegnazione solo in favore dei soggetti ivi menzionati (coniuge, convivente risalente ad almeno due anni precedenti, prole nata, adottata o affidata durante l’assegnazione, figli originariamente presenti nel nucleo familiare e rientrati a seguito di separazione omologata); che dette norme prevalgono su quelle generali previste in tema di successione nel rapporto locatizio; che nessuna formale comunicazione era stata effettuata, da parte dell’assegnataria, all’ente in merito all’ampliamento del nucleo familiare; che l’Ater non aveva dato avvio al procedimento di riconoscimento e che, peraltro, la stessa Ligorio non vantava la veste di assegnataria legittima dell’alloggio, essendo il coniuge N.A., originario titolare, deceduto in data successiva alla decadenza, intervenuta a seguito del collocamento a riposo quale militare; che il richiedente godeva di un reddito superiore per poter aspirare all’assegnazione. Tutto ciò premesso, il Giudice d’Appello ha confermato il rigetto della domanda di rilascio.

Avverso la sentenza il N. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste l’Ater con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia “la violazione o falsa applicazione della L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 12. Inquadramento categorie di successibili, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Assume che, erroneamente, i giudici di merito lo avrebbero escluso dalle categorie dei successibili senza considerare quanto previsto dalla L.R. n. 12 del 1999, art. 11, comma 5.

Questa norma prevede che per “nucleo familiare” si intenda la famiglia costituita da una persona sola o dai coniugi, da figli legittimi, naturali, etc. con loro conviventi, convivente more uxorio, ascendenti e discendenti e collaterali fino al terzo grado, purchè la stabile convivenza sia durata ininterrottamente da almeno due anni, alla data di pubblicazione del bando di concorso, e sia dimostrata nelle forme di legge. In base a questa disposizione, il N. lamenta che la Corte d’Appello non avrebbe valorizzato la sua convivenza con la nonna, originaria assegnataria dell’immobile, per un periodo di nove anni precedenti la pubblicazione del bando.

Il motivo è inammissibile in quanto il ricorrente formula una censura che non ha attinenza alcuna nè con la prima nè con la seconda ratio decidendi. Ed infatti la Corte di merito ha innanzitutto evidenziato che L.V., vedova di N.A., non aveva titolo all’alloggio, essendo questi deceduto dopo essere già decaduto dal diritto, con il collocamento a riposo. In secondo luogo la Corte di merito ha respinto la domanda per mancanza, nel ricorrente, dei requisiti di reddito per l’assegnazione e neppure questa autonoma ratio decidendi è stata impugnata.

Ne consegue l’inammissibilità del motivo ai sensi dell’art. 366 c.p.c., per mancanza di correlazione con le ragioni che sorreggono la sentenza impugnata.

Con il secondo motivo denuncia l’omesso, insufficiente e contraddittorio esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – insufficiente e contraddittoria motivazione sulla prescrizione per mancata notifica del provvedimento di decadenza all’originario assegnatario N.A. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Denuncia l’impugnata sentenza nella parte in cui avrebbe omesso di valutare l’intervenuta prescrizione del diritto dell’Ater di comunicare la decadenza dal beneficio all’originario assegnatario N.A..

L’Ater non avrebbe provato, nel corso dei gradi di merito, l’avvenuta notifica, all’originario assegnatario, del provvedimento di decadenza e, essendo incorsa nella prescrizione del proprio diritto, non avrebbe avuto titolo ad interferire con il diritto soggettivo del nipote N.S., attuale ricorrente, a sentir dichiarare il diritto alla propria successione nell’alloggio.

Il motivo che introduce un (Ndr: testo originale non comprensibile), per carenza di interesse in quanto precluso dall’inammissibilità del motivo che precede e dal conseguente giudicato formatosi sulla sentenza impugnata.

Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con ogni conseguenza in ordine alle spese del giudizio di Cassazione, e al raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.500 (di cui Euro 200 di esborsi), oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017

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