Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19487 del 23/07/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 19487 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: SCALISI ANTONINO

ORDINANZA

sul ricorso 15916-2014 proposto da:
ISTITUTO DI DIAGNOSI E TERAPIA SRL, rappresentato e
difeso dall’avvocato BERNARDINO PASANISI;
– ricorrente contro

CCIAA TARANTO;
– intimato –

avverso la sentenza n.
2018
462

-tOr/2014 del TRIBUNALE di

TARANTO, depositata il 17/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 02/02/2018 dal Consigliere ANTONINO
SCALISI.

Data pubblicazione: 23/07/2018

RG. 15916 del 2014 Istituto di Diagnosi e Terapia Taranto – C.C.I.A. Taranto
Fatti di causa
La società Istituto di Diagnosi e Terapia, con sede in Taranto con
ricorso del 16 giugno 2011, impugnava innanzi al Giudice di Pace
di Taranto, chiedendone l’annullamento, la Determinazione

Commercio di Taranto di iscrizione nell’elenco informatico dei
soggetti protestati. Il motivo dell’iscrizione era il protesto di un
assegno bancario irregolare perché recante firma non riferibile al
correntista ma non denunciato smarrito o rubato.
Si costituiva la C.C.I.A. di Taranto chiedendo il rigetto del ricorso
perché infondato in fatto ed in diritto.
Il Giudice di Pace, con sentenza n. 2291 del 2012, accogliendo la
tesi della resistente, dichiarava inammissibile per tardività il
ricorso richiamando a sostegno del deciso, il disposto dell’art. 4
della legge n. 77 del 1955 ed, in particolare, il comma 4 che
dispone: “in caso di reiezione dell’istanza o di mancata decisione
della stessa da parte del responsabile dirigente dell’Ufficio
protesti, entro il termine di cui al comma 3 l’interessato può
ricorrere all’autorità giudiziaria ordinaria.
Avverso tale sentenza proponeva appello la società Centro
Diagnosi e Terapia Taranto, eccependo l’erroneità della
dichiarazione di inammissibilità perché il termine di venti giorni
di cui al comma 4 della legge n. 77 del 1950 era un termine
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dirigenziale del V. Segretario Generale della Camera di

RG. 15916 del 2014 Istituto di Diagnosi e Terapia Taranto – C.C.I.A. Taranto
concesso all’autorità amministrativa per provvedere sull’istanza e
come termine di formazione del silenzio rifiuto.
Si costituiva la C.C.I.A. contestando la fondatezza dell’appello.
Il Tribunale di Taranto, con sentenza n. 110 del 2014, rigettava

ammissibile, e tempestiva, contrariamente a quanto aveva
affermato il GdP di Taranto, andava rigettata nel merito
trattandosi di assegno tratto sul c/c della società S.r.l. ricorrente
recante una firma in parte illeggibile ma sicuramente non
riferibile all’amministratore Ammenti Iole; correttamente, la
CCIA aveva proceduto alla pubblicazione del protesto con la
dizione “assegno recante una firma di traenza illeggibile non
corrispondente allo speciem”, data l’impossibilità di identificare
l’autore della firma parzialmente illeggibile, imponesse all’Ufficio
la pubblicazione del protesto a nome del correntista e non
potendosi optare per la pubblicazione a soggetto ignoto, così
imponendo di fare la circolare ministeriale 3512/C.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla società
Diagnosi e Terapia S.r.l. con ricorso affidato a due motivi. La
CCIA di Taranto, intimata, in questa fase non ha svolto attività
giudiziale.
Ragioni della decisione

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l’appello. Secondo il Tribunale, l’impugnazione sebbene

RG. 15916 del 2014 Istituto di Diagnosi e Terapia Taranto – C.C.1.A. Taranto
1.= Con il primo motivo di ricorso la società Diagnosi e Terapia
Taranto lamenta la violazione di legge ex art. 360 n. 3 cod. proc.
civ., in relazione all’art. 62 e 63 del RD n. 1736 del 1933.
Secondo la ricorrente, il Tribunale di Taranto, nel ritenere

presente la distinzione tra firma illeggibile che, comunque, può
essere ricondotta al correntista, e firma non riconducibile al
correntista anche se parzialmente illeggibile e che solo nella
prima ipotesi il protesto va elevato a nome del correntista.
1.1.= Il motivo è infondato, perché non coglie l’effettiva ratio
decidendi della sentenza. .
Va qui ribadito che funzione essenziale del protesto dei titoli di
credito è la rilevazione mediante un atto formale, pubblico e
solenne, del rifiuto dell’accettazione o del pagamento del titolo
da parte del trattario al fine di conservare l’esercizio dell’azione
di regresso contro il girante, il traente e gli altri obbligati (R.D.
n.1736 del 1933, art. 10 e art. 45, n 1). Le ipotesi in cui
l’Istituto bancario rifiuta il pagamento dell’assegno possono
essere diverse: furto, smarrimento, firma apposta sull’assegno
illeggibile e non rispondente allo specimen depositato in banca;
firma apposta sull’assegno da persona diversa dal titolare del
conto bancario.

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legittimo il protesto a nome del correntista, non avrebbe tenuto

RG. 15916 del 2014 Istituto di Diagnosi e Terapia Taranto – C.C.I.A. Taranto
Ora, come pure ha chiarito questa Corte, in altra occasione
(Cass. 16 luglio 2010, n. 1661), nel caso in cui la firma di
traenza indichi un nome completamente diverso dal titolare del
conto corrente, tale che non sia, in alcun modo, possibile

riferibilità dell’assegno al predetto titolare, non vi è ragione di
elevare il protesto a suo nome, giacché è sufficiente, al fine di
conservare l’azione di regresso contro gli obbligati, che il
protesto sia levato a nome di colui che risulta aver emesso
l’assegno, non essendovi neppure interesse a conoscere il nome
del titolare del conto su cui l’assegno è tratto, né la sua
solvibilità, in quanto non si è formalmente obbligato per la
relativa somma, e conseguentemente risulta del tutto non
inadempiente.
Da questa, però, deve essere tenuta distinta l’ipotesi di una
firma apposta sull’assegno illeggibile (o parzialmente non
leggibile), diversa dallo specimen, depositato in banca, perché in
questa ipotesi i non potendosi ritenere con probabile certezza che
il soggetto che abbia firmato l’assegno sia diverso dal titolare del
conto, in forza di altri elementi emergenti dallo stesso assegno, e
in ragione dell’obbligo di custodia degli assegni gravante sul
titolare del conto, il protesto può essere elevato a nome
dell’intestatario del conto. E, ciò, soprattutto, se in questa ipotesi
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ingenerare nella banca trattaria il dubbio dell’apparente

RG. 15916 del 2014 Istituto di Diagnosi e Terapia Taranto – C.C.I.A. Taranto
non è stato denunziato né lo smarrimento nè il furto del titolo.
Come chiarisce la circolare del Ministero dell’Industria (n.
3512/C) nell’ipotesi di una firma illeggibile o parzialmente
illeggibile diversa dallo specimen depositato in banca, in assenza

CCIAA devono provvedere alla pubblicazione del protesto con il
codice 32 e con la dizione “assegno recante una firma di traenza
illeggibile e non corrispondente allo specimen depositato in
banca”.
Ora, il caso in esame è riconducibile alla seconda ipotesi proprio
perché, come ha avuto modo di specificare la Corte distrettuale e
come è stato confermato dalla stessa parte ricorrente: “(…)
l’assegno in questione tratto sul c/c della società indicata in
epigrafe, recava una firma in parte illeggibile ma, sicuramente,
non riferibile all’Amministratrice Ammenti Iole (cfr speciem
depositato in Banca) (….)”, cioè una firma che non consentiva di
identificare con ragionevole certezza un soggetto diverso dal
titolare del conto
2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame
di un fatto controverso oggetto di discussione tra le parti decisivo
per il giudizio (art.360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.).
Secondo il ricorrente, il Tribunale di Taranto, avrebbe omesso di
esaminare la sottoscrizione per valutare la riferibilità al
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di denuncia di smarrimento e di furto, gli Uffici periferici della

RG. 15916 del 2014 Istituto di Diagnosi e Terapia Taranto Taranto
correntista ovvero la macroscopica ed evidente differenza con
la sottoscrizione apposta sullo specimen e ciò al fine di valutare
se la pubblicazione del correntista sull’elenco dei soggetti
protestati fosse o meno legittima

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere alla
liquidazione delle spese posto che la CCIAA di Taranto intimata
in questa fase non ha svolto attività giudiziale. Il Collegio dà atto
che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002,
sussistono i presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello
stesso art. 13.
PQM
La Corte rigetta il ricorso, dà atto che, ai sensi dell’art. 13
comma 1 quater del DPR 115 del 2002 sussistono i presupposti
per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a
norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione
Civile di questa Corte di Cassazione il 2 febbraio 2018.
Il Preside te

GtA

J

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2.1.= Il motivo rimane assorbito dal rigetto del primo motivo.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

23 LUG. 2018′

Roma,

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