Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19486 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. I, 08/07/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 08/07/2021), n.19486

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15258/2020 R.G. proposto da:

S.R., rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Veglio, con

domicilio eletto in Roma, via Torino, n. 7, presso lo studio

dell’Avv. Laura Barberlo;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, e QUESTORE DI TORINO, rappresentati e difesi

dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma,

via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrenti –

avverso il decreto del Giudice di pace di Torino depositato il 29

novembre 2019.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17 marzo 2021

dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 29 novembre 2019, il Giudice di pace di Torino, su richiesta del Questore di Torino, ha prorogato di trenta giorni il trattenimento di S.R., cittadino del Marocco, presso il Centro di permanenza per i rimpatri (OMISSIS), disposto dal Questore di Milano con Decreto del 3 ottobre 2019, convalidato dal Giudice di pace di Milano con decreto del 7 ottobre 2019 e già prorogato con decreto del 30 ottobre 2019.

2. Avverso il predetto decreto lo S. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati anche con memoria. Il Ministero dell’interno e il Questore di Torino hanno resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il secondo motivo d’impugnazione, il cui esame risulta logicamente e giuridicamente preliminare rispetto a quello del primo motivo, il ricorrente deduce la nullità del decreto impugnato, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, art. 125 c.p.c., comma 3 e dell’art. 111 Cost., rilevando che il provvedimento reso all’esito dell’udienza risulta privo di motivazione, aggiunta con provvedimento pubblicato successivamente.

1.1. Il motivo è infondato.

In quanto depositato nello stesso giorno in cui si è svolta l’udienza, il decreto, redatto dal Giudice di pace su un modulo prestampato ed allegato al medesimo verbale, deve considerarsi tutt’uno con lo stesso, e quindi idoneo a fornire il necessario supporto motivazionale al provvedimento adottato all’esito dell’udienza, il cui contenuto, limitato al solo dispositivo, deve ritenersi pertanto integrato dalle argomentazioni aggiunte al modulo che lo correda.

2. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5, sostenendo che la proroga è stata disposta in assenza dei presupposti richiesti dalla legge, essendosi il Giudice di pace limitato a richiamare l’affermazione della Questura, secondo cui il Consolato interessato non si era espresso in maniera negativa in ordine all’identificazione, senza considerare che la rappresentanza diplomatica del Marocco non aveva fornito alcuna risposta alla richiesta da essa inoltrata.

2.1. Il motivo è infondato.

Il decreto impugnato non ha affatto omesso di procedere alla verifica dei presupposti necessari per l’adozione del provvedimento di proroga del trattenimento, avendo richiamato, a fondamento dello stesso, le motivazioni addotte dalla Questura a sostegno della richiesta, secondo cui l’Amministrazione si è attivata per il perseguimento delle finalità previste dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, ed è in attesa di una risposta dell’autorità diplomatica del Paese di origine dello S..

Premesso infatti che la situazione transitoria ostativa al rimpatrio o all’allontanamento può essere individuata anche per relationem, attraverso il richiamo del decreto alle ragioni addotte a sostegno della richiesta formulata dalla Questura, che quale atto propulsivo del procedimento giurisdizionale risulta agevolmente conoscibile dalla parte e dal suo difensore (cfr. Cass., Sez. lav., 29/12/2020, n. 29758; Cass., Sez. VI, 10/03/ 2017, n. 6322), si osserva che il provvedimento previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, secondo e quarto periodo, trova la sua giustificazione nelle gravi difficoltà che l’Amministrazione abbia eventualmente incontrato nello svolgimento delle attività preparatorie del rimpatrio o dell’allontanamento, cui è funzionale l’istituto del trattenimento, e risponde alla finalità di accordarle un ulteriore spazio di tempo per accertare l’identità e la nazionalità dell’espulso o per acquisire i documenti necessari per il rimpatrio, evitando che l’interessato possa approfittare delle predette difficoltà per sottrarsi all’esecuzione del decreto di espulsione. La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito l’esigenza che dalla motivazione del provvedimento emergano la specificità delle ragioni addotte a sostegno della relativa richiesta e la loro congruenza rispetto alla finalità di rendere possibile il rimpatrio: a sostegno di tale asserzione, si è rilevato che il trattenimento costituisce una misura di privazione della libertà personale legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge e secondo una modulazione temporale rigidamente predeterminata, osservandosi che, proprio in virtù del rango costituzionale e della natura inviolabile del diritto inciso, la cui conformazione e concreta limitazione è garantita dalla riserva assoluta di legge prevista dall’art. 13 Cost., l’autorità amministrativa deve considerarsi priva di qualsiasi potere discrezionale al riguardo, e precisandosi inoltre che negli stessi limiti deve ritenersi operante anche il controllo giurisdizionale (cfr. Cass., Sez. I, 28/02/2019, n. 6064; Cass., Sez. VI, 23/09/2015, n. 18748). L’ambito di tale controllo è stato poi chiarito dalla giurisprudenza comunitaria, che, nel fornire l’interpretazione dell’art. 15, par. 6 della direttiva 2008/115/CE, ha rilevato che tale disposizione consente la proroga del trattenimento soltanto quando, nonostante lo Stato membro interessato abbia compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa o della mancata cooperazione da parte dell’interessato, o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi, affermando che l’accertamento della mancata cooperazione postula la valutazione del comportamento tenuto dallo straniero nel periodo iniziale del trattenimento, al fine di stabilire se egli abbia o meno collaborato con le autorità competenti per l’attuazione dell’allontanamento, e se tale attuazione richieda più tempo del previsto proprio a causa del comportamento tenuto dall’interessato, ma precisando che preliminare a tale valutazione è la dimostrazione da parte dell’Amministrazione che l’operazione di allontanamento, nonostante ogni ragionevole sforzo, duri più a lungo del previsto, il che presuppone che essa abbia compiuto e continui a compiere attivamente sforzi per ottenere il rilascio dei documenti dello straniero (cfr. Corte di Giustizia UE, 5/06/2014, in causa C-146/14, Ali Mahdi). Alla luce di tale interpretazione, deve ritenersi che incomba all’Amministrazione, in qualità di parte istante, l’onere di giustificare la richiesta di proroga mediante l’allegazione degli sforzi compiuti per acquisire i documenti identificativi dello espulso e della mancata cooperazione di quest’ultimo, mentre spetta allo straniero, in qualità di parte resistente, dimostrare che il ritardo nell’esecuzione del decreto di espulsione è imputabile esclusivamente all’Amministrazione, per essere la stessa rimasta inattiva o per avere egli prestato la necessaria collaborazione per l’attuazione del provvedimento. La relativa valutazione, come precisato dalla giurisprudenza comunitaria richiamata, dev’essere effettuata sulla base non solo degli elementi forniti dall’Amministrazione, ma anche delle osservazioni eventualmente formulate dall’interessato e degli ulteriori elementi che il giudice può ricercare, ove lo ritenga necessario, nei limiti consentiti dalla brevità del termine concesso per la decisione, e tenendo altresì conto della durata iniziale del trattenimento e di quella delle eventuali proroghe precedentemente concesse, nonché della collaborazione prestata dalle autorità diplomatiche e consolari del Paese di origine dell’interessato e dei problemi organizzativi determinati dal forte afflusso migratorio (cfr. Cass., Sez. VI, 13/07/2017, n. 17417).

A tali principi si è puntualmente attenuto il decreto impugnato, il quale, nell’accordare la proroga invocata dal Questore, ha richiamato la richiesta presentata da quest’ultimo, recante l’allegazione dell’avvenuto invio della richiesta di identificazione e del rilascio di un lasciapassare alla Rappresentanza diplomatica del Marocco ed a quella della Tunisia, nonché la dichiarazione di essere in attesa di un riscontro dalle predette autorità, le quali non si sono espresse negativamente in ordine alla possibilità dell’identificazione. Tale apprezzamento, confortato dalla produzione in udienza di copie dei documenti acquisiti dall’Amministrazione, ponendosi in contrasto con l’asserita inerzia di quest’ultima, consente di concludere per la legittimità della proroga accordata e per l’infondatezza delle censure proposte dal ricorrente, il quale, d’altronde, non ha neppure dedotto di aver prestato la propria cooperazione all’attuazione del provvedimento di espulsione.

3. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

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