Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19484 del 23/07/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19484 Anno 2018
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: FORTUNATO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24605/2013R.G. proposto da
Cons.Coop – Consorzio fra cooperative di produzione e lavoro
in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso
dall’Avv. Riccardo Modica e dall’avv. Luigi Strano, con domicilio
eletto presso quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni n. 288.

– ricorrente contro
Cooperativa edilizia Nuova Presenza a r.I., in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe
Zanghi, con domicilio in Messina, via Lenzi 5.

– controrícorrente

Data pubblicazione: 23/07/2018

e

Unipol Assicurazioni s.p.a.
Eurotecnica Costruzioni s.p.a.
-intimateavverso la sentenza della Corte d’appello di Messina n. 548/2012,
depositata il 2.8.2012.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18.1.2018 dal

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Alessandro Pepe, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avv. Riccardo Modica per il ricorrente.

FATTI DI CAUSA
Il Cons.coop – Consorzio di cooperative di produzione e lavoro – ha
proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina
n. 548, depositata il 2.8.2012.
La Cooperativa Nuova Presenza s.c.r.l. aveva convenuto in giudizio
la Unipol s.p.a. e il Conscoop, assumendo di aver affidato a
quest’ultimo la realizzazione di 26 alloggi popolari e 26 autorimesse
in Messina, piano di zona S. Lucia e che, a garanzia dell’esatto
adempimento del contratto, l’Unipol aveva rilasciato due distinte
polizze, per £. 200.000.000 e £. 284.530.922; che, sospesi
temporaneamente i lavori in data 24.9.1966, le parti avevano
successivamente sottoscritto una transazione, prevedendo
l’immediata prosecuzione dei lavori, che, però, non aveva avuto
luogo.
Aveva chiesto la condanna della società assicuratrice al pagamento
di quanto dovuto in base alle polizze.
L’Unipol s.p.a. aveva formulato domanda di manleva verso la società
garantita e l’Eurotecnica Costruzioni s.p.a., altra società facente
parte dell’associazione temporanea di impresa, unitamente al
consorzio ricorrente, chiedendone la chiamata in causa.
Sia il Conscoop che l’Eurotecnica costruzioni s.r.l. avevano proposto
domanda riconvenzionale di risarcimento del danno provocato

Consigliere Giuseppe Fortunato;

dall’inadempimento della committente, consistente nel non aver
adempiuto a nessuna delle due obbligazioni alternative poste a sua
carico con l’atto transattivo, consistenti o nella cessione del credito
di cui quest’ultima era titolare verso gli istituti che avevano concesso
finanziamenti finalizzati alla realizzazione delle opere, o nel rilascio
di un mero mandato per l’incasso delle somme mutuate.
Il Tribunale di Messina ha accolto la domanda riconvenzionale del

di C 287.807,33, oltre accessori; ha dichiarato inammissibile la
domanda di manleva proposta dall’Unipol s.p.a. e ha ritenuto la
competenza arbitrale quanto alle domande relative ai rapporti tra la
Nuova Presenza s.c.r.l. e l’Eurotecnica s.r.I., ha respinto ogni altra
istanza e ha condannato la Nuova Presenza s.c.r.l. al pagamento
delle spese di lite in favore dell’Unipol s.p.a. e del Conscoop,
compensando quelle relative ai rapporti tra le altre parti.
Su appello della Nuova Presenza s.c.r.I., la Corte di Messina ha
riformato parzialmente la sentenza, respingendo la domanda della
Conscoop e compensando anche le spese del primo grado, con
aggravio a carico della Nuova Presenza s.c.r.l. di quelle sostenute in
secondo grado dall’Unipol s.p.a..
La Corte distrettuale ha escluso la competenza arbitrale in base
all’art. 22 del contratto di appalto e alla clausola n. 5 della
transazione.
Ha ritenuto che la Nuova Presenza s.c.r.l. già con l’atto transattivo
avesse ceduto all’Ati, e per essa alla soc. Consortile Messina, il
credito di £. 1351.400.000 quale residuo dei mutui contratti, non
essendo quindi inadempiente rispetto agli obblighi assunti.
Il ricorso è sviluppato in due motivi, illustrati con memoria.
La Nuova Presenza s.c.r.l. ha depositato controricorso; le altre
intimate non hanno svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

ricorrente e ha condannato la Nuova Presenza s.c.r.l. al risarcimento

1. Il primo motivo censura la sentenza impugnata per omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 5 c.p.c..
La Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto che la transazione
del 24.9.1996 contemplasse a carico della società resistente non
un’obbligazione alternativa (ossia la cessione del credito derivante
dai mutui accessi presso BNL o, in alternativa, la delega al

effetti immediati, omettendo di considerare il rapporto di
incompatibilità tra le cessione e la delega all’incasso e giungendo
erroneamente a considerare non inadempiente la Nuova Presenza
rispetto agli impegni assunti con l’atto transattivo.
1.1. Il motivo è infondato.
La censura non appare – anzitutto – pertinente alla valutazione di
un fatto assunto nella sua oggettività o nel suo valore normativa,
quanto, invece, alla soluzione di una questione interpretativa del
contratto riguardo alla previsione, nel contesto della transazione, di
fattispecie che si pongono – sul piano concettuale e giuridico – in
rapporto di reciproca esclusione.
Per contro, il vizio previsto dall’art. 360, comma primo, n.5 c.p.c.,
nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 54, comma
primo, lettera b), dl. 22.6.2012, n. 83, convertito con legge
7.8.2012, n. 134, introdotto dall’art. 2, d.lgs. 2.2.2006, n. 40,
applicabile ratione temporis in base alla data di deposito della
sentenza d’appello (2.8.2012), consiste nell’omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione su un fatto materiale acquisito al
processo ed avente carattere decisivo, ossia su un preciso
accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o
“argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti (Cass. 8.9.2016,
n. 17761; Cass. 8.10.2014, n. 21152; Cass. 5.2.2011, n. 2805).
In ogni caso, la Corte distrettuale non ha affatto negato il rapporto
di incompatibilità tra la cessione del credito e il mandato all’incasso,
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pagamento delle somme mutuate), ma una cessione del credito ad

ma, valutando il contenuto del contratto, ha ritenuto che il
riferimento alla delega non esprimesse un’alternativa ma fosse volta
solo a chiarire che la cessionaria poteva rivolgersi direttamente alla
banca per il pagamento delle somme erogate a mutuo.
Non coglie quindi nel segno l’assunto secondo cui, ove la sentenza
avesse tenuto conto dell’incompatibilità tra la cessione del credito e
la delega all’incasso, avrebbe dovuto necessariamente ritenere che

da adempiere successivamente, poiché la sentenza ha escluso, con
accertamento in fatto, che il contratto contemplasse entrambe tali
fattispecie, e di conseguenza, la questione non poteva assumere
alcuna concreta valenza, neppure interpretativa, o inficiare
irrimediabilmente l’iter logico della decisione.
Giova considerare che il vizio denunciato si configura solo quando
nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o
insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati
dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le
argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione dei
procedimento logico-giuridico posto a base della decisione.
Non è invece censurabile ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5
c.p.c., nel testo vigente ratione temporis, la difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove rispetto a quello preteso
dalla parte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti
del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne
l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie
quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare
prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo il controllo in sede
di legittimità, sotto il profilo logico e della correttezza giuridica,
dell’esame e della valutazione compiuti con la sentenza impugnata
(Cass. 11.7.2007, n. 15489; Cass. s.u. 25.10.2013, n. 24148; Cass.
30.12.2014, n. 27480; Cass. 9.12.2014, n. 25905).
2. Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 1362, 1363,

1188 e 1260 c.c. in relazione all’art. 360, comma primo n. 3 c.p.c..
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la Nuova Presenza s.c.r.l. avesse assunto un’obbligazione alternativa

La sentenza impugnata, partendo dall’erronea premessa che la
transazione avesse perfezionato un negozio di cessione del credito
immediatamente efficace, non avrebbe conferito al dato letterale il
giusto rilievo nella ricerca della volontà delle parti e non avrebbe
dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto di far ricorso ad
elementi extratestuali, trascurando il contenuto delle clausole che
ugualmente menzionavano !a cessione e la delega in termini di

Il motivo è infondato.
La decisione ha ricostruito la volontà delle parti mediante l’impiego
di criteri interpretativi testuali e logico- sistematici, pervenendo alla
conclusione che i contraenti avessero inteso perfezionare già con la
transazione una cessione del credito e quindi porre l’Ati nelle
condizioni di incassare l’importo delle somme concesse a mutuo per
conto proprio e nel proprio interesse.
A parere della Corte distrettuale, l’espressione “cede ovvero delega”
impiegata dai contraenti non esprimeva un’alternativa ma
introduceva un chiarimento, volendo le parti specificare ancor meglio
che la cessionaria poteva rivolgersi alla banca per ottenere la
riscossione del credito.
La volontà di realizzare effetti traslativi immediati – e non di differire
l’attuazione del contratto al compimento di una scelta rimessa alla
resistente, non sottoposta a termini di adempimento – è stata
desunta dal tenore letterale dell’accordo (l’impiego dei termini “cede
e delega” declinati al presente), dal contestuale impegno della
cessionaria a riprendere i lavori in un brevissimo lasso di tempo e
dalla clausola di esonero da responsabilità del cedente in caso di
ritardo o di inadempimento da parte del debitore ceduto, tutti
elementi ritenuti convergenti nel senso di definire una regolazione
non asimmetrica, volta, in definitiva, a dare immediata attuazione
agli obblighi assunti da entrambe le parti, senza contemplare
ulteriori differimenti.

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alternatività.

Di conseguenza, il fatto che la transazione menzionasse in più punti

la cessione del credito e il mandato all’incasso in rapporto di
alternatività, non poteva di per sé assumere alcun decisivo rilievo / né
inficiare le conclusioni raggiunte in sentenza, una volta escluso che
la Nuova presenza s.c.r.l. potesse optare per il rilascio di un mero
mandato all’incasso.
Tale risultato interpretativo costituisce, inoltre, oggetto di

L’attività di interpretazione del contratto consta, difatti, di due fasi,
delle quali la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione
della comune volontà dei contraenti – è riservata al giudice di merito
ed sindacabile solo per vizi di motivazione in relazione al rispetto
dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss.
c.c., mentre la seconda – concernente l’inquadramento della comune
volontà nello schema legale corrispondente – risolvendosi
nell’applicazione di norme giuridiche, può formare oggetto di verifica
e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla
descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto
riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come
accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle
implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie
concreta nel paradigma normativo.
Ne consegue che il sindacato di legittimità non può investire il
risultato interpretativo in sé, ma afferisce solo alla verifica del
rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità
della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni
critica alla ricostruzione della volontà negoziale che si traduca in una
diversa valutazione degli stessi elementi esaminati in sentenza
(Cass. 10.2015, n. 2465; Cass. 22.2.2007, n. 4178 Cass. 12.1.2006,
n. 420; Cass. 3.11.2004, n. 21064).
il ricorrente contesta, inoltre, che il giudice di merito non si sia
arrestato al dato letterale della transazione, specie nel punto in cui
menzionava in rapporto di alternatività la cessione dei crediti e la
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accertamento in fatto.

delega di pagamento, ma, non solo la sentenza ha escluso che la
transazione prevedesse anche la delega come oggetto di
un’obbligazione alternativa rispetto alla cessione del credito, ma va
pure ricordato che l’art. 1362 c.c. impone all’interprete di indagare
quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al
senso letterale delle parole, posto che il dato testuale, pur
assumendo un rilievo fondamentale, non può essere ritenuto

Il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo
al termine del processo interpretativo, il quale deve considerare tutti
gli ulteriori elementi, testuali ed extra-testuali, indicati dal
legislatore, anche quando, in ipotesi, le espressioni appaiano di per
sè “chiare” e non bisognose di approfondimenti interpretativi (Cass.
28.6.2017, n. 16181; Cass. 1.12.2016, n. 24560; Cass. 22.11.2016,
n. 23701; Cass. 1.12.2015, n. 24421; Cass. 11.1.2006, n. 261;
Cass. 10.10.2003, n. 15150; Cass. 11.6.1999, n. 5474).
Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo
soccombenza come da liquidazione in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a
versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater
all’art. 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna Wricorrente al pagamento delle spese
processuali, pari ad C 200,00 per esborsi ed C 8000,00 per
compenso, oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario spese generali,
in misura del 15%.
Si dà atto che la ricorrente è tenuta a versare l’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione,
ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228,
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decisivo ai fini della ricostruzione del contenuto dell’accordo.

che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio
2002, n. 115.
Così de iso in Roma, 1(5.1.2018.
IL GIULI)CEiESTENORE
1.5 to

t

Giuse0

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