Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19483 del 23/09/2011

Cassazione civile sez. II, 23/09/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 23/09/2011), n.19483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

TECNEDIL RONDONI SRL IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE P.T. SIG.

R.R. P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato

NARDONE LORENZO, rappresentata e difesa dall’avvocato LA SPINA

GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

G.F. ((OMISSIS)) domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato SPINA GIOVANNI;

– controricorrente –

e contro

SOGEGAS SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1024/2005 del TRIBUNALE di PERUGIA, depositata

il 30/08/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato Nardone Lorenzo con delega depositata in udienza

dell’Avv. Giuseppe La Spina difensore della ricorrente che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

russo Rosario Giovanni che ha concluso per la rimessione alle S.U.

della questione di giurisdizione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Pretore di Perugia del 10.4.91 G.F., premesso di essere proprietario e possessore di un terreno con sovrastante fabbricato sito nella frazione (OMISSIS), esponeva che la società Tecn-Edil Rondoni s.r.l., nel realizzare un metanodotto per conto della SO.GE.GAS s.p.a. lungo una strada comunale attigua, aveva parzialmente invaso il sottosuolo della sua proprietà, attraversando una fossa settica; su tali premesse, denunciando uno spoglio clandestino e violento, oltre alla conseguente situazione di pericolo per le esalazioni, l’istante chiedeva la reintegrazione nel possesso ed il risarcimento dei danni.

Resistevano entrambe le società intimate, la prima declinando ogni responsabilità, per essersi attenuta alle disposizioni della committente, la seconda contestando il possesso ex adverso dedotto, assumendo che la tubazione attraversava suolo sottostante la banchina stradale e che la “fossa settica” costituiva, in realtà, un pozzetto di raccolta delle acque meteoriche provenienti dalla strada comunale, ospitante anche le condutture idriche, nel quale abusivamente il ricorrente aveva convogliato le proprie acque luride.

All’esito della fase sommaria, nel corso della quale era stata anche espletata un consulenza tecnica, il pretore dispose la realizzazione di alcuni accorgimenti tecnici suggeriti dall’ausiliare, concedendo apposito termine alle resistenti; assunte, nella successiva fase, le prove testimoniali, con sentenza del 7/16.1.95 il suddetto giudice, in accoglimento della domanda di reintegrazione, disattesa quella risarcitoria, condannò le convenute alla rimozione della conduttura dalla zona ritenuta posseduta dal ricorrente.

Proposti distinti appelli, poi riuniti, dalle due società, resistiti dall’appellatoci Tribunale di Perugia, dopo aver disposto l’espletamento di una nuova consulenza tecnica ed acquisito il relativo elaborato, con sentenza del 1.6.01, pubblicata il 30.8.05, in parziale modifica di quella appellata, confermava la condanna alla rimozione della conduttura, disponendone la riapposizione “secondo il percorso originario previsto nel progetto, ad eccezione della zona interessata dal pozzetto, nella quale potrà essere mantenuta nel rispetto delle prescrizioni di cui all’ordinanza pretorile del 19.6.1991”, condannando le appellanti alle spese anche del giudizio di secondo grado.

Il tribunale riteneva: a) sussistente la legittimazione passiva della società Tecn-Edil, in considerazione dell’autonomia imprenditoriale connotante il rapporto di appalto e non avendo la medesima operato quale mera esecutrice delle opere affidatele; b) non invocabile il principio della improponibilità delle azioni possessorie contro la P.A per la realizzazione di opere pubbliche, venendo in considerazione l’attività “di natura meramente privatistica del concessionario e dell’appaltatore”, e tenuto conto dell’autonomia nella relativa realizzazione e conseguente riconducibilità delle scelte tecniche; c) non conferente il richiamo all’art. 1145 c.c., in considerazione della suddetta natura privatistica dei rapporti implicati, dell’ammissibilità tra privati della tutela possessoria anche ad oggetto di beni demaniali e, comunque, dell’incertezza, anche all’esito della consulenza tecnica della demanialità dell’area interessata dalle tubazioni; d) comprovato, dalla presenza di piantagioni arbustive e floreali, compromesse dalla conduttura, l’esercizio del possesso su una parte del suolo interessata dalla stessa; e) l’equivocità del consenso della moglie e del figlio del ricorrente all’esecuzione dei lavori, espresso solo di massima e senza previsione dello sconfinamento; f) per quanto atteneva al pozzetto, infine, la sufficienza delle prescrizioni imposte con il provvedimento interinale pretorile alla manutenzione nell’esercizio del relativo possesso, secondo le precedenti modalità ed in condizioni di sicurezza.

Avverso tale sentenza la società Tecn-Edil Rondoni s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Ha resistito il G. con controricorso.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede la società SO.GE.GAS s.p.a.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente deduce, nell’unico motivo di impugnazione, “violazione e falsa applicazione dell’art. 37 c.p.c., della L. 20 marzo 1985, n. 2248, art. 7 all. E, dell’art. 45 c.p., degli artt. 1168, 1170 c.c., dell’art. 703 c.p.c., del R.D. 15 gennaio 1925, n. 2578, della L. 24 giugno 1929, n. 1137 della L.R. 20 maggio 1986, n. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 “. Dal contenuto del mezzo d’impugnazione possono enuclearsi i seguenti tre essenziali e gradati profili di censura:

a) vertendosi nel caso di specie in tema opera pubblica, assentita da un progetto preventivamente approvato dalla P.A. (Comune di Perugia), la cui realizzazione era stata demandata ad una concessionaria, che ne aveva a sua volta commesso la materiale esecuzione all’appaltatrice, la parziale deviazione dal percorso non avrebbe inciso sulla natura pubblica dell’opera stessa, con conseguente improponibilità dell’azione possessoria in base ai ben noti principi, normativi e giurisprudenziali, in materia;

b) essendo stato accertata e risultata incontroversa la circostanza che la parziale invasione del sottosuolo posseduto dal ricorrente era stata imposta dalla necessità di ovviare ad un imprevisto ostacolo tecnico (la presenza della spalletta di un ponte), sarebbe comunque mancato nel caso di specie, quand’anche fosse stata astrattamente esperibile la tutela possessoria, il necessario requisito soggettivo dell’animus spoliandi o turbandi, non configurabile in re ipsa, per difetto di volontarietà dello spoglio o della molestia;

c) in ogni caso, il disposto ripristino dello status quo ante non sarebbe stato attuabile, incidendo sull’assetto di un’opera pubblica già consegnata dall’appaltatrice alla concessionaria, sulla quale la ricorrente non avrebbe potuto compiere ulteriori interventi modificativi, sicchè il giudice avrebbe dovuto limitarsi a concedere, tutt’al più, una tutela risarcitoria.

Il motivo è infondato sotto tutti i suesposti profili, alla stregua delle suesposte rispettive considerazioni:

1) il consolidato principio, derivante dalle citate fondamentali regole in tema di riparto di attribuzioni tra la pubblica amministrazione e l’autorità giudiziaria ordinaria, secondo cui non può chiedersi e disporsi la condanna ad un facere di carattere ripristinatorio, allorquando lo stesso venga ad incidere su opere pubbliche, debitamente approvate ed eseguite, comporta l’improponibilità dell’azione possessoria contro la P.A o i soggetti privati che abbiano operato per conto della stessa, soltanto nei casi in cui tale esecuzione sia stata conforme al progetto approvato, e non anche, invece, quando vi sia stata deroga, non richiesta, nè assentita, dall’autorità concedente, alle previsioni dello stesso con la conseguenza che la relativa inosservanza da parte della P.A., ed a fortiori del concessionario o di chi per esso (tenuto in questo caso a rispondere in via esclusiva della propria iniziativa lesiva:

v. Cass 3585/10, 24397/07, 8197/05, 12958/04), degrada ad attività puramente materiale, come tale sindacabile, per difetto del relativo potere autoritativo, da parte del G.O.; a tal riguardo, l’evidenza decisoria della fattispecie, escludente in radice l’ipotizzabilità di una questione di giurisdizione (atteso che è la stessa ricorrente frammettere di aver derogatoria pure per sopravvenuto “ostacolo tecnico”, al progetto approvato dalla P.A.), esime il collegio dal rimettere il giudizio alle S.S.U.U., come richiesto dal P.G.;

2) l’elemento soggettivo dello spoglio non richiede necessariamente la specifica finalità, perseguita dall’agente, di voler attentare all’altrui possesso, essendo al riguardo necessaria e sufficiente la consapevolezza di operare ledendo l’altrui signoria di fatto sul bene, neppure esclusa dal convincimento di operare nell’esercizio del proprio diritto, o comunque, legittimamente, essendo escluso il ricorso alla materiale autotutela, al di fuori dei casi tassativamente previsti dall’ordinamento; nel caso di specie, pertanto, correttamente è stato ravvisato il suddetto elemento, pur dandosi atto che la deviazione dal percorso era motivata da un imprevisto ostacolo tecnico, in un caso in cui la concessionaria e l’appaltatrice non avrebbero potuto di loro iniziativa, invadere il sottosuolo privato, senza avere al riguardo ottenuto un provvedimento della concedente autorità comunale, che assentisse la relativa deroga al progetto de quo, considerato che soltanto nei limiti e nel rispetto del progetto approvato le stesse potevano considerarsi longa manus della P.A.;

3) le considerazioni che precedono, alla stregua delle quali deve escludersi che il tratto di metanodotto, nella parte in cui era stata realizzata invadendo il suolo privato, costituisse esecuzione di opera pubblica, legittima deve ritenersi la tutela restitutoria accordata, comportante il solidale obbligo di ripristino a carico della concessionaria e dell’appaltatrice, autrici in concorso tra loro dello spoglio, non risultando che l’opera complessiva, così come di fatto realizzata, fosse stata oggetto di consegna (circostanza di fatto dedotta, ma non provata) e, soprattutto, definitivamente adibita all’uso, di pubblico interesse, sì da integrare gli estremi di una irreversibile occupazione ablativa. Il ricorso va conclusivamente respinto, con conseguente condanna della ricorrente alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso,in favore del resistente,della spese del giudizio,liquidate in complessivi Euro 2.000,00,di cui 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2011

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