Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19481 del 30/09/2016

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2016, (ud. 23/09/2015, dep. 30/09/2016), n.19481

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16172/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FIN ZETA SRL;

– intimato –

Nonchè da:

FIN ZETA SRL in persona del Presidente del C.d.A. e Vice Presidente

C.d.A, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BISSOLATI 76, presso lo

studio dell’avvocato PAOLO QUATTROCCHI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAOLO POTOTSCHNIG con procura notarile del

Not. Dr. J.K. in (OMISSIS) rep. n. (OMISSIS) del (OMISSIS);

– controricorso e ricorso incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 26/2009 della COMM. TRIBUTARIA 2^ GRADO di

BOLZANO, depositata il 07/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2015 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto ricorso incidentale;

udito per il controricorrente l’Avvocato SERPIERI per delega

dell’Avvocato QUATTROCCHI che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RICCARDO FUZIO che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ufficio di Bolzano della Agenzia delle Entrate rigettava la istanza di rimborso del credito IVA presentata da FIN ZETA s.r.l., ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, lett. c), in relazione all’acquisto in data 20.12.2002 di un terreno edificabile, contestando la natura di bene ammortizzabile dell’area edificatoria.

Il ricorso proposto dalla società era accolto in primo grado con decisione confermata dalla Commissione tributaria di 2^ grado di Bolzano con sentenza in data 7.5.2009 n. 26. I Giudici di merito ritenevano che il bene immobile (sul quale era stato successivamente realizzato, nel periodo settembre 2003-novembre 2006 un fabbricato strumentale classificato in categoria D8) rivestisse i caratteri del bene strumentale destinato all’esercizio dell’attività d’impresa, essendo stato il terreno acquistato per essere “destinato in prospettiva a partecipare ad un processo produttivo, divenendo parte integrante di un fabbricato strumentale rispetto alla attività d’impresa”, dovendo pertanto essere qualificato come “bene ammortizzabile”. Secondo la Commissione tributaria, pertanto, era esclusivamente la finalità prospettica della destinazione del terreno ad impiego economico ad imprimergli la qualificazione predetta, a prescindere dalla attualità dell’utilizzo, consentito solo all’esito del completamento dell’attività organizzativa propedeutica e, nella specie, all’esito del rilascio della concessione edilizia e della realizzazione del fabbricato insistente sull’area, tenuto altresì conto che la certificazione di destinazione urbanistica dell’area e la convenzione stipulata dalla società per l’attuazione del programma di riqualificazione dell’area, non consentivano di sfruttare diversamente il terreno (costruzione di un edificio ad uso produttivo terziario).

La sentenza di appello notificata in data 20.5.2009 è stata ritualmente impugnata per cassazione dalla Agenzia delle Entrate che ha dedotto, con due motivi, vizio di “error juris” e vizio logico di motivazione.

Resiste la società con controricorso e ricorso incidentale affidato a due mezzi, depositando anche memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102 (già art. 67), del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 1, lett. c), e del D.M. 31 dicembre 1988, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), è fondato.

Appare opportuno premettere che i richiami alle norme relative alla disciplina del reddito d’impresa ai fini delle imposte dirette, vengono effettuati in via di interpretazione analogica della nozione di “bene durevole-ammortizzabile”, a sua volta mutuata dalla disciplina contabilistica e di bilancio, ed in difetto di specifiche norme diverse dettate in materia IVA: peraltro la caratteristica che contraddistingue detti beni, corrisponde a criteri propri della scienza economica e dunque può considerarsi interdisciplinare ai diversi sistemi di imposta.

In proposito, ai fini della individuazione delle caratteristiche economiche del bene ammortizzabile, soccorrono le disposizioni – dell’art. 102 (già art. 67) TUIR secondo cui i coefficienti di ammortamento vengono stabiliti “in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi”;

– dell’art. 2424 bis c.c., comma 1, che colloca nella voce “immobilizzazioni” dello stato patrimoniale del bilancio “gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente”;

– il principio contabile OIC 16 definisce le immobilizzazioni materiali come “beni di uso durevole, costituenti parte della organizzazione permanente delle imprese mercantili ed industriali. Tali beni vengono impiegati normalmente come strumento di produzione del reddito della gestione tipica o caratteristica, e non sono quindi destinati nè alla vendita, nè alla trasformazione per l’ottenimento dei prodotti della impresa”. La caratteristica di questi beni di riferirsi a fattori e condizioni durature non è intrinseca, ma va relazionata alla residua possibilità di utilizzazione della immobilizzazione nel tempo (vita utile del bene).

Tanto premesso occorre non confondere la caratteristica predetta, che correla l’ammortamento alla progressiva perdita di utilità del bene durevole, dalla qualificazione di “inerenza” del costo sostenuto per l’acquisto del bene, cui è correlato anche il diritto alla detrazione dell’IVA a monte D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19.

Al proposito vale richiamare i principi enunciati da questa Corte secondo cui deve considerarsi “inerente” all’esercizio della impresa anche l’acquisito di beni e servizi destinati alla costituzione delle condizioni necessarie perchè l’attività tipica possa concretamente iniziare, essendo quindi suscettibili di rientrare nella nozione di strumentalità, ai fini del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, anche le attività meramente preparatorie che per definizione vengono poste in essere in una fase in cui non vi è ancora produzione di ricavi (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8583 del 12/04/2006; id. Sez. 5, Sentenza n. 11765 de/ 12/05/2008; id. Sez. 5, Sentenza n. 23400 del 19/11/2010), essendo rimesso in ogni caso al Giudice di merito il necessario accertamento in fatto in ordine alla effettiva riferibilità in concreto -alla stregua degli elementi istruttori acquisiti al giudizio e della specifica situazione di fatto rilevata- dei beni e servizi acquistati all’esercizio della impresa o alle attività preparatorie alla futura produzione di ricavi, venendo a gravare il relativo onere probatorio interamente sul contribuente, senza che la sussistenza dei predetti requisiti possa presumersi in ragione della sola qualità di società commerciale dell’acquirente (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 4157 del 20/02/2013; id. Sez. 5, Sentenza n. 16697 del 03/07/2013; id. Sez. 5, Sentenza n. 16853 del 05/07/2013).

La Corte di Giustizia è intervenuta più volte a riconoscere il diritto alla detrazione IVA “a monte” in relazione alla attività di organizzazione e predisposizione dei beni aziendali destinati all’esercizio da parte di soggetti passivi di attività economiche, osservando che è l’acquisto del bene da parte del soggetto passivo che agisce in quanto tale a determinare l’applicazione del sistema dell’IVA e, quindi, del meccanismo di detrazione (cfr. Corte di Giustizia UE, sentenze in data 11 luglio 1991, in causa C-97/90, Lennartz; id. in data 16.2.2012, in causa C-118/11, Eon Aset Menidjmunt; id. in data 22.3.2012, in causa C-153/11, Klub OOD) e che in assenza di circostanze fraudolente o abusive, e con riserva di eventuali rettifiche in conformità alle condizioni previste dalla direttiva IVA, il diritto alla detrazione, una volta sorto, rimane acquisito (cfr. Corte di Giustizia sentenze 8 giugno 2000, Breitsohl, C-400/98, punto 41; id. 21 febbraio 2006, Halifax e a., C-255/02, punto 84).

La Corte di Giustizia Europea con la sentenza in data 22.3.2012, in causa C-153/11, Klub OOD, ha in particolare posto in chiaro come “41. Determinare se un soggetto passivo agisca in quanto tale è una questione di fatto che dev’essere valutata tenendo conto di tutti gli elementi della fattispecie, tra i quali figurano la natura del bene considerato e il periodo di tempo intercorso tra l’acquisto dello stesso e il suo uso ai fini delle attività economiche di tale soggetto passivo (v., in tal senso, sentenze Bakcsi, cit., punto 29, e Eon Aset Menidjmunt, punto 58). Si può altresì considerare se siano state o meno intraprese azioni effettive al fine di realizzare gli interventi e di ottenere le autorizzazioni necessari per l’uso professionale del bene quali quelli menzionati all’art. 38, paragrafo 3, dello ZUT. 42 Secondo la Corte, se la detrazione dell’IVA dovuta a monte fosse negata al soggetto passivo per i successivi utilizzi professionali imponibili, nonostante l’intento iniziale di quest‘ultimo di destinare integralmente il bene d’investimento alla sua impresa, in vista di operazioni future, il soggetto passivo non risulterebbe interamente esonerato dall’imposta afferente al bene utilizzato ai fini della propria attività economica e la tassazione delle sue attività professionali provocherebbe una doppia imposizione in contrasto con il principio della neutralità fiscale insito nel sistema comune dell’IVA (v., in tal senso, sentenza Puffer, cit., punti 45 e 46).

43 Il principio della neutralità dell’IVA rispetto all’onere fiscale dell’impresa esige che le spese d’investimento effettuate ai fini ed in vista di un’impresa siano considerate come attività economiche che conferiscono un immediato diritto a detrazione dell‘IVA dovuta a monte (v., in tal senso, citate sentenze Rompelman, punto 22, e Puffer, punto 47).

44 Pertanto, un privato che acquisti beni ai fini di un’attività economica ai sensi dell’art. 9, paragrafo 1, comma 2, della direttiva IVA agisce come soggetto passivo, anche se i beni non vengono immediatamente impiegati per detta attività economica (v., in tal senso, sentenza Lennartz, cit., punto 14)”. (da ultimo vedi: Corte Cass. 5^ sez. 12.2.2014 n. 3106, in motivazione, secondo cui “l’effettiva inerenza all’esercizio dell’impresa, sussiste quando l’operazione passiva sia compiuta in stretta connessione con le finalità imprenditoriali, senza, tuttavia, che sia richiesto il concreto esercizio dell’impresa, potendo la detrazione dell’imposta spettare anche nel caso di assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività meramente preparatorie, quali la ristrutturazione di un immobile, purchè finalizzate alla costituzione delle condizioni d’inizio effettivo dell’attività tipica chi ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica ai sensi dell’art. 4, della sesta direttiva ed effettua a tal fine le prime spese di investimento deve essere considerato come soggetto passivo ed ha il diritto di detrarre immediatamente l’IVA dovuta o pagata sulle spese d’investimento sostenute in vista delle operazioni che intende effettuare e che danno diritto alla detrazione, senza dover aspettare l’inizio dell’esercizio effettivo della sua impresa (Corte giust. 15 gennaio 1998, causa C-37/85, Ghent Coal Terminal, punto 17, e 21 marzo 2000, cause C-I 10/98 – C-147/98, Gabalfrisa e a., punto 47; Corte giust., 8 giugno 2000, causa C-400/98, Finanzamt Goslar, p.34; Corte Giust. 14 marzo 2013 causa C-527/11; Corte giust. 29 novembre 2012, causa C-257/11, p. 27-)”).

Orbene nel caso di specie risultano integrate le condizioni per esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA versata in rivalsa sull’acquisto del terreno edificabile, trattandosi certamente di bene “inerente” al futuro svolgimento dell’attività economica della società (in tal senso deponendo i corretti rilievi del Giudice di appello in ordine alla strumentalità dell’area alla costruzione dell’edificio da destinare alla impresa), ma non anche le condizioni per esercitare il diritto al rimborso ai sensi dell’art. 30co3, lett. c), e 38 bis, Dpr n. 633/1972, non potendo riconoscersi al “bene immobile-terreno” caratteristiche fisiche ed economiche tali da ritenere che, nel tempo, il suo impiego nell’attività imprenditoriale della società possa divenire meno remunerativo a causa del progressivo logoramento fisico o del venire meno della sua capacità funzionale tipica, così da rendersene necessaria la sostituzione, non potendo in conseguenza considerarsi il terreno edificabile (a differenza del “fabbricato” su di esso costruito che, in relazione al particolare utilizzo, può andare incontro a fenomeni di obsolescenza) bene suscettibile di ammortamento, come ripetutamente affermato da questa Corte, sia in materia di imposte dirette che in materia IVA con giurisprudenza ormai costante cui il Collegio intende conformarsi (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1404 del 22/01/2013 che distingue, ai fini della ammortizzabilità e del conseguente rimborso del credito IVA, il terreno di sedime “non soggetto a logorio fisico od economico” dal capannone industriale sullo stesso costruito; id. Sez. 5, Sentenza n. 9068 del 06/05/2015; id. Sez. 5, Sentenza n. 12924 del 24/05/2013 ed id. Sez. 5, Sentenza n. 16690 del 03/07/2013 che rilevano come i terreni su cui insistono gli impianti stradali di distribuzione carburante, pur essendo certamente beni strumentali all’esercizio della impresa, non sono considerati dal D.M. 31 dicembre 1988, beni suscettibili di deperimento e consumo dopo un certo numero di anni, sì da dover essere sostituiti quando non risultino più funzionali allo scopo per il quale sono stati acquistati).

La copiosa illustrazione degli argomenti svolti nel controricorso a sostegno della diversa tesi, incontra costantemente l’ostacolo della necessaria realizzazione del fabbricato come elemento determinante per l'”inizio del funzionamento” e quindi della connessa – eventuale – deperibilità del bene, suscettibile pertanto di ammortamento: ciò che viene ad essere ammortizzato è, infatti, il fabbricato non il terreno edificabile che, anche quando, per ipotesi, il fabbricato dovesse venire meno in conseguenza della demolizione per scelta della stessa società o della distruzione ad opera di eventi naturali, non perderebbe per ciò stesso le sue qualità edificatorie: il terreno per sua consistenza naturale di norma non è deperibile/consumabile; il bene potrà subire perdite di valore, dando luogo a svalutazioni, ma non potrà richiedere una sua sostituzione a causa del suo “logoramento”.

Il primo motivo del ricorso principale deve ritenersi, dunque, fondato e determina la cassazione della sentenza impugnata, rimanendo assorbito il secondo motivo con il quale le stesse argomentazioni vengono svolte dall’Agenzia fiscale sotto il diverso profilo del vizio motivazionale.

Venendo all’esame del ricorso incidentale condizionato proposto dalla società Fin Zeta s.r.l., lo stesso va ritenuto inammissibile.

Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato (violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per omessa pronuncia su eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dall’Ufficio in quanto sarebbero stati dedotti nuovi motivi concernenti la mancanza di elementi a riscontro della destinazione del terreno all’esercizio dell’attività d’impresa) deve ritenersi inammissibile in quanto, per un verso carente di interesse, avendo accolto nel merito la CTR la tesi, sostenuta dalla società, della strumentalità del terreno, con la conseguenza che l’accoglimento delle eccezione pregiudiziale di inammissibilità del motivo di gravame dell’Ufficio finanziario (concernente la “inerenza prospettica”) nessuna maggiore utilità potrebbe arrecare alla società resistente; per altro verso il motivo del ricorso incidentale è del tutto inidoneo ad investire la questione, che costituisce il nucleo della sentenza di appello, concernente i requisiti di ammortizzabilità del bene-terreno, essendo interamente rivolto ad un diverso profilo (inerenza della spesa relativa all’acquisto di un bene strumentale non immediatamente utilizzato nell’esercizio dell’attività economica) che rimane estraneo alla questione controversa: la prova della inerenza del costo di acquisto del terreno, costituisce infatti il necessario presupposto – riconosciuto dalla CTR – per poter esercitare la detrazione IVA o per potere chiedere il rimborso della imposta a credito, ma è del tutto irrilevante ai fini dell’accertamento delle caratteristiche fisico-economiche del bene in funzione dell’ammortamento.

Ad analoga pronuncia di inammissibilità va incontro anche il secondo motivo di ricorso incidentale condizionato (violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo omesso la CTR di rilevare la inammissibilità delle “nuove eccezioni” proposte per la prima volta con l’atto di appello dall’Ufficio e concernenti la mancanza di prova di destinazione produttivo del terreno in assenza di concessione edilizia), per le medesime ragioni esposte nell’esame del precedente motivo.

In conclusione il ricorso principale deve essere accolto, quanto al primo motivo (assorbito il secondo); il ricorso incidentale condizionato deve essere dichiarato inammissibile; la sentenza impugnata va cassata e, non occorrendo svolgere ulteriori accertamenti in fatto, la Corte può decidere la causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto del ricorso introduttivo. La soccombenza determina la condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, dovendo dichiararsi interamente compensate tra le parti le spese relative ai gradi merito.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il ricorso principale, quanto al primo motivo, dichiarando assorbito il secondo motivo; dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto da Fin Zeta s.r.l. che condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 15.000,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese relative ai gradi merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 settembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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