Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19471 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 08/07/2021), n.19471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18313-2020 proposto da:

S.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ASSUNTA FICO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2338/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 06/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

S.O., proveniente dal Bangladesh, ricorre per cassazione contro la sentenza della corte d’appello di Catanzaro che ne ha respinto il gravame in tema di protezione internazionale;

denunzia: (i) col primo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e 46, della Dir. 2013/32-CE, per avere la corte omesso di procedere all’audizione nonostante i dubbi avanzati a proposito della credibilità delle dichiarazioni rilasciate in sede amministrativa; (ii) col secondo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6,14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, a proposito del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria sotto il profilo del pericolo di danno grave, per l’impossibilità di ottenere tutela da parte degli organi dello Stato; (iii) col terzo motivo la violazione o falsa applicazione dell’art. 5 T.U. immigrazione, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, essendosi proceduto al diniego della protezione umanitaria senza svolgimento di un adeguato giudizio comparativo;

il Ministero dell’Interno ha depositato un semplice atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – il primo motivo è inammissibile;

questa Corte ha chiarito che nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente;

tale audizione può essere disposta se nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti), ovvero se il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente, e sempre che il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti; anche in tal caso peraltro l’audizione può esser negata se la domanda sia ritenuta manifestamente infondata o inammissibile (v. Cass. n. 21584-20, Cass. n. 22049-20, Cass. n. 25312-20);

nel caso concreto non risulta dal ricorso che sia stata chiesta l’audizione, né tantomeno sulla base di quali fatti specifici da approfondire;

II. – il secondo motivo è inammissibile poiché del tutto generico; non si comprende difatti a quale profilo di rischio sia stata associata la domanda di protezione sussidiaria e in quale modo la questione sia stata portata alla cognizione del giudice del gravame;

III. – il terzo motivo è inammissibile; la corte d’appello ha respinto la domanda di protezione umanitaria affermando che nessuna prova era stata fornita a proposito dell’inserimento lavorativo dell’impugnante nel tessuto italiano a fronte del mantenimento di una rete familiare in Bangladesh;

da questo punto di vista la corte territoriale ha sottolineato che lo stesso reclamante aveva riferito che la famiglia era sempre proprietaria di un terreno, seppure oggetto di disputa coi vicini;

ne ha tratto la non implausibile conseguenza che esisteva nel paese di origine del richiedente una concreta possibilità di mettere a frutto risorse personali e familiari; in sostanza la corte d’appello ha adempiuto al principio che, per il riconoscimento della protezione umanitaria, richiede una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (v. Cass. Sez. U n. 29459-19); e di tale motivata valutazione il ricorrente intende surrettiziamente sovvertire l’esito;

IV. – l’atto di costituzione dell’avvocatura dello Stato non costituisce controricorso, per cui non devesi provvedere sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

 

 

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