Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1947 del 27/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 27/01/2011, (ud. 20/12/2010, dep. 27/01/2011), n.1947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

172, presso lo studio dell’avvocato PANICI PIER LUIGI, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ESSO ITALIANA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA VENEZIA 11, presso

lo studio dell’avvocato COVONE FRANCESCA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CRISTINA PAGNI, giusta procura

speciale atto notar MARIA CHIARA BRUNO di Roma del 30/11/10, rep.

23697, e dagli avv.ti Zanchini Paolo e Agostino Capizzi che la rappr.

e difendono giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8190/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/02/2007, r.g.n. 2330/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato PANICI PIER LUIGI;

udito l’Avvocato COVONE FRANCESCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Roma, confermando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda proposta da C.G. d’impugnativa del licenziamento disciplinare intimatogli, con lettera del 26 giugno 2003, dalla società Esso Italiana per aver versato quattro assegni, consegnatigli da un gestore di una stazione del servizio Esso, a fronte di pagamenti di carburanti e lubrificanti, su conti estranei alla società.

La predetta Corte, premesso che il lavoratore aveva dedotto quale causa di nullità del licenziamento unicamente la sua mancata audizione in sede di procedimento disciplinare, rilevava che la società aveva allegato, sin dal primo grado, che la difesa del ricorrente si era già articolatamente svolta attraverso le giustificazioni scritte. Riteneva,poi, la Corte territoriale, richiamando la sentenza n. 4187 del 2002 di questa Corte, che la risposta scritta alla contestazione disciplinare forniva già tutti gli elementi oggettivamente rilevanti con la conseguenza che, in difetto di precisazioni circa le ulteriori concrete esigenze difensive, doveva affermarsi la legittimità del licenziamento.

Avverso questa sentenza il C. ricorre in cassazione sulla base di tre censure, precisate da memoria.

Resiste con controricorso la società intimata che deposita memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudizialmente va rigettata l’eccezione d’inammissibilità, sollevata da parte resistente, per mancata esposizione dei fatti di causa nel ricorso.

Invero, la lettura complessiva dell’atto d’impugnazione consente, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (cfr.

per tutte Cass. 11653/06).

Analogamente va respinta l’ulteriore eccezione di violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, avendo il ricorrente proceduto alla specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda.

Con il primo motivo del ricorso il C. denunciando nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 115, 416 c.p.c. e art. 2697 c.c., articola, ex art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito di diritto “se il Giudice può pronunciarsi d’ufficio su eccezioni e allegazioni in fatto che la parte non ha proposto o dedotto nel giudizio”. Allega che la Corte del merito avrebbe posto a base della decisione la esaustività della difesa scritta che non sarebbe stata dedotta dalla società.

Con la seconda censura il C. denuncia vizio di motivazione in punto di ritenuta esaustività della difesa scritta. Allega che dagli atti del giudizio non emerge siffatta esaustività.

Con il terzo motivo il ricorrente deducendo violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, formula il seguente quesito di diritto: “se nel procedimento L. n. 300 del 1970, ex art. 7, la richiesta del lavoratore di essere sentito a voce a sua difesa, formulata tempestivamente e senza specificazione dei motivi di richiesta, comporta il dovere del datore di lavoro di dar corso all’audizione del dipendente incolpato”; “se il colloquio tra un dipendente ed il suo superiore gerarchico avvenuto prima della contestazione di addebito e al di fuori della procedura disciplinare può legittimare il datore di lavoro a negare la audizione orale richiesta dal dipendente incolpato”.

L’esame della terza censura, che va accolta nel senso di seguito indicato, è pregiudiziale.

La più recente giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio in questa sede intende riaffermare, ha sancito che il datore di lavoro il quale intenda adottare una sanzione disciplinare nei confronti del dipendente non può omettere l’audizione del lavoratore incolpato che ne abbia fatto espressa ed inequivocabile richiesta contestualmente alla comunicazione nel termine di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, comma 5, – di giustificazioni scritte, anche se queste appaiano già di per sè ampie ed esaustive (Cass. 22 marzo 2010 n. 4865, Cass. 11 marzo 2010 n. 5864 e Cass. 6 luglio 1999, n. 7006).

Non ritiene, quindi, il Collegio di aderire al diverso orientamento, secondo il quale il datore di lavoro è obbligato a dar seguito alla richiesta di audizione ex art. 7 citato solo allorquando la stessa risponda ad effettive esigenze di difesa non altrimenti tutelabili e non quando, invece, la richiesta appaia dettata da fini meramente dilatori o sia stata avanzata in modo equivoco, generico o immotivato ovvero emerga, anche in base alla condotta tenuta dal lavoratore, che la sua difesa si è già esercitata esaustivamente attraverso giustificazioni scritte non suscettibili, per la loro compiutezza, di essere completate o solo convalidate da nuove e significative circostanze (Cass. 23 marzo 2002 n. 4187 e Cass. 13 gennaio 2005, n. 488).

Introdurre, invero, una non prevista limitazione al diritto di difesa del lavoratore, il quale nel richiedere l’audizione evidentemente ritiene le giustificazioni scritte non esaustive e destinate ad integrarsi con le stesse, significherebbe, ledere il principio del contraddittorio, che permea tutto il procedimento disciplinare previsto dalla L. n. 300 del 1970, art. 7 ed attribuire al datore di lavoro un sindacato – relativo all’esaustività o meno della difesa scritta – difficilmente conciliabile con il suo ruolo di parte non terza dando luogo, tra l’altro,nel concreto, a non poche incertezze.

Corollario del principio in questa sede ribadito, è che non occorre, ai fini dell’audizione, la precisazione da parte del lavoratore, in sede di richiesta, delle ragioni della ritenuta esigenza di completamento, attraverso deduzioni orali, delle proprie difese.

E’ errata in diritto, pertanto, la sentenza della Corte di Appello secondo la quale il datore di lavoro non era tenuto a sentire oralmente il lavoratore in quanto le difese scritte di quest’ultimo si erano rivelate esaustive, nè il lavoratore aveva mai precisato quali fossero le concrete esigenze difensive che intendeva tutelare attraverso la richiesta di essere sentito anche oralmente.

L’esame delle altre censure rimane assorbito.

In conclusione il terzo motivo va accolto, i primi due vanno dichiarati assorbiti, e conseguentemente la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione che si atterrà al seguente principio di diritto: il datore di lavoro il quale intenda adottare una sanzione disciplinare nei confronti del dipendente non può omettere l’audizione del lavoratore incolpato che ne abbia fatto espressa ed inequivocabile richiesta contestualmente alla comunicazione – nel termine di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, comma 5, – di giustificazioni scritte, anche se queste appaiano già di per sè ampie ed esaustive e senza che occorra, nella richiesta di audizione, la specificazione delle relative ragioni di completamento della difesa.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, dichiara assorbito il primo ed il secondo motivo, cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2011

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