Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19466 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. I, 18/07/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 18/07/2019), n.19466

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21334/2014 proposto da:

I.S., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in Roma,

Viale Regina Margherita, 239 presso lo studio dell’avvocato Eugenio

Antonino Benvegna e rappresentati e difesi dagli avvocati Leopoldo

Antonino D’Amico e Eugenio Antonino Benvegna che li rappresentano e

difendono, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

Comune di Furnari, in persona del Sindaco in carica;

– intimato –

avverso la sentenza n. 447/2013 della Corte di appello di Messina,

depositata il 11/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/05/2019 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I.S., + ALTRI OMESSI, ricorrono in cassazione con unico articolato motivo avverso la sentenza in epigrafe indicata, con cui la Corte di appello di Messina, decidendo il giudizio dinnanzi alla stessa riassunto su declaratoria di incompetenza per materia, in parte qua, del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, determinava l’indennità per l’occupazione legittima del terreno sito in (OMISSIS), da parte del Comune di Furnari in Euro 4.382,60, pari ad Euro 9,30 al mq, oltre interessi legali dalla scadenza di ciascun anno di occupazione sino al soddisfo.

L’occupazione dell’area in questione era finalizzata alla realizzazione dei lavori relativi al Piano Particolareggiato di Recupero Urbanistico della C/Siena-Feliciotto, I Stralcio, il cui progetto era stato approvato con provvedimento della Giunta Municipale n. 16 del 5.2.1991 che ne aveva dichiarato l’indifferibilità e l’urgenza.

Il Comune di Furnari, intimato, non si è costituito.

I ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il proposto articolato motivo i ricorrenti denunciano l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e l’errore e la violazione delle norme di diritto applicabili in cui sarebbe incorsa l’impugnata sentenza (artt. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).

I giudici di appello avrebbero omesso di esaminare l’evidenza fattuale per la quale, costituendo il terreno occupato la corte, e quindi la pertinenza di un fabbricato avente le caratteristiche di una villa, l’area ablata non potesse qualificarsi, come invece avvenuto, come terreno agricolo.

I giudici territoriali avrebbero posto a sostegno della propria decisione gli esiti della c.t.u. disposta nel giudizio introdotto dagli istanti dinanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto anche per il risarcimento del danno da occupazione illegittima – giudizio da cui era originato per traslazione, previa declaratoria di incompetenza per materia del primo giudice, il presente processo sulla determinazione dell’indennità da occupazione legittima – così mancando di fare applicazione del criterio del valore venale.

La Corte di merito, nel qualificare come agricolo e non edificabile il terreno, che ricadeva al momento della immissione in possesso in parte in zona omogenea agricola ed in parte in area di rispetto del Programma di fabbricazione, non si sarebbe avveduta della genericità ed inconcludenza delle valutazioni condotte sul punto dalla c.t. u.

Il nominato tecnico, omettendo ogni valutazione del rapporto di stretta connessione e/o identità intercorrente tra il terreno cortilizio occupato e la villa cui il primo accedeva, non avrebbe adottato un criterio sintetico-comparativo di stima e, obliterando i rilievi di parte, non avrebbe analizzato la documentazione prodotta in lite, consistente in rogiti notarili e relazioni di consulenze tecniche di ufficio rese nei distinti giudizi intrapresi da proprietari di terreni limitrofi, interessati dalla medesima opera pubblica e dal procedimento di esproprio, in tal modo giungendo ad una stima secondo V.A.M. che mal intesa dai giudici di appello avrebbe condotto costoro nella errata applicazione dell’art. 37, commi 1 e 2 T.U. esproprio, dichiarati costituzionalmente illegittimi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 181 del 2011.

Il nominato tecnico nel procedere alla stima dell’indennità aveva infatti espressamente richiamato i valori agricoli medi “per ettaro e tipo di coltura compresi nella regione agraria, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia e relativi al periodo 1993/1998” senza alcun riferimento al valore che il fondo avrebbe avuto secondo la libera contrattazione, come invece avvenuto in altra c.t.u. disposta in distinto giudizio e che pure era stata prodotta agli atti di lite.

3. Nello scrutinio del proposto motivo si tratta in questa sede di considerarne la tecnica di stesura ed il suo raffrontarsi con la motivazione impugnata.

La Corte di appello ha recepito le conclusioni della c.t.u. ritenendo, erroneamente secondo quanto dedotto nel proposto ricorso, che con le stesse il nominato tecnico avesse applicato il valore di mercato al terreno cortilizio, oggetto di occupazione legittima, là dove invece, si deduce ancora in ricorso, quella consulenza, ignorando la declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 181 del 2011, avrebbe fatto applicazione dei Valori Agricoli Medi (V.A.M.).

Viene sul punto inserito in ricorso uno stralcio della c.t.u. in cui si fa espresso riferimento ai V.A.M. pubblicati nella 9 Regione agraria siciliana nel periodo 1993-1998 la cui stretta applicazione riscontra la quantificazione, pari ad Euro 4.341,94, denunciata dagli istanti come irrisoria e come tale contestata.

Il motivo si espone ad una stima di infondatezza e finanche di inammissibilità per plurime ragioni.

3.1. La motivazione impugnata per le dispiegate ragioni giunge a condividere la valutazione della c.t.u., qualificata come “compiuta” e “corretta”, che era stata disposta nel separato giudizio risarcitorio attraverso articolati argomenti che, come tali, non vengono efficacemente raggiunti da critica.

Nell’impugnata sentenza i contenuti della relazione tecnica sono valorizzati attraverso gli esiti di documentazione acquisita presso i pubblici uffici dal nominato tecnico o comunque proveniente dalle parti e relativa a terreni limitrofi a quelli dei ricorrenti che sono stati interessati dalla medesima procedura ablatoria e, ancora, in ragione di una riconvocazione a chiarimenti del primo.

La Corte di merito ha poi provveduto ad acquisire anche le sentenze adottate nel giudizio risarcitorio, nelle cui condivise ragioni la prima perviene alla medesime conclusioni di stima.

Il motivo non dialoga con gli indicati contenuti e si mostra come tale generico e non concludente là dove denuncia la mancanza in motivazione di un’attenta indagine e si offre ad una ulteriore valutazione di inammissibilità perchè per la critica dedotta invoca impropriamente l’esercizio da parte di questa Corte di legittimità di un sindacato nel merito.

3.2. In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11/01/2016 n. 195; Cass. 14/01/2019 n. 640).

3.3. Quanto all’ulteriore profilo del vizio di motivazione, nella premessa che a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” che, a rilievo costituzionale (art. 111 Cost., comma 6), si converte in una ragione di nullità processuale della sentenza ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, denunciabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nel resto il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018 n. 22598).

Pertanto, la dedotta errata valutazione in sentenza degli esiti di una c.t.u., apprezzati nell’impugnata motivazione nell’ambito di una più articolata e convergente lettura di evidenze in fatto, non vale ad integrare il dedotto vizio, ma sollecita piuttosto in sede di legittimità, in quanto portatore di una composizione delle evidenze in fatto alternativa a quella operata in sentenza, un impraticabile sindacato di merito.

Il mancato esame delle risultanze della ctu e non il diverso esame integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (arg. ex Cass. 31/05/2018 n. 13770).

3.4. Il motivo si presta altresì ad una valutazione di non autosufficienza.

Nella parte in cui i ricorrenti contestano che, di contro a quanto ritenuto dalla Corte di appello di Messina, l’ingegner Gambadauro, nominato c.t.u. nel coevo giudizio di danno da occupazione illegittima introdotto dai ricorrenti dinanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, e, in appello, dinanzi alla Corte territoriale di Messina, non abbia preso in considerazione il valore “venale-agricolo” del terreno secondo stima sintetico-comparativa, ma quello, illegittimo, “agricolo medio”, caducato con la sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011, nel rilievo che anche per i suoli agricoli o non edificabili sussiste l’esigenza che l’indennità si ponga “in rapporto ragionevole con il valore del bene”.

Per siffatto profilo i ricorrenti, pur denunciando che la Corte di appello non avrebbe recepito le eccezioni sollevate e “tutta la documentazione prodotta a sostegno sia in allegato all’atto di appello che depositata all’udienza del 1.12.2016”, non danno conto nel giudizio di legittimità di aver portato siffatta deduzione dinanzi al giudice territoriale.

La Corte di merito rileva invero una situazione ante acta non contestata in quella sede, ragione per la quale, conseguentemente, non menziona deduzioni difensive di contrasto a cui dover dare risposta nel momento in cui aderisce alle conclusioni del distinto giudizio risarcitorio e della c.t.u. ivi espletata.

4. Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla sulle spese per non avere l’Amministrazione intimata articolato difese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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