Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19463 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. I, 18/07/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 18/07/2019), n.19463

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7793/2014 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Adriana 15

presso lo studio dell’avvocato Panini Alberigo che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Maniglia Giuseppe;

– ricorrente –

contro

Provincia di Monza e della Brianza, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Di Porta Pinciana 6

presso lo studio dell’avvocato D’Amelio Piero che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati Baviera Elisabetta e Fiori Luciano;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3609/2013 della CORTE D’APPELLO di Milano,

depositata il 03/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/04/2019 dal Consigliere Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 3609/2013 pubblicata il 3-10-2013, la Corte d’Appello di Milano, pronunciando in unico grado, ha rigettato l’opposizione alla stima proposta da B.A. avverso la redazione di stima per la determinazione dell’indennità di espropriazione predisposta dal Collegio tecnico in data 26-3-2010 ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 21. La Corte d’appello, all’esito dell’espletamento di CTU, ha accertato la non edificabilità dell’area, alla data di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, non potendosi dare rilievo alle modifiche di natura urbanistica avvenute successivamente all’approvazione del progetto espropriativo, atteso che solo quest’ultimo attribuiva capacità edificatoria al bene ablato, trasformando un’area classificata come agricola secondo il PRG vigente 2005/2007 (mappale (OMISSIS)) in “area per la localizzazione di attrezzature pubbliche d’interesse sovra comunale”, con destinazione finalizzata a realizzare un nuovo centro scolastico nel Comune di Arcore. La Corte territoriale ha ritenuto il terreno privo di edificabilità legale in quanto l’area era stata sottoposta a un provvedimento preclusivo del rilascio di atti abilitativi della realizzazione di edifici o manufatti di natura privata. La modifica della destinazione urbanistica era avvenuta intervenuta pochi mesi prima dell’atto espropriativo esclusivamente per gli scopi di pubblica utilità indicati nell’atto espropriativo, come previsto nella L.R. Lombardia n. 12 del 2005, art. 25. I Giudici d’appello hanno respinto la domanda di B.A., accertando nell’importo di Euro 895.080,00, pari a quello dell’indennità già liquidata e depositata, il valore dell’immobile, parametrato, in base a quanto previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40 per le aree non edificabili coltivate, secondo i prezzi di mercato delle aree agricole omogenee o similari a quella oggetto di esproprio, tenendo conto anche della natura parziale di detto esproprio, con il consequenziale diritto a un ulteriore importo conseguente al deprezzamento del sedime reliquato.

2. Avverso questa sentenza, B.A. propone ricorso, affidato a quattro motivi, resistito con controricorso dalla Provincia di Monza e della Brianza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta omessa pronuncia in ordine alla domanda di quantificazione dell’indennità da parte del giudice adito. Deduce di aver proposto anche detta domanda e che la Corte territoriale non si era pronunciata sulla stessa, statuendone solo il rigetto.

1.1. Il motivo è infondato.

La Corte territoriale, nel ritenere privi di fondamento tutti i motivi di opposizione alla stima formulati dall’espropriato e nel ritenere, di conseguenza, corretta la determinazione dell’indennità di espropriazione effettuata dal Collegio tecnico in data 26-3-2010 ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 21 e già depositata, ha rigettato la domanda di quantificazione della suddetta indennità, come peraltro dà atto lo stesso ricorrente. Non ricorre, pertanto, il denunciato vizio di omessa pronuncia.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’attestazione della non edificabilità del mappale (OMISSIS). Ad avviso del ricorrente la Corte territoriale in modo contraddittorio prima ha affermato la necessità di fare riferimento alla situazione antecedente al vincolo preordinato all’esproprio, costituito dalla variante di modifica della destinazionè urbanistica dell’area esproprianda, e dopo ha asserito che la carenza di edificabilità legale è da ricondursi al ” provvedimento che ha precluso il rilascio di atti abilitativi della realizzazione di edifici o manufatti di natura privata, incardinandosi nella destinazione urbanistica indicata nella modifica”. Non è quindi dato comprendere, secondo il ricorrente, se la Corte d’appello abbia fatto riferimento alla classificazione di destinazione urbanistica preesistente all’adozione della variante al PRG o abbia tenuto conto anche di detta variante del settembre 2007, che in ogni caso ha qualificato come vincolo preordinato all’esproprio.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte “In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia”(Cass. S.U. n. 8053/2014 e tra le tante da ultimo Cass. n. 22598/2018).

Premesso che nella fattispecie in esame trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come novellato nel 2012 – la sentenza impugnata è stata depositata il 3-10-2013 -, la censura è inammissibile in quanto formulata secondo il paradigma previgente del vizio motivazionale. Detto vizio, in ogni caso, non è ravvisabile nella specie, anche alla stregua della disciplina sopravvenuta, quale “manifesta ed irriducibile contraddittorietà”. La Corte d’appello, con adeguata motivazione, ha considerato, ai fini della classificazione urbanistica del bene ablato, la destinazione precedente all’apposizione del vincolo destinato all’espropriazione e all’approvazione del progetto espropriativo. Ha quindi affermato la non edificabilità del mappale (OMISSIS), rilevando che le modifiche di natura urbanistica (Delib. Comune di Arcore di adozione variante 10 settembre 2007, approvata definitivamente nel novembre 2007, qualificata come vincolo espropriativo) erano finalizzate all’approvazione del progetto espropriativo e perciò avevano trasformato un’area classificata come agricola secondo il PRG vigente 2005/2007 (mappale (OMISSIS)) in “area per la localizzazione di attrezzature pubbliche d’interesse sovra comunale”, con destinazione finalizzata a realizzare un nuovo centro scolastico nel Comune di Arcore.

3. Con il terzo motivo denuncia “Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32,37 e 40”. Assume il ricorrente che la Corte d’appello abbia errato nel classificare come vincolo preordinato all’esproprio e non come vincolo conformativo l’adozione della variante urbanistica finalizzata alla localizzazione dell’area destinata ad ospitare un nuovo centro scolastico superiore, trattandosi di qualificazione come area standard e non potendosi applicare l’art. 32 T.U.E.. Deduce che il vincolo preordinato all’esproprio deve essere adottato nel lasso temporale che va dalla dichiarazione di pubblica utilità sino all’emanazione del decreto di esproprio ed invece nel caso di specie la qualificazione dell’area come standard era stata statuita nel novembre 2007, mentre la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera risaliva al 21-7-2008.

Nella fattispecie avrebbe dovuto applicarsi l’art. 37, considerando anche gli effetti del vincolo preordinato all’esproprio già costituito, nonchè tenendo conto delle oggettive e intrinseche caratteristiche e attitudini dell’area, sicchè avrebbe dovuto determinarsi un valore intermedio tra agricolo ed edificatorio, che è quello previsto per l’appunto per le aree a standard a servizio degli insediamenti residenziali.

3.1. Il motivo è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che “La distinzione tra vincoli conformativi ed espropriativi cui possono essere assoggettati i suoli, non dipende dal fatto che siano imposti mediante una determinata categoria di strumenti urbanistici, piuttosto che di un’altra, ma deve essere operata in relazione alla finalità perseguita in concreto dell’atto di pianificazione: ove mediante lo stesso si provveda ad una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, il vincolo ha carattere conformativo, mentre, ove si imponga solo un vincolo particolare, incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un’opera pubblica, lo stesso deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione e da esso deve, pertanto, prescindersi nella qualificazione dell’area, e ciò in quanto la realizzazione dell’opera è consentita soltanto su suoli cui lo strumento urbanistico ha impresso la correlativa specifica destinazione, cosicchè, ove l’area su cui l’opera sia stata in tal modo localizzata abbia destinazione diversa o agricola, se ne impone sempre la preventiva modifica” (Cass. n. 16084/2018).

La Corte territoriale, facendo corretta applicazione dei suesposti principi, ha ritenuto che il vincolo apposto con la variante del 2007 fosse preordinato all’esproprio, non conformativo, in quanto finalizzato alla realizzazione di una specifica opera pubblica (centro scolastico) sul suolo espropriato. In conformità a quanto accertato mediante la consulenza tecnica d’ufficio, la Corte d’appello ha rilevato che la variante del 2007 era stata disposta per localizzare le aree su cui realizzare il nuovo centro scolastico superiore, mentre prima della modifica di cui alla detta variante la zona era agricola E, come da certificato destinazione urbanistica.

4. Con il quarto motivo lamenta “Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32,37 e 40 in riferimento al disposto di cui all’art. 40 del PRG relativamente alla natura non edificabile dell’area”.

Il ricorrente contesta la congruità del valore dell’indennità che gli era stata offerta ed evidenzia che, qualora dovesse ritenersi di non tener conto dell’ultima destinazione a standard e di fare riferimento alla classificazione preesistente (zona agricola E), detta classificazione non comporterebbe in ogni caso l’inedificabilità assoluta, stante la possibilità edificatoria consentita dall’art. 40 PRG, variato nel luglio 2007, ed essendo la presenza di edifici compatibile con l’uso agricolo.

4.1. Il motivo è inammissibile.

La Corte territoriale ha determinato il valore venale dell’area coltivata non edificabile oggetto di esproprio mediante il metodo sintetico comparativo, ossia in base ai prezzi di mercato di aree agricole omogenee o similari, e, in conformità alle conclusioni della CTU, ha riconosciuto un ulteriore importo conseguente al deprezzamento del sedime reliquato, considerata la natura parziale dell’esproprio.

La valutazione sulla congruità del valore del bene ablato, nella specie adeguatamente motivata, è espressione di un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità, mentre la censura di cui si sta trattando si risolve nell’impropria richiesta di una revisione della stima di mercato dei beni e, quindi, di un nuovo giudizio di merito. Invece il controllo di legittimità non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, nè costituisce occasione per accedere ad un terzo grado ove fare valere la ritenuta ingiustizia della decisione impugnata (Cass., sez. un., n. 8053/2014, n. 7931/2013).

5. Alla stregua delle considerazioni espresse nei paragrafi che precedono, il ricorso è rigettato.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

7. Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro10.200,00, di cui Euro200 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Dichiara che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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