Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1946 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 1946 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA
sul ricorso 24267-2007 proposto da:
GALLINELLA ANTONIO GLLNTN45B11D077J, CAROTI RINA
CRTRNI47A61A390R, RISTORANTE BIBO’ S.n.c., C.F.
01352220485, in persona del suo legale rappresentante
Signor ANTONIO GALLINELLA, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio

2013
2144

dell’avvocato BOGGIA MASSIMO, rappresentati e difesi
dall’avvocato PAOLI MARIA CRISTINA;
– ricorrenti contro

D’ALESSANDRO GUIDO, DLSGDU27D01G273D, elettivamente

Data pubblicazione: 29/01/2014

domiciliato in ROMA, VIA DI MONTE FIORE 22, presso lo
studio dell’avvocato GATTAMELATA STEFANO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato SALESIA
FRANCESCO;
– controricorrente e contro

i signori DANY D’ALESSANDRO, DAVIDE D’ALESSANDRO e
DALES D’ALESSANDRO, intervenuti con procura speciale a
margine dell’atto di intervento depositato nella
Cancelleria della Seconda Sezione civile il
18.10.2013, rappresentati e difesi dall’avvocato
SALESIA FRANCESCO e domiciliati presso lo studio
dell’avvocato GATTAMELATA STEFANO;
avverso la sentenza n. 291/2007 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 22/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/10/2013 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito l’Avvocato RENZO CUOMO con delega dell’avvocato
STEFANO GATTAMELATA, difensore del resistente che si
riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di,i

Svolgimento del processo

Il commercialista Guido D’Alessandro 20/id.o otteneva dal presidente
del tribunale di Firenze ingiunzione, per circa 12 milioni di
lire, relativa a residuo corrispettivo di prestazioni

L’opposizione degli odierni tre ricorrenti (Antonio Gallinella,
Rina Caroti e il Ristorante Bibò snc) veniva respinta nel 2002 dal
tribunale gigliato, che accertava che il documento costituente
riconoscimento di debito era stato sottoscritto da Antonio
Gallinella.
La Corte d’appello di Firenze con sentenza 22 febbraio 2007,
notificata il 5 giugno successivo, rigettava il gravame, negando
l’ammissibilità della querela di falso e del giuramento decisorio
proposti da parte appellante nel tentativo togliere valore alla
scrittura decisiva.
I debitori ingiunti hanno proposto ricorso per cassazione,
notificato il 18 settembre 2007
Il D’Alessandro ha resistito con controricorso.
In vista dell’odierna udienza, precisamente in data 18 ottobre
2013, Dany, David e Dales D’Alessandro, assistiti dal medesimo
difensore, hanno depositato atto di intervento, notificato alla
controparte, dichiarandosi figli ed eredi del controricorrente e
facendone propria la posizione processuale.
Motivi della decisione
2) Preliminarmente va dato atto che non si può tener conto

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professionali rese tra il gennaio 1987 e il marzo 1989.

dell’intervento dei sedicenti eredi D’Alessandro, poiché, a
példitjA nifirt
prescindere dal rilievo;rformulato dal procuratore generale, circa
la mancanza di documentazione della loro qualità di eredi (Cass.
1943/11) del controricorrente costituito, è viziata la procura
rilasciata al loro difensore a margine dell’atto di intervento.

secondo le norme che regolano ratione temporis questo processo, né
può dirsi che vi sia stata sanatoria perchè il ricorrente non ha
formulato eccezioni (Cass. SU 9692/13). Va infatti rilevato che la
difesa degli “interventori” non ha prodotto avviso di ricevimento
dell’avvenuta notifica dell’atto di intervento al difensore di
parte ricorrente, assente in udienza.
3) Con il primo motivo i ricorrenti violazione e falsa
applicazione dell’art.221 cpc
La Corte d’appello ha negato l’ammissibilità della querela di
falso della scrittura a firma di A. Gallinella, assumendo che non
era stata offerta prova per giustificare l’asserita disponibilità
da parte del commercialista D’alessandro di un certo numero di
fogli firmati in bianco, asseritamente riempiti absque pactis.
Il motivo espone che non rientra tra gli oneri del proponente la
querela allegare specifiche giustificazioni in ordine alla
detenzione della scrittura firmata in bianco, essendo sufficiente
provare: a) che la firma sia stata apposta su foglio non ancora
riempito; b) che il riempimento sia avvenuto absque pactis.
3.1) La censura è infondata.

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O

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Non è stata a tal fine esibita la procura notarile, necessaria

Il principio ricordato da parte ricorrente (lo si legge massimato
in Cass. 3155/04)

implica infatti la prova che la parte sospettata

della falsificazione possa aver avuto la disponibilità di un
foglio firmato in bianco da riempire, essendo altrimenti

La prova di tale circostanza non è stata giudicata sussistente
dalla Corte di appello, che ha formulato due rilievi: a) l’intima
contraddizione (cfr § 2 della motivazione) tra il proporre querela
di falso per abusivo riempimento della scrittura formata e il
disconoscimento della autenticità della firma stessa.
b) l’apoditticità dell’affermazione secondo cui il D’Alessandro
aveva disponibilità di un certo numero di fogli firmati in bianco,
circostanza evidentemente non risultante da testimonianze o altra
documentazione che lo comprovasse.
Parte ricorrente avrebbe forse potuto censurare per vizio di
motivazione la parte della sentenza che negava la disponibilità di
foglio firmato in bianco, ma tale censura, evidentemente per
mancanza di risultanze probatorie favorevoli, non è stata
articolata.
3) Il secondo motivo di ricorso lamenta la mancata ammissione del
giuramento decisorio deferito in via subordinata.
Il rigetto del mezzo di prova è avvenuto sulla base di due
rationes decidendi, puntualmente attaccate.
E’

sufficiente, come si vedrà, l’esame di una di esse (Cass.

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Vif

5

impossibile la condotta che le è rimproverata.

3386/11).
3.1) La tesi della Corte di appello è che al giurante non può
essere chiesto di ammettere di aver commesso un atto illecito,
quale il riempimento di un foglio in bianco, perché si violerebbe

giuramento “sopra un fatto illecito”.
Parte ricorrente deduce che non vi sarebbe illiceità del fatto su
cui dovrebbe giurare il delato, perché il profilo di illiceità
riguarderebbe solo le “conseguenze desumibili dal suddetti fatti,
rappresentate dall’abuso di fiducia commesso dal dott.
D’Alessandro per effetto del riempimento, absque pactis, del
foglio firmato in bianco” (così il ricorso a pag. 10).
La censura è manifestamente infondata.
L’art. 486 cod. pen., evocato in sentenza, sotto la rubrica
«Falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato.» recita:
<>.
La norma punisce proprio la condotta di chi agisce come descritto
nella formula del giuramento che parte ricorrente ha riassunto a

percezione di compensi professionali contestati.
Dunque l’apprezzamento del giudice di merito, secondo il quale il
giuramento mirava alla ammissione da parte del giurante di aver
commesso un illecito, era giuridicamente corretto e logicamente
ineccepibile.
Va pertanto confermato il principio di diritto già enunciato da
Cass. 1718 del 1968: “E’ inammissibile,in quanto verte su fatto
illecito, il giuramento decisorio deferito al fine di dimostrare
l’abuso del foglio firmato in bianco, previsto e punito dall’art.
486 cod. pen.”
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna
alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in
relazione al valore della controversia, in favore della parte
intimata costituitasi.
PQM

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione al controricorrente delle
spese di lite, liquidate in euro 3.000 per compenso, 200 per
esborsi, oltre accessori di legge.
– Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della seconda

. pag. 10 nei termini sopra riportati, condotta che conduceva alla

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