Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19459 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19459 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 8770-2017 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F.97103880585, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROM_A,
VIALE EUROPA 175, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO
SEBASTIAN° CAMPISI, rappresentata e difesa dall’avvocato
SERGIO GALASSI;
– ricorrente –

contro
RAFFA131-1 -,
– intimata avverso la sentenza n. 348/2016 della CORTE D’APPELLO di
ANCONA, depositata il 11/10/2016;

Data pubblicazione: 20/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 07/06/2018 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES.

RILEVATO

proposta da Raffaella Moretti avverso il decreto ingiuntivo concesso a
Poste Italiane per la somma di euro 21.688,54, lo revocava e
condannava la Moretti al pagamento di dna minor somma
sull’assunto che la differenza dovuta nel pagamento tra quanto
corrisposto alla lavoratrice in adempimento di una sentenza di
condanna al risarcimento del danno per illegittima apposizione del
termine al contratto di lavoro a tempo determinato intercorso tra le
parti e quanto statuito dalla Corte di Appello – che aveva riformato
in parte la pronuncia del primo giudice stabilendo che l’indennità
risarcitoria doveva essere determinata ai sensi dell’art. 32 della I. n.
183/2010 – doveva determinarsi al netto e non al lordo delle
ritenute fiscali;
che tale decisione veniva in parte riformata dalla Corte di Appello di
Ancona, con sentenza dell’Il ottobre 2016, che condannava la
Moretti al pagamento in favore della società della somma di euro
15.349,31 oltre interessi legali fino al soddisfo;
che, ad avviso della Corte territoriale, la richiesta di restituzione
non poteva che essere limitata alle somme effettivamente percepite
dalla lavoratrice, salvi i rapporti con il Fisco del datore di lavoro con
In precisazione che , per quanto concerneva l’indennità risaccitoria Un
sottrarre rispetto alle somme versate al netto, occorreva considerare
l’entità della stessa anch’essa al netto e non al lordo come
erroneamente fatto dal Tribunale;
che per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso Poste
Italiane s.p.a. affidato a tre motivi;
che la Moretti è rimasta intimata;

Ric. 2017 n. 08770 sez. ML – ud. 07-06-2018
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che il Tribunale di Ancona, in parziale accoglimento dell’opposizione

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

CONSIDERATO
che, con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa

correlazione alle circolari e risoluzione dell’Amministrazione
finanziaria ( in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc.
civ.) non potendo il datore di lavoro chiedere il rimborso delle
somme versate all’Erario se non nelle ipotesi tassative previste
dall’art. 38 (errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o
parziale del’obbligo di versamento) tra cui non rientrava la
fattispecie in esame; con il secondo motivo viene dedotta violazione
e falsa applicazione dell’art. 10, primo comma, lett. D bis d.P.R. 22
dicembre 1986 n. 917 ( in relazione all’art. 360, primo comma, n.3,
cod. proc., civ.) evidenziando che la società era solo sostituto
d’imposta ragion per cui le era preclusa la domanda di rimborso
essendo il lavoratore unico legittimato a proporla e che il recupero,
da parte dell’ente erogatore, avrebbe dovuto essere effettuato al
lordo delle imposte come da Risoluzioni nn. 326/1997, 110/2005 e
71/2008 dell’Agenzia delle Entrate; con il terzo motivo denuncia
violazione e falsa applicazione dell’art. 21 della d.Lgs. n. 546/1992 (
in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) non
potendo trovare applicazione detta norma al sostituto d’imposta
ragion per cui gravava sul dipendente l’obbligo di restituire a Poste
Italiane la somma al “lordo” salvo ad agire egli stesso per la
ripetizione dell’importo delle somme direttamente nei confronti
dell’Erario, ovvero avvalendosi dell’art. 10, primo comma, lett. D bis
del d.P.R. n. 917/1986 cit. ;

che i motivi di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto
logicamente connessi, sono infondati alla luce degli orientamenti di
questa Corte cui si ritiene di dare continuità secondo cui: a) in tema
di rimborso delle imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 38 DPR n.
Ric. 2017 n. 08770 sez. ML – ud. 07-06-2018
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applicazione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973 n.602 in

602/1973, sono legittimati a richiedere alla Amministrazione
finanziaria il rimborso delle somme non dovute e ad impugnare
l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha
effettuato il versamento (cd. “sostituto di imposta”) sia il percipiente
delle somme assoggettate a ritenuta (cd. “sostituito”) (Cass. 29
luglio 2015 n. 16105 ed i riferimenti giurisprudenziali ivi contenuti);

delle ritenute fiscali, allorché le stesse non siano mai entrate nella
sfera patrimoniale del dipendente (cfr. Cass. 29 gennaio 2018 n.
2135; Cass. 2.2.2012 n. 1464; in tali termini anche Consiglio di
Stato Sez. 6 2.3.2009 n. 1164 con riguardo al rapporto di pubblico
impiego); invero, nel caso in esame, è pacifico che le ritenute fiscali
non siano state versate direttamente alla Moretti per cui la società, a
prescindere da ogni altra considerazione, non avrebbe potuto
ripeterli nei confronti della lavoratrice perché appunto da questa non
percepiti;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va
rigettato;
che non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio
essendo la Moretti rimasta intimata;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
previsto dall’art. 13, comma 1

quater,

del d.P.R. 30 maggio,

introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n.
228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione
ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale
quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del
13 maggio 2014 e numerose successive conformi);

P. C2.21.
La Corte,rigetta il ricorso, nulle per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
Ric. 2017 n. 08770 sez. ML – ud. 07-06-2018
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b) il datore di lavoro non può pretendere di ripetere somme al lordo

quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2018

residente

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