Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19459 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. I, 18/07/2019, (ud. 09/04/2019, dep. 18/07/2019), n.19459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30267/2014 proposto da:

Comune Barletta, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Celimontana n. 38, presso lo studio

dell’avvocato Panariti Benito, rappresentato e difeso dagli avvocati

Caruso Giuseppe e Palmiotti Isabella, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

V.A.A.;

– intimata –

contro

V.M., Vi.An., V.F.,

V.E.G., V.G., elettivamente domiciliati in Roma,

Via Cosseria n. 2, presso lo studio dell’avvocato Placidi Alfredo,

rappresenti e difesi dall’avvocato Corvasce Ruggiero, giusta procura

in calce al controricorso con ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

Comune Barletta, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Celimontana n. 38, presso lo studio

dell’avvocato Panariti Benito, rappresentato e difeso dagli avvocati

Caruso Giuseppe e Palmiotti Isabella, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1370/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 29/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/04/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1370/2013 pubblicata il 29/10/2013, la Corte d’Appello di Bari, pronunciando in unico grado, accoglieva per quanto di ragione l’opposizione alla stima proposta da Vi.An., V.M., V.E.G., V.F. e V.G., con l’intervento volontario di V.A.A., determinava in Euro 303.000 l’indennità per l’esproprio del suolo descritto nella motivazione della stessa sentenza e ordinava al Comune di Barletta il deposito di dette somme presso la Cassa Depositi e Prestiti a disposizione degli attori, oltre interessi legali dal 12-9-2006 fino all’effettivo soddisfo. La Corte d’appello di Bari, richiamando le sopravvenute modifiche legislative apportate dalla finanziaria 2008 al D.P.R. n. 327 del 2001 all’esito della sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale e ritenuta quindi la necessità di determinare l’indennità di esproprio in base al valore venale sul suolo, dava conto del fatto che il CTU aveva determinato il valore di mercato del suolo in misura pari a Euro 85/mq. all’epoca del decreto di esproprio (12 settembre 2006) e determinava l’indennità di espropriazione spettante in conformità alla valutazione peritale. La Corte territoriale riconosceva sull’indennità di espropriazione così determinata la maggiorazione del 10% ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37 nel testo modificato dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90, ritenendo dovuto l’aumento per legge.

2. Avverso questa sentenza, il Comune di Barletta propone ricorso affidato a due motivi, resistito con controricorso da Vi.An., V.M., V.E.G., V.F. e V.G., che propongono ricorso incidentale affidato a due motivi. E’ rimasta intimata V.A.A.. Il Comune di Barletta ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso principale il Comune ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 371 del 2001, art. 37, comma 2, come novellato dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, lett. a) in combinato disposto con la medesima legge, art. 2, comma 90 e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 57, comma 1, in relazione alla L. n. 167 del 1962, art6. 9, comma 3, e all’art. 360 c.p.c., n. 3”. Ad avviso del ricorrente la Corte d’appello erroneamente ha ritenuto applicabile nella fattispecie la maggiorazione del 10% introdotta dalla L. n. 244 del 2007. La finanziaria del 2008 è invece applicabile solo alle procedure espropriative disciplinate dal T.U. espropriazioni, ossia a quelle in cui la dichiarazione di pubblica utilità è intervenuta dopo la sua entrata in vigore (30-6-2003), come da consolidato orientamento di questa Corte richiamato in ricorso (tra le tante Cass. n. 6798/2013). Nel caso di specie la dichiarazione di pubblica utilità, a cui equivale l’approvazione del Piano particolareggiato di ampliamento del P.d.Z. ex Lege n. 167 del 1962, risale al 1990, come da Delib. Giunta Regionale 16 febbraio 1990, n. 819 e Delib. 30 marzo 1990, n. 1721. Inoltre la L. n. 244 del 2007 è applicabile alle procedure espropriative in corso alla data di entrata in vigore di detta legge (1-1-2008), e nella fattispecie la procedura si era conclusa anteriormente, con il decreto di esproprio del 12-9-2006. Pertanto ad avviso del Comune la disciplina applicabile è quella di cui alla L. 25 giugno 1865, n. 2359.

2. Con il secondo motivo il Comune di Barletta denuncia “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 371 del 2001, art. 37, comma 2, come novellato dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, lett. a) in combinato disposto con l’art. 2, comma 90 medesima legge e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 57, comma 1, in relazione all’art. 112 c.p.c. e all’art. 360 c.p.c., n. 4”. Lamenta che sia stata riconosciuta ai proprietari la maggiorazione del 10% di cui alla L. n. 244 del 2007 in assenza di domanda da parte di questi ultimi.

3. Con il primo motivo di ricorso incidentale Vi.An., V.M., V.E.G., V.F. e V.G. lamentano “Violazione dell’art. 30 n. 3, in relazione alla L.R. 22 maggio 2005, art. 3 la quale detta le disposizioni in materia di esproprio per pubblica utilità vigente nel territorio pugliese”. Deducono che l’art. 24 citata Legge Regionale, introducendo una speciale disciplina transitoria, prevede che nel territorio pugliese le regole indennitarie di cui al D.P.R. n. 327 del 2001 si applichino a tutte le espropriazioni, indipendentemente dalla data di approvazione dei progetti o dalla data di conclusione delle procedure espropriative. Ad avviso dei controricorrenti anche la maggiorazione del 10% è regola indennitaria che si applica incondizionatamente, nel senso appena precisato. In subordine ad avviso dei controricorrenti in ogni caso si applica nella fattispecie l’art. 37 T.U. nella nuova formulazione, atteso che l’espropriazione per cui è causa era preordinata alla realizzazione del III programma triennale di attuazione del PEEP, approvato con Delib. c.c. 20 ottobre 2004. Sostengono altresì che il procedimento amministrativo debba considerarsi in corso fino a quando non sia divenuta definitiva l’indennità e che, diversamente opinando, una volta venuto meno l’art. 37 T.U. ante riforma per incostituzionalità, acquisti riviviscenza la norma preesistente, ossia la L. n. 2359 del 1865, art. 39.

6. Con il secondo motivo di ricorso incidentale lamentano “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5) in relazione all’omessa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 unitamente all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Chiedono la cassazione con rinvio della sentenza impugnata affinchè sia rideterminato, ai sensi del citato art. 39, il legale e legittimo valore del suolo in questione “tenendo a base la relazione del CTP arch. V. F., della quale alcun cenno a riguardo ha riservato la Corte barese”.

7. E’ fondato il primo motivo di ricorso principale, da esaminarsi congiuntamente al primo motivo di ricorso incidentale, che è invece infondato.

7.1. Questa Corte ha ripetutamente affermato, con un orientamento al quale il Collegio intende dare continuità, che nei giudizi aventi ad oggetto la determinazione dell’indennità di espropriazione, relativi a procedimenti in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia stata emessa – come nel presente caso – prima del 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del D.P.R. n. 8 giugno 2001, n. 327, si deve considerare la disciplina transitoria prevista dall’art. 57 D.P.R. cit., per il quale le disposizioni del testo unico non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, perchè in tal caso continuano ad applicarsi tutte le normative vigenti a quella data (Cass. S.U. n. 5265/2008; Cass. n. 11480/2008, Cass. n. 3749/2012; Cass.n. 6798/2013; Cass. n. 20177/2017). Questa Corte ha altresì precisato che, in base al disposto della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 90, le disposizioni di cui all’art. 37, commi 1 e 2, e quelle di cui all’art. 45, comma 2, lett. a) citato T.U. di cui al D.P.R. n. 8 giugno 2001, n. 327, come modificati dal comma 89 stesso articolo, si applicano ai procedimenti espropriativi in corso, e non anche ai giudizi in corso, e i criteri previsti dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, in quanto introdotti come modifica del D.P.R. n. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, commi 1 e 2 (t.u. espropriazioni), si applicano soltanto alle procedure espropriative soggette al predetto Testo Unico – cioè a quelle in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta dopo la sua entrata in vigore (Cass. n. 3749/2012; Cass. n. 6798/2013; Cass. n. 20177/2017 citate). Infine secondo costante orientamento di questa Corte l’approvazione di un piano di zona per l’edilizia economica e popolare (PEEP) equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle relative opere L. n. 167 del 1962, ex art. 9 (tra le tante Cass. ord. n. 758/2018).

7.2. Nella fattispecie in esame il Comune ha allegato che la dichiarazione di pubblica utilità risale all’approvazione del Piano di zona ex lege n. 167 del 1962 avvenuta con Delib. Giunta Regionale 16 febbraio 1990, n. 819 e Delib. 30 marzo 1990, n. 1721. I controricorrenti sostengono, richiamando giurisprudenza amministrativa (TAR Puglia n. 5185/2006), che la dichiarazione di pubblica utilità rilevante ai fini dell’applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 57 vada riferita ai soli progetti di opere pubbliche, e non ai piani urbanistici attuativi, ed assumono che nel caso di specie debba farsi riferimento al III programma triennale di attuazione del PEEP, approvato nell’ottobre 2004.

L’assunto dei controricorrenti, oltre che genericamente formulato circa il riferimento al suddetto III programma, si pone in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte appena richiamato e anche con quello della giurisprudenza amministrativa (cfr. sent. N. 1125/2015 del Consiglio di Stato circa l’efficacia ex lege di dichiarazione di pubblica utilità dei Piani di zona – nella specie P.I.P. e l’irrilevanza, a riguardo, dei programmi di attuazione).

Inoltre, poichè nella fattispecie che si sta scrutinando il decreto di espropriazione è stato emesso il 12-9-2006, il procedimento espropriativo non era più in corso quando è entrato in vigore la L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90 (1-1-2008), sicchè, anche avuto riguardo al profilo appena evidenziato, non possono trovare applicazione le disposizioni contenute nell’art. 37 del T.U.E. come modificate dalla L. n. 244 del 2007.

7.3. Nè è idonea a mutare tale conclusione la disciplina introdotta dalla L.R. Puglia n. 3 del 2005, la cui applicazione invocano i controricorrenti con il primo motivo di ricorso incidentale. Questa Corte ha chiarito che “la potestà legislativa esclusiva in materia di espropriazioni è stata demandata alle regioni a statuto ordinario a seguito dell’emanazione della Legge Costituzionale n. 3 del 2001, che, nel modificare il Titolo 5 della parte seconda della Costituzione, ha ridisegnato, con l’art. 3, l’assetto della ripartizione della potestà legislativa tra Stato e Regioni. Proprio per armonizzare le norme regionali in materia di pianificazione territoriale e urbanistica con i principi generali e fondamentali dell’ordinamento giuridico desumibili dal D.P.R. n. 327 del 2001, la Regione Puglia ha emanato la menzionata L. n. 3 del 2005, disponendo, all’art. 18, l’applicabilità delle norme “recate dal D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 36,37,38 e 39 e successive modifiche”, per la determinazione dell’indennità di espropriazione di aree edificabili o legittimamente edificate, (con salvezza delle disposizioni di cui agli artt. 19 e 20 relative all’edificabilità legale e di fatto) e dettando, all’art. 24, la disciplina transitoria, con la quale ha disposto (al comma 2) che “i criteri indennizzativi stabiliti nel D.P.R. n. 327 del 2001 e successive modifiche” sono applicabili anche alle opere per le quali, alla data di entrata in vigore del predetto D.P.R., sia già intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità” (Cass. n. 12753/2015).

L’art. 24 della citata L.R., invocato dagli espropriati quale fonte del diritto all’aumento del 10% previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, commi 1 e 2, nel testo attuale, già riconosciuto dalla Corte territoriale (sul presupposto, che si è detto erroneo, dell’applicabilità della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89), non può, tuttavia, valere a disciplinare il procedimento di cui si sta trattando, dovendo essere interpretato in combinato disposto con gli artt. 18 e 26 stessa legge. L’art. 26, intitolato “Disapplicazione di norme statali”, dispone che tutte le disposizioni regolamentari e legislative contenute nel D.P.R. n. 327 del 2001 e successive modifiche (non richiamate o in contrasto con le norme da essa recate che non costituiscano principi generali e fondamentali dell’ordinamento giuridico) cessano di trovare applicazione sul territorio regionale, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge stessa.

Dalla lettura congiunta di dette disposizioni (L.R. n. 3 del 2005, artt. 18, 24 e 26 non modificati dalla successiva L.R. n. 3 del 2007) si evince che il rinvio ai criteri indennizzativi di cui al D.P.R. n. 327 del 2001 in generale e all’art. 37 in particolare è da intendersi “dinamico”, nel senso che si sostanzia di contenuto ed efficacia, nel tempo, in conformità alla disciplina-fonte del rinvio, stante il costante richiamo, da parte della legge regionale, anche alle “successive modificazioni” del T.U. e stante il chiaro limite posto alla disapplicazione della legge statale, costituito dalla necessaria conformazione della legge regionale ai principi generali e fondamentali dell’ordinamento giuridico. Che il rinvio debba essere “dinamico” è ancor più evidente ove si consideri la progressiva evoluzione, successiva all’entrata in vigore della citata L.R., degli originari criteri indennizzativi del D.P.R. n. 327 del 2001, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 348/2007 e della susseguente modifica dell’art. 37 ad opera della L. n. 244 del 2007.

Se, dunque, il recepimento del T.U. da parte della legge regionale si configura come “dinamico”, nella fattispecie non può applicarsi l’art. 37, post L. n. 244 del 2007, che ha il contenuto e l’ambito delineati dalla costante giurisprudenza di questa Corte, e anche delle Sezioni Unite (p.7.1.), in base ai quali è preclusa l’applicazione retroattiva ai giudizi in corso del citato art. 37, come novellato dalla legge del 2007.

8. Ne conseguono l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e il rigetto del primo motivo di ricorso incidentale, restando assorbito il secondo motivo del ricorso principale, postulando anche quest’ultimo il presupposto dell’applicabilità ratione temporis del D.P.R. n. 327 del 2001.

9. Il secondo motivo di ricorso incidentale è in parte infondato e in parte inammissibile.

9.1. Le censure, formulate con riferimento alla violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, si risolvono in doglianze relative alla valutazione delle risultanze istruttorie, che rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso e di disattendere taluni elementi ritenuti incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 24589/2005 e Cass. n. 20442/2006). Ai fini della congruità della motivazione, è sufficiente che da questa risulti che il convincimento si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi processualmente acquisiti, considerati nel loro complesso, anche senza un’esplicita confutazione degli altri elementi non menzionati e non accolti, anche se allegati, purchè risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, a quelli utilizzati. La consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio (Cass. n. 26305/2018) e ricorre il vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di un fatto storico decisivo e oggetto di discussione tra le parti, solo qualora non siano state prese in considerazione dal giudice di merito critiche specifiche e circostanziate alla consulenza tecnica d’ufficio (Cass. n. 15147/2018). Peraltro l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 27415/2018).

9.2. I ricorrenti incidentali si limitano a dolersi della mancata considerazione, da parte della Corte territoriale, delle risultanze della relazione del loro consulente di parte, che costituisce una semplice allegazione difensiva, in applicazione dei principi suesposti, senza neppure specificare quali siano state le critiche specifiche e circostanziate alla consulenza tecnica d’ufficio e quali siano i fatti decisivi il cui esame assumono omesso, sicchè, sotto tale ultimo profilo, la censura è in parte qua inammissibile.

9.3. L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata in relazione al primo motivo di ricorso principale, restando assorbito il secondo, con rinvio alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

9.4. Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso incidentale, accoglie il primo motivo di ricorso principale, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Bari in diversa composizione.

Dichiara che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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