Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19458 del 23/09/2011

Cassazione civile sez. I, 23/09/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 23/09/2011), n.19458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

LAZZI VI.TUR. S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PANAMA 12, presso l’avvocato MOLINO CLAUDIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato TOZZI LUCIANO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 412/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 17/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/07/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato CLAUDIA MOLINO, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.p.a. Lazzi Vi.Tur conveniva il Ministero dell’economia e delle Finanze dinanzi al Tribunale di Firenze, esponendo che l’Ufficio delle Imposte Dirette di Piombino gli aveva notificato due avvisi di accertamento relativi agli esercizi sociali 1985 e 1986-1990, con i quali aveva rettificato il reddito dalla società dichiarato ai fini dell’imposta sui redditi delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi sul rilievo che il reddito relativo ad alcune villette di proprietà della esponente, ubicate all’interno di un villaggio turistico situato a (OMISSIS), dichiarato e tassato come reddito fondiario, dovesse essere qualificato e tassato come reddito di impresa; che detti accertamenti, con sentenza del 1 ottobre 1995, erano stati annullati dalla Commissione Tributaria di primo grado di Livorno, che aveva ritenuto che detti redditi fossero fondiari e non di impresa, che l’appello, proposto dall’Ufficio alla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, era stato dichiarato inammissibile; che la decisione era passata in giudicato; che nelle more del giudizio l’Ufficio aveva provveduto ad iscrivere a ruolo un terzo dell’imponibile ed aveva notificato alla esponente due cartelle esattoriali del rispettivo importo di L. 279.572.534 e L. 478.508.826; che questa aveva provveduto a chiedere la sospensione della riscossione; che l’Ufficio aveva preteso, per addivenire alla sospensione della riscossione, la garanzia costituita da una iscrizione ipotecaria sui beni della società per un importo di L. 3.000.000.000, alla quale aveva provveduto sostenendo una spesa di L. 79.262.800.

Tanto premesso la società summenzionata chiedeva la condanna del Ministero convenuto al risarcimento dei danni nella misura di Euro 40.935,92 per le spese di iscrizione della ipoteca, oltre alle spese processuali sostenute in sede di giurisdizione tributaria.

Il Tribunale adito respingeva detta domanda.

Tale decisione veniva impugnata dalla s.p.a. Lazzi Vi. Tur dinanzi alla Corte d’Appello di Firenze, che, in riforma della impugnata sentenza, condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento della somma di Euro 40.935,82, oltre interessi.

Avverso detta sentenza il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. La società summenzionata ha resistito con controricorso, depositando anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 1;

violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e /o con riferimento all’art. 360, n. 1 e dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Secondo i ricorrenti la proposta azione risarcitoria avrebbe dovuto essere fatta valere dinanzi alle Commissioni Tributarie nel giudizio relativo alla impugnazione degli avvisi di accertamento in base ai quali si era poi proceduto alla iscrizione ipotecaria. Il collegio osserva che detta questione è stata risolta dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte, che con sentenza n. 8958 del 2007 hanno statuito che la giurisdizione sulla proposta azione di risarcimento del danno per comportamento illecito dell’amministrazione finanziaria appartiene al giudice ordinario.

Con detta sentenza la causa è stata rimessa poi alla sezione semplice per la decisione sul merito del ricorso.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1227 e 2043 c.c., D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Secondo i ricorrenti la Corte d’Appello di Firenze non avrebbe tenuto ben presente che l’iscrizione provvisoria a ruolo del terzo dei tributi, di cui agli atti di accertamento, dopo la notifica di tali atti, era un atto dovuto D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 15, nella sua precedente formulazione, e che il comportamento dell’amministrazione volto ad adempiere un preciso obbligo di legge non potrebbe costituire al contempo elemento per determinare la sua colpa sotto altro profilo.

Qualora l’amministrazione agisce nel rispetto delle norme impostegli dall’ordinamento, in questo, nonostante l’iniziale errore, non potrebbe rinvenirsi alcun comportamento colposo.

Nè l’estremo della colpa potrebbe rinvenirsi nel semplice fatto che l’amministrazione non abbia ritenuto di condividere le ragioni rappresentate dal contribuente per una soluzione stragiudiziale della controversia.

Opinando diversamente si dovrebbe pervenire alla conclusione che, ogni volta che la controversia tra la P.A. ed il privato non si sia risolta “stragiudizialmente” ad abbia comportato la instaurazione di un procedimento giudiziario conclusosi poi con la vittoria del contribuente, la colpa dell’amministrazione sia in re ipsa nel fatto che il giudice abbia dichiarato l’illegittimità dell’atto sul quale è fondata la richiesta di risarcimento ex art. 2043 c.c..

Nè sarebbe possibile ravvisare l’estremo della colpa nel fatto che la amministrazione abbia preteso, al fine di sospendere la riscossione della imposta, la prestazione della garanzia ipotecaria, atteso che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 39, nella sua precedente formulazione, la possibilità di sospendere il pagamento del tributo era rimessa alla valutazione discrezionale dell’amministrazione finanziaria. Pertanto pienamente legittima sarebbe stata la richiesta da parte dell’amministrazione della prestazione di idonea garanzia, anche in considerazione dell’elevato importo del credito tributario accertato, trattandosi di un operare corretto anche alla luce dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione. Il ricorso è fondato.

Il collegio osserva che l’amministrazione finanziaria non può essere chiamata a rispondere del danno eventualmente causato al contribuente sulla base del solo dato oggettivo della illegittimità dell’azione amministrativa, essendo necessario che la stessa, nell’adottare l’atto illegittimo, abbia anche violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che costituiscono il limite esterno della sua azione.

Nel caso che ne occupa l’amministrazione finanziaria ha emesso gli avvisi di accertamento di cui in narrativa, ritenendo che il reddito relativo ad alcune villette della società resistente, poste all’interno di un villaggio turistico, che erano stati dichiarati e tassati come redditi fondiari, dovessero essere tassati invece come redditi di impresa. Gli avvisi di accertamento in via di rettifica sono scaturiti quindi da una diversa qualificazione giuridica data dall’ufficio finanziario al reddito summenzionato. Sulla base di tali atti l’ufficio ha subito iscritto a ruolo un terzo dei tributi ritenuti evasi, non ha dato corso alle reiterate richieste di annullamento di ufficio avanzate dalla società, attuale resistente, preferendo attendere la decisione delle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado, che hanno annullato gli avvisi di accertamento in questione ed ha preteso per adottare il provvedimento di sospensione della riscossione dei tributi iscritti a ruolo, ovviamente prima della decisione di dette Commissioni, la concessione di una garanzia ipotecaria.

Giustamente i ricorrenti hanno evidenziato che la colpa dell’amministrazione finanziaria non può essere ravvisata nè nella iscrizione a ruolo del terzo dei tributi dovuti nè nella richiesta di concessione di una garanzia ipotecaria.

Effettivamente il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 (recante la rubrica: iscrizioni a ruolo in base ad accertamenti non definitivi), nella formulazione vigente all’epoca dei fatti di causa, disponeva che le imposte corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio, ma non ancora definitivi, sono iscritte a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per un terzo dell’imposta corrispondente all’imponibile o al maggior imponibile accertato.

Tale iscrizione, come si evince dalla norma riportata, non rientra nell’ambito del potere discrezionale della amministrazione finanziaria, ma costituisce un atto dovuto.

Per quanto riguarda la richiesta della garanzia ipotecaria, accordata .dalla società con iscrizione di ipoteca sui beni della società per un importo di L. 3.000.000.000, il collegio osserva che tale garanzia fu chiesta dall’amministrazione finanziaria dato il rilevante importo dei tributi portati dalle due cartelle esattoriali, di cui in premessa, rispettivamente di L. 279.572.534 e L. 478.508.826; stando così le cose non si potrebbe rimproverare all’amministrazione finanziaria di avere violato i principi di legalità, di imparzialità o di buona amministrazione, avendo preteso una garanzia adeguata dato il notevole importo dei tributi sopra indicati.

Non si può poi rimproverare all’amministrazione di non avere dato seguito alle reiterate richieste di annullamento di ufficio degli atti impugnati dato il rilevante importo dei tributi, ritenuti evasi, ed in considerazione del fatto, che, essendo il contribuente una impresa commerciale, era necessario accertare incontrovertibilmente, attraverso la decisione del giudice, che il reddito derivante dalle villette in questione non costituisse reddito di impresa, la regola essendo che, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 40 (attualmente art. 43) relativo alle imposte sui redditi, non si considerano produttivi di reddito fondiario gli immobili relativi ad imprese commerciali.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con il respingere la domanda risarcitoria della s.p.a.

Lazzi Vi.Tur. La complessità della controversia giustifica la integrale compensazione delle spese processuali di tutti i gradi di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda della Lazzi Vi.Tur s.p.a..

Compensa le spese di tutti i gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2011

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