Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19458 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. I, 18/07/2019, (ud. 09/04/2019, dep. 18/07/2019), n.19458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29662/2014 proposto da:

B.A., P.G., P.F. nonchè da

B.P. e B.C., in qualità di eredi di

B.G., elettivamente domiciliati in Roma, Via Monte Asolone n. 8,

presso lo studio dell’avvocato Liuzzi Milena, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Baciga Stefano, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Comune di Montecchio Maggiore, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Cosseria n. 5, presso lo

studio dell’avvocato Sivieri Orlando, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Meneguzzo Dario, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1504/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/04/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.Con sentenza n. 1504/2014 pubblicata il 20/6/2014, la Corte d’Appello di Venezia, pronunciando in unico grado, rigettava la domanda proposta nei confronti del Comune di Montecchio Maggiore da B.G., B.A., P.G. e P.F. diretta ad ottenere il riconoscimento dell’indennità prevista in ipotesi di reiterazione di vincoli espropriativi o sostanzialmente espropriativi sui terreni di loro proprietà, individuati come in atto di citazione notificato il 105-2012 e siti nel Comune di Montecchio Maggiore. La Corte territoriale riteneva che la zonizzazione dei terreni posta con la variante al P.R.G. comunale nel 1999/2001 (zona F progetti speciali) palesava all’evidenza un vincolo di natura conformativa, atteso che, come risultava dall’esame della planimetria allegata alla variante, la suddetta zona era assai ampia e comprendeva una pluralità indistinta di altri fondi, oltre a quelli di causa. L’Ente locale aveva infatti individuato, nell’ambito della complessiva sistemazione del territorio comunale, una zona da destinare al verde attrezzato a fini sportivi e ricreativi su aree degradate, poichè in precedenza adibite e cava e discarica, nella periferia del centro abitato. Come desumibile dall’elaborato peritale e da documentazione prodotta dal Comune, inoltre, l’art. 32 bis N. T.A. del 2003 già prevedeva espressamente, tra le modalità di attuazione dei Progetti speciali, l’iniziativa dei privati per la realizzazione dei suddetti Progetti Speciali per utilizzare l’area secondo la sua destinazione urbanistica, previa convenzione con l’Ente Locale.

2. Avverso questa sentenza, B.P. e B.C., in qualità di eredi di B.G., B.A., P.G. e P.F. propongono ricorso affidato a cinque motivi, resistito con controricorso dal Comune di Montecchio Maggiore. Le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano “In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione/falsa applicazione di norme di diritto – Violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 – Violazione dell’art. 13 delle N. T.A. del P.R.G. del Comune di Montecchio Maggiore nel testo risultante nella variante approvata con D.G.R.V. n. 1932 del 2001 – Violazione dell’art. 33 delle N. T.A. del P.R.G. del Comune di Montecchio Maggiore nel testo risultante nella variante approvata con D.G.R.V. n. 2121 del 2007 – Erronea declaratoria della natura conformativa del vincolo”. Ad avviso dei ricorrenti l’ampiezza dell’area interessata dal vincolo ed il fatto che interessi anche la proprietà di soggetti terzi non ha, di per sè, alcuna rilevanza, poichè il vincolo sottopone la specifica area di proprietà dei ricorrenti ad uno strumento urbanistico, il Progetto Speciale, non previsto da alcuna disposizione di rango superiore e creato appositamente per i fondi in questione. La creazione della classificazione specifica Progetto Speciale esclude di per sè che il vincolo sia conformativo, proprio perchè imposto a titolo particolare su una ridotta area comunale mediante previsioni prive di generalità ed astrattezza.

2. Con il secondo motivo lamentano “In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per nullità della sentenza o del procedimento – Violazione degli artt. 101 e 112 c.p.c. – Decisione su una questione rilevata d’ufficio e sulla quale non è stato provocato il contraddittorio delle parti”. I ricorrenti deducono che la difesa del Comune mai aveva allegato la natura conformativa del vincolo in relazione all’ampiezza dell’area interessata dallo stesso e dalla generalità ed astrattezza delle disposizioni comunali. Ad avviso dei ricorrenti la decisione è stata assunta in violazione dell’art. 112 c.p.c. e, anche qualora si ritenesse la questione rilevabile d’ufficio, la Corte territoriale avrebbe dovuto assegnare alle parti un termine per formulare osservazioni sulla questione, ai sensi dell’art. 101 c.p.c..

3. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano “In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – Omessa considerazione della mancata imposizione del vincolo su area confinante a quella dei ricorrenti”. Ad avviso dei ricorrenti è decisiva la circostanza che il Comune abbia escluso dalla zona F- Progetti Speciali un fondo già edificato, destinato ad un diverso uso, ed un’area scoperta di proprietà del titolare dello stesso edificio, trattandosi di prescrizione a carattere particolare che smentisce l’asserita generalità del vincolo. Deducono i ricorrenti che la sentenza è viziata poichè è stata omessa ogni considerazione e motivazione in merito a tale fatto decisivo per il giudizio.

4. Con il quarto motivo denunciano “In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione/falsa applicazione di norme di diritto – Violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 – Violazione dell’art. 13 delle N. T.A. del P.R.G. del Comune di Montecchio Maggiore nel testo risultante nella variante approvata con D.G.R.V. n. 1932 del 2001 – Violazione dell’art. 33 delle N. T.A. del P.R.G. del Comune di Montecchio Maggiore nel testo risultante nella variante approvata con D. G. R. V. n. 2121 del 2007 – Erronea declaratoria della natura conformativa del vincolo – Impossibilità di attuazione ad iniziativa privata”.

I ricorrenti sostengono che il vincolo sia di natura espropriativa poichè gli interventi consentiti possono essere attuati solo previa approvazione da parte dell’Amministrazione di uno strumento urbanistico di esclusiva iniziativa pubblica. L’art. 13 della N. T.A. prevede l’intervento dei privati solo per la successiva fase di attuazione, mentre non è rimessa ai privati alcuna proposta di carattere urbanistico, in quanto tali scelte sono state già compiute a monte con il Progetto Speciale elaborato dal Comune di sua iniziativa. Risulta dalla nota del 4-8-2005 del Comune (doc. 12) che l’Ente non aveva provveduto ad approvare i progetti speciali e pertanto i ricorrenti non possono fare alcun utilizzo dei fondi di loro proprietà, essendo l’elaborazione del Piano Urbanistico riservata alla sola Amministrazione Comunale.

5. Con il quinto motivo lamentano “In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per nullità della sentenza o del procedimento – Violazione degli artt. 115 e 213 c.p.c. – Decisione fondata su fatti non allegati dalle parti e su prove non ritualmente acquisite “. La Corte territoriale ha fondato la propria decisione su documenti acquisiti nel corso della CTU, ossia il certificato di destinazione urbanistico storico e planimetria allegata alla variante. Ad avviso dei ricorrenti l’acquisizione è stata irrituale e i documenti in contestazione non hanno natura descrittiva poichè riportano una classificazione urbanistica parzialmente difforme rispetto ai certificati prodotti ritualmente dagli attori.

6. I motivi secondo e quinto, da esaminarsi prioritariamente in quanto concernenti vizi di nullità della sentenza, sono infondati.

6.1. Circa il quinto motivo, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte al limite costituito dal divieto per il consulente tecnico di ufficio di compiere indagini esplorative è consentito derogare quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo, in questo caso, consentito al consulente di acquisire anche ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza (tra le tante, da ultimo Cass. n. 512/2017 e n. 15774/2018).

La Corte d’appello ha dato conto, nel rigettare l’eccezione di irritualità dell’acquisizione del certificato di destinazione urbanistico storico, di aver conferito l’incarico al C.T.U. di accertare la destinazione impressa nel tempo all’area, ravvisando, per un verso, l’indispensabilità del documento ai fini della risposta al quesito e, per altro verso, la natura meramente descrittiva dello stesso, sì da non incidere sul contraddittorio.

La Corte territoriale si è dunque attenuta al principio di diritto suesposto, affermando l’indispensabilità di quell’accertamento di fatto ed esprimendo, per il resto, valutazioni, mai sindacabili in sede di legittimità, che investono l’apprezzamento della fonte di prova.

A ciò si aggiunga che i ricorrenti si limitano a dedurre che il certificato di destinazione urbanistica in contestazione sia parzialmente difforme da quello dagli stessi in precedenza prodotto, senza neppure specificare quale sia stato il vulnus al loro diritto di difesa e quale la rilevanza, in senso a loro sfavorevole, dei documenti di cui si adduce l’irrituale acquisizione, ivi compresa la planimetria alla variante, che peraltro il Comune adduce di aver prodotto in allegato al fascicolo di parte prima dell’espletamento della C.T.U.

6.2. Con il secondo motivo assumono i ricorrenti che la circostanza dell’ampiezza dell’area sia stata valorizzata d’ufficio dalla Corte territoriale per affermare la natura conformativa del vincolo oggetto del contendere, senza previamente instaurare il contraddittorio sulla suddetta questione, dato che il Comune aveva posto a fondamento delle proprie difese svolte nel precedente grado altri e diversi fatti.

Questa Corte ha, condivisibilmente, affermato (Cass. n. 18635 del 2011; n. 1201 del 2012; n. 26831 del 2014; n. 6330 del 2014) che “la denuncia di vizi fondati sulla violazione di norme processuali non va vista in funzione autoreferenziale di tutela dell’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce, solo, l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte per effetto della violazione denunciata. E’ stato sostenuto, in particolare, che la sentenza che decida su di una questione di puro diritto, rilevata d’ufficio, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione (cd. terza via), non è in sè nulla, in quanto, da tale omissione può solo derivare un vizio di error in iudicando, ovvero di error in iudicando de iure procedendi, la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore sia in concreto consumato; qualora, invece, si tratti di questioni di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, la parte soccombente può dolersi della decisione sostenendo che la violazione del dovere di indicazione ha vulnerato la facoltà di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini”. (SU 20935 del 2009; n. 2984 del 2016; n. 16049/2018; 15037/2018). Occorre premettere che la pretesa azionata in giudizio concerne la reiterazione del vincolo attuata con la variante al P.R.G.C. del 2004 e approvata dalla Regione, sul presupposto della natura espropriativa del suddetto vincolo. Pertanto oggetto del contendere era ed è la qualificazione del vincolo, da valutare prioritariamente sotto il profilo logico e giuridico in base alle stesse allegazioni degli attori ed attuali ricorrenti, e la Corte territoriale, nel prendere in considerazione i dati oggettivi risultanti dalla C.T.U., ha dato conto dell’ampiezza dell’area soggetta al vincolo, trattandosi di uno degli elementi caratterizzanti l’indagine da svolgere sulla natura del vincolo di cui si discute.

Ciò posto, nella specie non ricorre la denunciata violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, in quanto: a) non rileva la questione di puro diritto sulla qualificazione del vincolo, qualora la doglianza sia da intendersi riferita alla valorizzazione, effettuata dalla Corte d’appello, della circostanza dell’ampiezza dell’area ai fini dell’individuazione della natura del vincolo; b) il dato di fatto oggettivo dell’estensione della complessiva superficie assoggettata a vincolo – zona F progetti speciali – non costituisce alcun elemento di “sorpresa” nell’ambito del dibattito processuale, in quanto rilevato dalla Corte territoriale in base all’esame degli atti (planimetria allegata alla variante) ritualmente acquisiti in causa, per quanto detto nel sotto-paragrafo che precede.

7. Il terzo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

I ricorrenti, pur dolendosi del mancato esame di un fatto che assumono decisivo ed oggetto di discussione tra le parti (fabbricato di terzi escluso dalla zona F progetti speciali e non assoggettato al vincolo), non indicano quando ed in quale atto relativo al precedente giudizio detto fatto sia stato allegato (pag. n. 21 e n. 22 del ricorso), e ciò in disparte ogni considerazione sulla rilevanza effettiva del medesimo.

8. I motivi primo e quarto, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

8.1. La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato, con un orientamento a cui il Collegio intende dare continuità, che “La distinzione tra vincoli conformativi ed espropriativi cui possono essere assoggettati i suoli non dipende dal fatto che siano imposti mediante una determinata categoria di strumenti urbanistici, piuttosto che di un’altra, ma deve essere operata in relazione alla finalità perseguita in concreto dell’atto di pianificazione: ove mediante lo stesso si provveda ad una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, il vincolo ha carattere conformativo, mentre, ove si imponga solo un vincolo particolare, incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un’opera pubblica, lo stesso deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione e da esso deve, pertanto, prescindersi nella qualificazione dell’area, e ciò in quanto la realizzazione dell’opera è consentita soltanto su suoli cui lo strumento urbanistico ha impresso la correlativa specifica destinazione, cosicchè, ove l’area su cui l’opera sia stata in tal modo localizzata abbia destinazione diversa o agricola, se ne impone sempre la preventiva modifica ” (da ultimo Cass. n. 23572/2017 e Cass. n. 16084/2018). Inoltre è stato precisato che, in tema di determinazione dell’indennità di espropriazione, la destinazione del piano regolatore generale a “verde pubblico”, pur ordinariamente di carattere conformativo, può rivelarsi, in via eccezionale, come vincolo preordinato all’esproprio – restando quindi irrilevante ai fini della determinazione della citata indennità – al concorrere di tutti i seguenti presupposti: a) che si traduca in un’imposizione a titolo particolare incidente su beni determinati al precipuo fine della precisa e puntuale localizzazione di un intervento edilizio che, per natura e scopo, sia d’esclusiva appropriazione e fruizione collettiva; b) che la relativa realizzazione risulti incompatibile con la proprietà privata e, perciò, presupponga ineluttabilmente, per il suo compimento, l’espropriazione del bene; c) che l’imposizione determini l’inedificabilità del bene colpito e, dunque, lo svuotamento del contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul suo godimento, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero da diminuirne in modo significativo il valore di scambio (Cass. n. 10325/2016).

8.2. Nel caso di specie, incontestato che, in base alle stesse allegazioni dei ricorrenti, il vincolo sia stato apposto con la variante al P.R.G. comunale nel 1999/2001 (zona F progetti speciali) e reiterato nel 2004, la Corte territoriale ha accertato che, nell’ambito della complessiva sistemazione del territorio comunale, era stata prevista una zona da destinare al verde attrezzato a fini sportivi e ricreativi su aree degradate, in precedenza adibite e cava e discarica, nella periferia del centro abitato. Ha ritenuto trattarsi di una zonizzazione comportante un vincolo di natura conformativa, e ciò in quanto la zona era assai ampia, comprendeva una pluralità indistinta di altri fondi, oltre a quelli di causa, e l’art. 32 bis N. T.A. del 2003 già prevedeva espressamente, tra le modalità di attuazione dei Progetti speciali, l’iniziativa dei privati per la realizzazione dei suddetti Progetti Speciali con utilizzazione dell’area secondo la sua destinazione urbanistica, previa convenzione con l’Ente Locale.

I ricorrenti, lamentando la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 sotto un primo profilo postulano, inammissibilmente, una ricostruzione fattuale diversa da quella accertata nel giudizio di merito, allegando che vi sia stata un’imposizione a titolo particolare incidente solo sui beni di cui sono proprietari. I requisiti oggettivi, di natura e struttura, che presenta il vincolo sono oggetto di accertamento di fatto incensurabile, in base al quale, nel caso di specie, la Corte d’appello ha verificato che la nuova zonizzazione di parte del territorio comunale incideva su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti in funzione della destinazione della intera zona (verde) in cui questi ricadono ed in ragione delle sue caratteristiche intrinseche (area degradata da risanare). Peraltro l’inclusione del suolo dei ricorrenti in un intero comparto omogeneo (zona F progetti speciali), ha certamente carattere conformativo, restando perciò solo esclusa l’applicazione dell’art. 39 T.U. (anche alle situazioni pregresse).

Circa il secondo profilo di denunciata violazione del citato art. 39, non rileva la categoria di strumento urbanistico, come chiarito dalle pronunce di questa Corte richiamate (p. 8.1.). Sono quindi ininfluenti le considerazioni svolte dai ricorrenti sulla “creazione della classificazione specifica” del Progetto Speciale, che, peraltro, ai sensi degli artt. 13 e 32 bis delle N. T.A. del PRG, è espressamente equiparato, in termini di contenuti e procedure, al Piano Particolareggiato.

Neppure rileva, contrariamente a quanto sostenuto nella memoria illustrativa dai ricorrenti, i quali richiamano la categoria del cd. vincoli strumentali o di rinvio, che l’iniziativa del privato debba essere preceduta da studio ed elaborazione del Progetto Speciale da parte del Comune, la cui realizzazione è ammessa anche da parte dei privati (art. 33 delle N. T.A. di cui all’ultima variante al PRG). La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 179 del 1999, ha affermato che fuoriescono dallo schema ablatorio-espropriativo e dalle connesse garanzie costituzionali (e quindi non necessariamente soggetti all’alternativa di indennizzo o di durata predefinita) i vincoli che importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di previa ablazione del bene (cfr. Cass. n. 3620 del 2016 e Cons. Stato n. 1669 del 2015).

La natura espropriativa del vincolo viene fatta dipendere, secondo la prospettazione dei ricorrenti, anche dalla necessità della successiva emanazione di strumenti attuativi (Progetto Speciale equiparato al piano particolareggiato), per la cui redazione non è fissato alcun termine finale certo; situazione che, secondo la giurisprudenza amministrativa, comporta la soggezione di quei vincoli, c.d. “di rinvio” o “strumentali”, a decadenza quinquennale, in quanto tale modus procedendi sposta in avanti le scelte amministrativo-urbanistiche e l’esercizio della relativa discrezionalità, e con esse l’utilizzabilità dei suoli. Ma, sempre secondo la stessa giurisprudenza amministrativa, che qui si condivide (cfr. Cons. Stato 24.3.2009 n. 1765;30 giugno 1997 n. 761; 7 aprile 1997 n. 343), la decadenza riguarda non le prescrizioni conformative del Piano, ma, come risulta testualmente dalla L. 1187 del 1968, art. 2 da cui è stata tratta, le sole “indicazioni incidenti su beni determinati” assoggettate “a vincoli preordinati all’espropriazione od a vincoli che comportino l’inedificabilità” (così espressamente Cass. n. 13531/2017).

Nella fattispecie in esame non solo difettano le suddette indicazioni, come insindacabilmente accertato in punto di fatto dalla Corte territoriale per quanto si è già detto, ma è prevista la possibilità di presentazione ed attuazione di un progetto speciale ad iniziativa privata, e, alla stregua dei suesposti principi, ciò esclude la configurabilità dello schema ablatorio e quindi la decadenza quinquennale del relativo vincolo.

9. Conclusivamente il ricorso va rigettato e le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

10. Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro5.200,00, di cui Euro200 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge. Dichiara che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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