Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19457 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. I, 18/07/2019, (ud. 05/04/2019, dep. 18/07/2019), n.19457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4712/2018 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Massimiliano Mineo giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via Piemonte

n. 32 presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Spada e rappresentato

e difeso dall’avvocato Augusto Viscardi, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 592/2016 della CORTE D’APPELLO DI LECCE

SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 28/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/04/2019 dal Cons. Laura Scalia;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Taranto con sentenza depositata il 7 gennaio 2013, in accoglimento della domanda proposta da V.A., dichiarava la paternità naturale di G.L. ed ordinava le annotazioni di legge all’ufficiale dello stato civile.

2. Su impugnativa di G.L., la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, rigettava l’appello ritenendo la partecipazione al giudizio del P.m. in ragione delle formulate conclusioni, la validità della citazione introduttiva idonea ad individuare l’azione e, ancora, sufficiente l’attività istruttoria espletata in un quadro definito dalla testimonianza della madre dell’attrice e di altro teste escusso, nell’ammissibilità, altresì, della produzione curata dall’attrice all’udienza del 2 dicembre 2010 e con attribuzione di valore indiziario al rifiuto frapposto da G. all’esame genetico, apprezzando che il dedotto stato depressivo non giustificava il rifiuto.

3. Ricorre per la cassazione della sentenza di appello G.L. con due motivi di nullità cui resiste con controricorso V.A..

Sono state depositate le conclusioni del rappresentante della Procura Generale della Corte di cassazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità dell’impugnata sentenza per violazione degli artt. 183 e 184-bis c.p.c. (ratione temporis vigente) e dell’art. 345 c.p.c., con conseguente sua nullità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

I giudici di merito di primo e secondo grado avevano ritenuto ammissibili, in violazione delle preclusioni processuali, le produzioni documentali tardivamente curate dall’attrice all’udienza del 2 dicembre 2010 senza che neppure soccorresse il rimedio della remissione in termini ex art. 184-bis c.p.c., non richiesta dalla parte, il tutto nell’apprezzata delicatezza della controversia.

Il motivo si presta ad una duplice valutazione che è in parte sostenuta da ragioni di inammissibilità ed in parte di infondatezza.

1.1. Il ricorrente non provvede invero a trascrivere il contenuto dei documenti di cui denuncia l’illegittima acquisizione in giudizio in tal modo precludendo a questo Giudice di legittimità di verificarne la ritenuta decisività all’interno del composito quadro di prova di natura indiziaria ritenuto dai giudici di merito e quindi di apprezzare, nel rilievo del primo, l’interesse stesso della parte alla sua proposizione.

1.2. Il motivo è d’altra parte infondato perchè in primo grado la parte formulò istanza di rimessione in termini come riportato nell’impugnata sentenza.

Vero è poi che nel resto la documentazione era stata ammessa dal primo giudice ed il richiamo all’art. 345 c.p.p. risulta pertanto operato in modo errato.

2. Con il secondo motivo si fa valere la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per vizio del ragionamento presuntivo ex art. 116 c.p.c. nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c.

La Corte di appello avrebbe fondato il ragionamento presuntivo sulla inammissibile produzione di due lettere in udienza, sulla dichiarazione della madre dell’attrice, su di una testimonianza de relato e sul rifiuto, ritenuto ingiustificato, del ritenuto padre di sottoporsi all’esame genetico.

Il motivo è inammissibile.

Si contesta il giudizio sulla prova indiziaria formulato nell’impugnata sentenza nella erroneità del ragionamento inferenziale per mancanza di gravità, certezza e precisione delle sue componenti.

La contestazione è diretta a tradursi in una sollecitazione a questa Corte di legittimità a rivisitare il materiale istruttorio al fine di dedurne l’insussistenza del quadro indiziario connotato da gravità, precisione e concordanza; si tratta di questione di merito inammissibile nella non scrutinabilità dell’iter logico osservato dalla Corte di merito in adesione al principio, piano nella applicazione datane da questa Corte, per il quale in tema di prova presuntiva, è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato del giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 17/01/2019 n. 1234).

Resta fermo altresì il rilievo che tra gli elementi indiziari diretti a comporre il quadro di prova, la Corte di merito valorizza la condotta del convenuto di rifiuto a sopporsi ad indagini ematologiche dirette a ricostruirne il profilo genetico evidenza che, nella sua ritenuta pregnanza, si apprezza, per consolidato orientamento di legittimità, nel giudizio promosso per l’accertamento della paternità naturale come comportamento valutabile da parte del giudice, ex art. 116 c.p.c., comma 2, di così elevato valore indiziario da poter da solo consentire la dimostrazione della fondatezza della domanda (Cass. 25/03/2015 n. 6025; Cass. 27/07/2017 n. 18626; Cass. 14/11/2017 n. 26914).

3. Conclusivamente va rigettato il primo motivo e dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso.

Segue per il principio della soccombenza la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

PQM

Rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore di V.A. che liquida in Euro 5.200,00 oltre Euro 200,00 per spese vive, spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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