Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19457 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2021, (ud. 20/05/2021, dep. 08/07/2021), n.19457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14575/2019 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, Via Guido

Alfani n. 29, presso lo studio dell’avvocato Gianmarco Panetta,

rappresentato e difeso dall’avvocato Marcello Cordoma e

dall’avvocato Francesca Morelli;

– ricorrente –

contro

Curatore Fallimento “(OMISSIS)”, Dott. P.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 593/2019 della Corte d’appello di L’Aquila,

depositata il 28/3/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 593/2019, depositata in data 28/3/2019, ha respinto il reclamo di M.G. avverso sentenza del Tribunale di Pescara del 2018 di declaratoria del fallimento della ditta “(OMISSIS)” di M.G., all’esito di declaratoria di inammissibilità della procedura di concordato in continuità indiretta.

In particolare, i giudici d’appello, premesso che il Tribunale aveva ritenuto che ricorresse lo stato di insolvenza, stante l’esposizione debitoria per oltre Euro 800.000,00, come attestato dalla situazione patrimoniale aggiornata al 31/5/2016, in gran parte costituita da debiti verso l’erario, aggravata dalla presenza di iscrizioni ipotecare per importi superiori ad Euro 1.000.000,00, a fronte del valore dell’attivo disponibile, hanno sostenuto che era del tutto generica l’eccezione di violazione dell’art. 15 L. Fall. e che la insussistenza dello stato di insolvenza dedotta dal reclamante era smentita dalla documentazione in atti, dalla quale emergeva: a) un debito complessivo, aggiornato, di Euro 769.553,35, per la gran parte costituito da consistente debito fiscale, che non si comprendeva in che modo e con quali mezzi potesse essere “evaso”, seppure con l’adesione alla procedura di rottamazione (avendo, in proposito, la Curatela rappresentato che non si era già provveduto al primo versamento dovuto, con conseguente decadenza dal beneficio); b) l’insufficienza del patrimonio immobiliare a soddisfare tale esposizione debitoria; c) la persistenza del debito bancario, sorto in relazione a contratto di mutuo.

Avverso la suddetta pronuncia, comunicata il 28/3/2019, M.G. propone ricorso per cassazione, notificato a mezzo UG il 27/4/2019, affidato ad unico motivo, nei confronti del Curatore del Fallimento Dott. P.F. (che non svolge difese), oltre che del PG presso il Tribunale di Pescara.

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, dell’art. 111 Cost., comma 6, per omessa motivazione o omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulle doglianze sollevate con il reclamo circa l’erroneità della decisione di primo grado in punto di requisiti di fallibilità e dello stato di insolvenza e sulla documentazione prodotta.

2. Previamente, il ricorso risulta notificato alla Curatela del Fallimento personalmente, in (OMISSIS), anziché presso lo studio del difensore della suddetta parte costituita in appello, avv. Antonio Colameco, con studio in Pescara Via Lucania n. 52.

Ne conseguirebbe non l’inesistenza ma la nullità della notificazione del ricorso per cassazione, sanabile con rinnovazione, ex art. 291 c.p.c., non essendosi costituita la parte intimata (Cass. 15236/2014; Cass. 24450/2017).

Tuttavia, questo giudice di legittimità ha da tempo chiarito che, alla luce del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo, il giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) deve evitare ed impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue, perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo, e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti, cosicché “in caso di ricorso per cassazione “prima facie” infondato appare superflua, pur potendo sussistere i presupposti (come nella specie, per inesistenza della notificazione del ricorso nei confronti di alcuni litisconsorti necessari), la fissazione del termine ex art. 331 c.p.c. per l’integrazione del contraddittorio, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti” (Cass. 2723/210; Cass. S.U. 6826/2010; Cass. 15106/2013; Cass. 11287/2018; Cass. 12515/2018).

Trattandosi di ricorso manifestatamente inammissibile, per quanto si dirà appresso, non vi è ragione di disporre il rinnovo della notifica del ricorso presso il domiciliatario in sede di reclamo della Curatela intimata.

3. L’unica censura è inammissibile.

Questa Corte (da ultimo, Cass. 11603/2018) ha già chiarito che “il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito”, cosicché “il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito”.

Nella specie, difetta la formulazione di idonei motivi ex art. 360 nn. 3, 4 o 5 c.p.c., risultando contenere il ricorso solo una confusa e del tutto generica doglianza sulla decisione impugnata, senza distinzioni tra le diverse censure di fatto e in diritto.

Invero, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, applicabile nella specie, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 23940/2017).

Ora, volendo ricondurre tale censura al vizio relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, decisivo per il giudizio e che sia stato oggetto di discussione tra le parti, le Sezioni Unite di questa Corte, hanno affermato che “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”, cosicché “il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (SSUU n. 8053/2014).

Nella specie, si omette di individuare il fatto storico il cui esame sarebbe stato omesso; si parla solo, del tutto genericamente, di omessa consultazione di dati contabili aggiornati al 2018 e di omessa valutazione degli effetti della “riduzione” del debito fiscale in considerazione dell’adesione alla rottamazione “bis e ter”, ma la Corte di merito ha tenuto conto sia della situazione patrimoniale aggiornata sia della domanda di rottamazione fiscale.

Quanto poi al vizio di motivazione omessa o carente, le Sezioni Unite, in un recente arresto (Cass. 22232/2016), hanno precisato che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”.

Ora, non è ravvisabile nella decisione impugnata né un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili tra loro né un’assoluta carente individuazione dell’iter logico motivazionale, necessario per integrare il vizio di omessa motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4; non è più censurabile il vizio di mera insufficienza motivazionale.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

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