Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19456 del 23/09/2011

Cassazione civile sez. I, 23/09/2011, (ud. 01/07/2011, dep. 23/09/2011), n.19456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.A. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso l’avvocato PANARITI

BENITO, rappresentato e difeso dall’avvocato URSO ROSALBA, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.G., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato COPPOLA VINCENZO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 72/2007 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 21/02/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/07/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte osservato e ritenuto:

– con sentenza del 5.08.2005, il Tribunale di Bergamo dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto il 20.09.1986 da G.A., ricorrente (ricorso del 23.06.2004) con I.G., al primo imponendo di corrispondere alla moglie l’assegno divorzile di Euro 500,00 mensili con sentenza del 14.12.2005 – 21.02.2007, la Corte di appello di Brescia respingeva sia l’impugnazione principale del G., che quella incidentale della I., gravami inerenti entrambi allo statuito assegno divorzile, compensando integralmente le spese processuali del secondo grado, ritenendo:

a) che la separazione personale delle parti era stata pronunciata con sentenza del 27 ottobre 2000, con cui al G. era stato imposto un assegno di mantenimento in favore della moglie I.;

b) che nel ricorso introduttivo il G. aveva anche dedotto la sopravvenienza a suo carico di oneri connessi al mantenimento della convivente e dei due figli nati da questa nuova unione;

c) che in punto di condizioni economiche di ciascuna delle parti, emergeva:

1. dalla sentenza impugnata, che entrambe erano titolari del Centro Poliambulatorio S. Antonio, per quote pari lui al 75% e lei al 25% e che la I., proprietaria della casa di abitazione, prestava attività lavorativa presso la S.r.l. Dolci Momenti, che si trovava in situazione di completo dissesto e di cui ella possedeva la quota del 4%;

2. dalle deduzioni della I., che il suddetto Centro Poliambulatorio era gestito totalmente dal G. e vi svolgevano attività dipendente quattro medici odontoiatri;

d) che non risultavano nemmeno credibilmente prospettate dal G. le concrete ragioni per cui non sussisteva o era venuto meno il presupposto, correttamente individuato dallo stesso appellante, del riconoscimento del diritto della I. all’assegno divorzile;

e) che in particolare tali ragioni secondo il G. sarebbero consistite sia nella censurabilità del comportamento della I., la quale non aveva esibito la dichiarazione personale dei redditi e sia da segnali di vitalità dell’attività della società Dolci Momenti, ragioni delle quali la prima era stata attendibilmente giustificata dall’appellata e la seconda risultava smentita dalle risultanze documentali in atti;

f) che, quindi, doveva confermarsi la sussistenza del diritto della I. all’assegno divorzile nella misura correttamente stabilita dal Tribunale “tenuto conto dei redditi dell’obbligato, dell’età della convenuta e della difficoltà di reperire un’occupazione da parte della stessa”, misura certamente non “tale da eliminare ex se le notorie necessità legate alla vita quotidiana di una persona sola”, nè riducibile all’irrisorio importo (Euro 200,00) indicato in via subordinata dall’appellante in una entità assolutamente insufficiente ad assolvere, anche solo parzialmente, alla funzione giuridica della somministrazione g) che le sopravvenute esigenze del G., connesse alle sue nuove scelte di vita, non potevano spingersi a comprimere la funzione dell’assegno oltre il limite della sua vanificazione.

contro questa sentenza, notificata il 27.11.2007, il G. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su quattro motivi e notificato il 7.12.2007 alla I., che ha resistito con controricorso notificato il 15-19.01.2008 a sostegno del ricorso il G. denunzia:

1. “Violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5 e successive modificazioni e vizio di motivazione per non essere stata considerata la natura assistenziale dell’assegno divorzile”, con conclusiva formulazione del seguente quesito di diritto “Voglia la Corte dichiarare se una dimostrata e riconosciuta capacità lavorativa del coniuge istante costituisca mancanza di un presupposto di legge per il riconoscimento dell’assegno divorzile”.

2. “Violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 1999, n. 488 modificativa del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600” sull’in tesi improprio recepimento della giustificazione dell’omessa esibizione della documentazione fiscale e con formulazione del seguente quesito di diritto: “Voglia la Corte, accertato l’obbligo personale del socio di società di persone di presentare la dichiarazione dei redditi ai fini IRPEF (quadro RH) anche in mancanza di utili dichiarare se il mancato adempimento dell’obbligo di esibizione delle dichiarazioni fiscali sia valutabile ai fini della prova induttiva di possesso di redditi”.

3. “Vizio di motivazione per mera condivisione della sentenza di primo grado” sulla situazione di dissesto della società Dolci momenti.

4. “Violazione e falsa applicazione degli artt 2 e 31 della Costituzione e vizio di motivazione per errore di diritto”, con conclusiva formulazione del seguente quesito di diritto: “Voglia la Corte valutare se la formazione di una nuova famiglia, anche mediante la convivenza more uxorio, costituisca espressione della realizzazione della persona umana tutelata dall’art. 2 Cost., e se la sopravvenienza di prole con i conseguenti maggiori oneri derivanti dalla contribuzione alla nuova famiglia, la cui difesa è tutelata dall’art. 31 Cost., possa incidere sulla concreta entità dell’assegno divorzile”;

i primi tre motivi del ricorso sono inammissibili, giacchè:

a) con riguardo ai denunciati vizi motivazionali, non risultano contenere, in violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, un successivo momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) dei rilievi, che ne circoscriva puntualmente i limiti (cfr Cass. SS.UU. 200720603; 200811652;

200816528);

b) con riguardo, invece, alle denunciate violazioni di legge, i formulati quesito di diritto si rivelano non aderenti al disposto del medesimo art. 366 bis cod. proc. civ., risolvendosi in interrogativi generici, privi di riferimenti alle specificità del caso (cfr, tra le numerose altre, cass. SU n. 36 del 2007; cass. n. 4044 del 2009) il quarto motivo del ricorso deve, invece, essere disatteso. I giudici di merito nel confermare pure la misura dell’assegno divorzile già determinata in primo grado a favore della I., hanno, infatti, espressamente considerato anche la sopravvenuta nascita di due figli del G., ineccepibilmente contemperando gli oneri economici connessi a tale nuova situazione con il concorrente obbligo accertato a carico del medesimo ricorrente, di fare fronte pure alle esigenze assistenziali dell’ex moglie.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna del G., soccombente, al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità,liquidate come in dispositivo .

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il G. a rimborsare alla I. le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 1.300,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.Lgs n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 1 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2011

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