Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19456 del 18/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/09/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 18/09/2020), n.19456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CATALOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Nella causa iscritta al N. 13889/2018 R.G. promossa da:

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, C.F. (OMISSIS), rappresentata e

difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

CLEANPOWER SOGLIO S.R.L., in liquidazione (già Cleanpower S.C.p.A.)

rappresentata e difesa dagli Avv.ti Vianello Riccardo del Foro di

Venezia e Marini Giuseppe del Foro di Roma, elett.te dom.ta presso

lo studio del secondo in Roma, Via di Villa Sacchetti n. 9, giusta

procura a margine del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto

n. 1198/09/17, depositata il 28 novembre 2017, asseritamente non

notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 novembre 2019

dal Cons. NocellLuigi a.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La s.c.p.a. Cleanpower proponeva innanzi alla CTP di Padova ricorso avverso gli avvisi di pagamento NN. (OMISSIS) e (OMISSIS), del 30.12.2013, con i quali l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Padova, non riconoscendo alla contribuente il diritto all’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3, lett. b, aveva richiesto il pagamento della somma complessiva di Euro 20.908,34, per accise su energia elettrica relative alle annualità 2007 e 2008; in particolare la Società ricorrente aveva dedotto di possedere i requisiti per beneficiare di detta agevolazione, in quanto autoproduttore, secondo la definizione contenuta nel D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 2, dell’energia elettrica mediante fonti rinnovabili ceduta in parte ad altre società consorziate, come tale riconosciuta in molti provvedimenti della stessa Agenzia delle Dogane; sotto altro profilo aveva eccepito violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 2 ed 11, poichè essa contribuente si era attenuta alle prescrizioni rese da diverse articolazioni dell’Agenzia in sede di rilascio delle licenze di esercizio di impianti diversi; inoltre lamentava eccesso di potere per l’irrogazione delle sanzioni, difetto di legittimazione passiva, carenza di motivazione ed erronea interpretazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, artt. 52 e 53.

All’esito del giudizio di I grado, nel quale l’Agenzia si era costituita chiedendo il rigetto dell’impugnazione, la CTP adita, con sentenza n. 230/02/2016, respinte le questioni preliminari di merito, annullava gli avvisi impugnati riconoscendo alla ricorrente la qualifica di autoproduttore dell’energia elettrica e di aver agito in conformità alle indicazioni ricevute dall’Agenzia resistente.

Su appello principale dell’Agenzia ed incidentale della Società, la CTR del Veneto, con la pronuncia oggetto della presente impugnazione, senza esaminare le eccezioni preliminari riproposte nell’appello incidentale, ha respinto le censure di merito dell’Agenzia appellante, confermando la sentenza appellata e compensando le spese di lite.

In particolare il giudice d’appello, per quanto di residuo rilievo in questo giudizio, sulle varie questioni sollevate dall’appellante ha statuito che: a) “l’interpretazione della normativa da parte dell’Ufficio sia stata modificata dopo che una serie di atti e di comportamenti dello stesso Ufficio aveva creato nel contribuente la convinzione di operare nel rispetto delle norme. A nulla valgono le giustificazioni secondo cui questa convinzione sia stata generata da comportamenti di uffici periferici o centrali o che si sia operato al difuori dell’interpello. In ogni caso si era creata nel contribuente la convinzione di essere nel giusto”; b) “nel caso di consorzi volontari o di società consortili non possa essere fatta valere la considerazione secondo cui si tratta di soggetti giuridici diversi…”, in quanto tali istituti “sono stati pensati per mettere in comune servizi, utili ed economie di scala…”; concludendo che c) “Nel caso specifico la Società contribuente, pur dichiarando di avere la disponibilità degli impianti, non ha dimostrato di produrre energia autonomamente e direttamente, con proprie forze umane, finanziarie, organizzative, elemento questo essenziale ai fini dell’esenzione. A meno che non si voglia equivocare che per disponibilità si intende anche la possibilità di trasferire energia già prodotta”.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ricorre per la cassazione di tale sentenza, con atto notificato il 27.04.2018 ed articolato su 2 motivi.

La S.c.p.A. Cleanpower Soglio ha notificato e depositato controricorso.

Nella camera di consiglio del 27.11.2019 la causa, all’esito della relazione del Cons. Nocella Luigi, è stata decisa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Prima di procedere all’esame dei motivi di ricorso, appare utile una rapida ricognizione della normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie, anche a seguito delle modifiche al D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico accise – TUA) conseguenti alla attuazione, con D.Lgs. 2 febbraio 2007 n. 26 e a far data dal 01/06/2007, della direttiva n. 2003/96/CE del 27 ottobre 2003, che ha ristrutturato il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità.

1.1. Ai sensi dell’art. 52, comma 1, TUA “l’energia elettrica (codice NC 2716) è sottoposta ad accisa al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per l’energia elettrica prodotta per uso proprio”.

1.2. Obbligati al pagamento dell’accisa sono, tra gli altri, anche “gli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio” (art. 53 TUA, comma 1, lett. b)), purchè non esclusi dal pagamento dell’imposta ai sensi dell’art. 52 TUA, comma 2. E, per quanto interessa in questa sede, non è sottoposta ad accisa soltanto l’energia elettrica “prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza non superiore a 20 kW” (art. 52 TUA, comma 2, lett. a)).

1.3. L’officina di produzione è “costituita dal complesso degli apparati di produzione, accumulazione, trasformazione e distribuzione dell’energia elettrica esercitati da una medesima

ditta, anche quando gli apparati sono collocati in luoghi distinti

da quelli in cui si trovano gli apparati di produzione, pur se ubicati in comuni diversi” (art. 54 TUA, comma 1).

1.4. I soggetti obbligati al pagamento delle accise e, in particolare, gli esercenti officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio, “hanno l’obbligo di denunciare preventivamente la propria attività all’Ufficio dell’Agenzia delle dogane competente per territorio e di dichiarare ogni variazione (…)” (art. 53 TUA, comma 4). A seguito della denuncia, l’Ufficio competente, verificata la sussistenza di tutte le condizioni previste dalla legge ed effettuati i necessari controlli, rilascia alle officine di produzione di energia elettrica una licenza di esercizio (art. 53 TUA, comma 7) e queste ultime sono tenute a presentare, entro il mese di marzo dell’anno successivo a quello cui la dichiarazione si riferisce, “una dichiarazione di consumo annuale, contenente, (…), tutti gli elementi necessari per l’accertamento del debito d’imposta relativo ad ogni mese solare, nonchè l’energia elettrica prodotta, prelevata o immessa nella rete di trasmissione o distribuzione” (art. 53 TUA, commi 8 e 9).

1.5. Infine, ai sensi dell’art. 52 TUA, comma 3, lett. b), è esentata da accise l’energia elettrica “prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza disponibile superiore a 20 kW, consumata dalle imprese di autoproduzione in locali e luoghi diversi dalle abitazioni”.

1.6. La formulazione della disposizione riprende, sostanzialmente, il testo della L. 13 maggio 1999, n. 133, art. 10, comma 6, che, con riferimento alle addizionali erariali, così recita: “Al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di cui al Protocollo sui cambiamenti climatici, adottato a Kyoto il 10 dicembre 1997, l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, consumata dalle imprese di autoproduzione e per qualsiasi uso in locali e luoghi diversi dalle abitazioni è esclusa dall’applicazione delle addizionali erariali (…)”. Le menzionate addizionali erariali sono state poi abrogate dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 28, comma 1, e nella nuova formulazione dell’art. 52 TUA, risultante alla novella di cui al D.Lgs. n. 26 del 2007, sono state inserite “tutte le agevolazioni già previste per l’addizionale erariale sull’energia elettrica” (L. n. 388 del 2000, art. 28, comma 3).

1.7. Va, infine, ricordato che, il D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 2, attuativo della direttiva n. 96/92/CE del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, stabilisce che, agli effetti del menzionato decreto, “Autoproduttore è la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società controllante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonchè per uso dei soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui alla L. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4, n. 8, degli appartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

2. Dalla lettura coordinata delle su riportate disposizioni si evince che, ai fini della presente controversia, tutte le officine di produzione di energia elettrica per uso proprio sono soggetti obbligati al pagamento delle accise e devono denunciare preventivamente la propria attività, ottenere il rilascio di una licenza di esercizio e depositare annualmente una dichiarazione di consumo.

2.1. Sono, dunque, soggetti obbligati al pagamento delle accise anche gli autoproduttori indicati dal D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 2, e, specificamente, quei soggetti che producono energia elettrica e la utilizzano in misura non inferiore al settanta per cento annuo per uso proprio ovvero per uso degli appartenenti ai consorzi o alle società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili.

2.2. Invero, sono esentati dal pagamento delle accise unicamente le officine di produzione che producono energia elettrica per uso proprio a condizione che: a) la produzione avvenga con impianti azionati da fonti rinnovabili; b) detti impianti abbiano una potenza disponibile superiore a 20 kw; c) l’energia autoprodotta venga anche autoconsumata per usi differenti da quello abitativo.

3. Ciò premesso, appare opportuno esaminare preliminarmente il secondo motivo, concernente l’esatta individuazione ed interpretazione della disciplina invocata dalla Società contribuente in tema di esenzione all’autoproduttore, non senza dimenticare che, trattandosi appunto di esenzione, i requisiti oggettivi e soggettivi per usufruirne debbono essere provati dalla contribuente.

3.1. Nel motivo, all’esito di un sommario richiamo della normativa e della giurisprudenza di legittimità in materia, l’Agenzia deduce violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3 lett. b, per avere la CTR erroneamente affermato l’applicabilità alla fattispecie dell’esenzione invocata (art. 52 TUA) sulla base della nozione di autoproduttore fornita dal D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, laddove i due testi legislativi regolerebbero sotto diversi profili il medesimo settore economico: le due nozioni di “autoproduttore” ricavabili dal TUA e dal c.d. decreto Bersani sono autonome ed applicabili nei rispettivi ambiti di disciplina, come esplicitato in entrambi i testi normativi.

3.2. Il motivo è fondato.

Pur apparendo la ratio decidendi di non chiara lettura, deve ritenersi certo che la CTR non solo ha erroneamente individuato la norma da applicare, implicitamente presupponendo che il concetto di autoproduttore di cui al D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 2 ,fosse estensibile alla materia delle accise, e quindi disapplicando l’art. 52, comma 3 invocato dall’Agenzia ricorrente; ma ha altresì falsamente applicato la norma stessa, inesplicabilmente riconoscendo il diritto all’esenzione nonostante abbia ritenuto accertata non solo la mancanza del requisito dell’autoconsumo (al quale ha assimilato la cessione ad aziende consorziate), ma anche quello dell’autoproduzione, che ha esplicitamente affermato non essere stata provata.

3.3. Alla luce delle considerazioni già anticipate ai p.p. 2 ss., la decisione della CTR si rivela errata, dovendosi ribadire il principio di diritto che questa Sezione ha già enunciato nella sentenza 16.10.2019 n. 26142, al quale si ritiene di dare continuità e che qui si riporta: “in tema di accise sull’energia elettrica, la società consortile che autoproduce energia elettrica da fonte rinnovabile, con impianti dalla potenza disponibile superiore a 20 kw, beneficia dell’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3, lett. b), (nella sua formulazione applicabile ratione temporis, successiva alle modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 26 del 2007) limitatamente all’energia prodotta e consumata in proprio e non anche a quella prodotta e ceduta ai singoli consorziati”. 3.4. Come già anticipato, la nozione di autoproduzione di cui al D.Lgs. n. 79 del 1999 non è idonea ad individuare i soggetti esentati dal pagamento delle accise ai sensi dell’art. 52 TUA, comma 3, lett. b), i quali non rientrano nella menzionata definizione. A tal fine sembra opportuno evidenziare o ribadire le seguenti considerazioni:

a) il D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 1, afferma che le definizioni di cui ai successivi commi valgono ai soli fini del decreto e, pertanto, la definizione di autoproduzione di cui al comma 2 trova un limite applicativo testuale;

b) la Legge 6. Dicembre 1962, n. 1643 istitutiva del monopolio ENEL sulla produzione e vendita dell’energia elettrica e la Legge 9 gennaio 1991, n. 9 che liberalizzava il mercato dell’energia prodotta da fonti rinnovabili sono normative aventi precipua se non esclusiva finalità di regolazione del mercato dell’energia ai sensi dell’art. 43 Cost., senza alcuna rilevanza diretta o indiretta sul regime fiscale dei prodotti energetici; così come le finalità del decreto Bersani, in linea con la direttiva n. 96/92/CE, sono quelle di perseguire un mercato concorrenziale dell’energia elettrica, mentre il TUA, come modificato dal D.Lgs. n. 26 del 2007, costituisce attuazione della direttiva n. 2003/96/CE, ed ha come obiettivo l’armonizzazione della tassazione degli Stati membri della UE in materia di accise sui prodotti energetici: in questo contesto, la definizione di autoproduzione di cui al decreto Bersani prescinde dalla qualifica di soggetti obbligati al pagamento delle accise che hanno le officine di produzione di energia elettrica per uso proprio ai sensi del Testo unico accise;

c) l’esenzione, prevista dall’art. 52 TUA, comma 3, lett. b), con riferimento all’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ben prima dell’emanazione del D.Lgs. n. 79 del 1999, è limitata all’utilizzazione che fa dell’energia medesima il soggetto autoproduttore ed è di stretta interpretazione: deve, pertanto, essere riconosciuta unicamente alla società consortile che produce l’energia, nei limiti del consumo dalla stessa praticato, e non già per l’ipotesi in cui la società consortile la ceda a distinti soggetti giuridici quali sono i consorziati (nello stesso senso, sebbene con riferimento alle addizionali locali sull’energia elettrica, Cass. n. 8293 del 09/04/2014; Cass. n. 23529 del 12/09/2008), pena facili ed intuibili elusioni della disposizione agevolativa;

d) la giurisprudenza riguardante la traslazione delle agevolazioni IVA spettanti alla società consortile sui singoli consorziati attraverso il meccanismo del cd. ribaltamento dei costi e dei ricavi (Cass. n. 24320 del 04/10/2018; Cass. n. 3166 del 09/02/2018; Cass. n. 18437 del 26/07/2017) segue uno schema differente, in quanto, nelle fattispecie considerate, il contratto di appalto stipulato dal committente con la società consortile è direttamente imputabile alle società consorziate, con conseguente neutralità del consorzio, che non esercita attività commerciale in proprio; nel caso dell’autoproduzione, invece, è la società consortile a svolgere, legittimamente (cfr. Cass. S.U. n. 12190 del 14/06/2016), attività commerciale in proprio e a cedere il prodotto ai consorziati: laddove lo scopo consortile non è certo quello di godere della agevolazione fiscale, ma quello di approvvigionarsi di energia elettrica a costi contenuti.

3.5. A ciò si aggiunga che la L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 911, pur non applicabile alla presente controversia, nel richiamare pedissequamente solo la prima parte del decreto Bersani, art. 2, comma 2, includendo, pertanto, nell’esenzione i soli soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica, implica, a contrario, che i consorzi e le società consortili, già esclusi, rimangono fuori dal campo applicativo della norma anche per gli anni d’imposta successivi al 2016.

3.6. Poichè, nella fattispecie, non è in contestazione (ed emerge chiaramente dal tenore dell’avviso di pagamento impugnato e prodotto anche nel presentei giudizio) che si chiede l’esenzione con riferimento alla sola energia prodotta e ceduta da Cleanpower in favore dei consorziati (e non anche con riferimento all’energia autoprodotta ed autoconsumata), il motivo proposto deve essere senz’altro accolto.

4. Con il secondo motivo l’Agenzia ha denunciato violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2 e art. 11: dopo aver sommariamente riassunto il contenuto precettivo delle due norme, evidenzia che la CTR avrebbe implicitamente ed erroneamente interpretato il disposto dell’invocato art. 10 come se l’affidamento del contribuente in atti e/o generiche direttive dell’Amm.ne potesse giustificare non solo l’esenzione dalle sanzioni connesse, ma altresì dal pagamento del tributo. Quindi critica tale opzione interpretativa ricordando, anche alla luce dell’insegnamento di questa Corte (Cass. sez.V 1.10.2014 n. 20710 ed altre successive), che l’affidamento del contribuente non può far venire meno l’obbligo di adempimento dell’obbligazione tributaria e quindi esentarlo dal pagamento dell’imposta. Quanto all’art. 11 citato, ne rammenta la natura eccezionale e l’inestensibilità per analogia, e la conseguente applicabilità ai soli casi di errore determinato da risposta ad interpello preventivo in senso stretto.

4.1. Anche tale motivo merita accoglimento.

Secondo la ormai prevalente giurisprudenza di questa Corte, cui si intende dare continuità, “la tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancita dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 1 e 2, costituisce espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3,23,53 e 97 Cost. e, in materia di tributi armonizzati, in quelli dell’ordinamento dell’Unione Europea, sicchè deve ritenersi che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni” (così Cass. n. 370 del 09/01/2019, con ampi riferimenti alla giurisprudenza Europea in materia di tributi armonizzati; sempre con riferimento all’esclusione delle sole sanzioni, si vedano ancora Cass. n. 10499 del 03/05/2018; Cass. n. 12635 del 08/02/2017; Cass. n. 5934 del 25/03/2015; Cass. n. 16692 del 03/07/2013; Cass. n. 21070 del 13/10/2011; Cass. n. 19479 del 10/09/2009).

4.1.1. E’ stato altresì precisato che “le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, sicchè, ove il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2” (Cass. n. 12635 del 19/05/2017; Cass. n. 10195 del 18/05/2016; Cass. n. 3757 del 09/03/2012; Cass. n. 2133 del 14/02/2002).

4.1.2. Il principio trova origine nel fondamentale arresto delle Sezioni Unite, per il quale “la circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l’ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l’interpretazione adottata. Ciò è tanto vero che si è posto il problema della eventuale tutela del contribuente di fronte al mutamento di indirizzo (interpretativo) adottato dall’amministrazione e si è escluso che tale tutela sia possibile anche sotto il profilo dell’affidamento, stante la evidente collisione che si determinerebbe con il principio di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di vincolatezza della funzione di imposizione, di irrinunciabilità del diritto di imposta. Non si può, al riguardo, non concordare con quella dottrina secondo la quale ammettere che l’amministrazione, quando esprime opinioni interpretative (ancorchè prive di fondamento nella legge), crea vincoli per sè e i Giudici tributari, equivale a riconoscere all’amministrazione stessa un potere normativo che, a tacer d’altro, è in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge codificato dall’art. 23 Cost. Tutt’al più, come è stato pure affermato, potrebbe ammettersi che il mutamento da parte dell’amministrazione di un precedente indirizzo (interpretativo) sul quale il contribuente possa aver fatto affidamento, eventualmente rilevi (o possa esse valutato) ai fini della applicazione delle sanzioni e della richiesta degli interessi sulle somme dovute a titolo di imposta” (Cass. S.U. n. 23031 del 02/11/2007, in motivazione).

4.1.3. E’ ben vero che, giusta la valenza generale del principio del legittimo affidamento, i casi di tutela espressamente enunciati dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, della (attinenti all’area della irrogazione di sanzioni e della richiesta di interessi), vanno considerati quali situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, atteso che la regola è idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti (Cass. n. 620 del 12/01/2018; Cass. n. 537 del 14/01/2015; Cass. n. 14000 del 22/09/2003; Cass. n. 17576 del 10/12/2002; si veda anche Cass. n. 8197 del 22/04/2015).

Tuttavia, come chiarito da Cass. n. 25299 del 20/11/2013, affermare che la L. n. 212 del 2000, art. 10 è una norma aperta comporta unicamente “che la induzione in errore incolpevole del contribuente può essere determinata anche da differenti circostanze di fatto ovvero anche da altre condotte, imputabili ad errore della Amministrazione finanziaria, dalla stessa norma non espressamente considerate”. Si tratta, pertanto, di ampliare l’applicazione del principio a condotte diverse da quelle tipizzate, e non solo alle errate “indicazioni contenute in atti” dell’Amministrazione ovvero ai “fatti (…) conseguenti a ritardi, omissioni od errori” della stessa (L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2) o ancora alle “obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma impositiva” (L. n. 212 del 2000, art. 11, comma 3); condotte in presenza delle quali la tutela del legittimo affidamento possa parimenti venire ad incidere sulla stessa debenza del tributo (si tratta appunto della peculiare ipotesi esaminata da Cass. n. 17576 del 2002, citata anche dalla difesa di Cleanpower).

Situazioni siffatte, in cui la tutela del legittimo affidamento viene ad incidere sulla stessa debenza del tributo, sono caratterizzate da circostanze concrete di natura eccezionale, e non necessariamente ricomprendono quelle in cui l’induzione in errore sia da ascriversi ad informazioni fornite dalla Amministrazione doganale con atti interpretativi di carattere generale o con erronee prassi applicative, che sono già espressamente contemplate dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, e sono, dunque, inidonee ad esonerare il contribuente dall’obbligazione tributaria principale (cfr. sempre Cass. n. 25299 del 2013, cit.).

Nè appare corretta l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, circa l’irrilevanza sia dei soggetti che hanno emanato gli atti in virtù dei quali si sarebbe determinato l’affidamento della contribuente, sia della loro emanazione all’esito della procedura d’interpello: invero in primo luogo l’efficacia della risoluzione o della circolare che segue l’interpello è legata alla natura preventiva del ricorso allo specifico procedimento regolato dall’arti). cit. (Cass. sez.V 17.07.2014 n. 16631); di conseguenza essa “vincola l’Amministrazione, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 11, comma 3, con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza o, al più, con riguardo ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello” (Cass. n. 735 del 13/01/2017); in secondo luogo la pronuncia non ha indicato quale atto tra quelli invocati dalla Cleanpower sarebbe stato emesso in seguito ad interpello sulla specifica questione di rilievo.

4.2. Orbene la CTR, nel richiamare sommariamente il mutamento di indirizzo assunto dagli organi dell’Amm.ne Finanziaria, è pervenuta a conclusioni contrarie ai richiamati principi di diritto: essa invero non si è minimamente preoccupata di individuarne le conseguenze legali tipiche, di fatto obliterando che l’Agenzia, avendo già riconosciuto la sussistenza della buona fede della contribuente, aveva omesso di pretendere interessi e sanzioni; sotto altro profilo che l’erroneo riconoscimento alla stessa, in svariati atti dell’Amministrazione finanziaria, della qualità di autoproduttore di energia elettrica da fonti rinnovabili escluso dall’obbligo di pagamento delle accise, non avrebbe potuto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Società controricorrente, condurre al riconoscimento dell’esenzione dal pagamento dell’imposta e, quindi, all’annullamento dell’avviso.

5.1. Nè la norma così interpretata è incostituzionale, perchè al principio, di rilievo costituzionale, del legittimo affidamento fa, comunque, da contraltare il principio, di rilevanza costituzionale, della riserva di legge, nonchè gli ulteriori principi di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di obbligatorietà della funzione di imposizione e di irrinunciabilità del diritto di imposta, già menzionati dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. anche Cass. sez. V 12.08.2008 n. 23523; Cass. sez. V 27.03.2019 n. 8514).

6. In conclusione, il ricorso deve essere accolto. Tuttavia, non emergendo la necessità di ulteriori accertamenti, in quanto è fatto incontroverso che la pretesa impositiva attivata con l’avviso impugnato si limita al solo pagamento delle accise sui consumi di energia ceduta dalla Società ricorrente alle Società consorziate, la Corte è in grado di pronunciare nel merito, respingendo il ricorso introduttivo proposto contro l’avviso impugnato.

La novità di alcune delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese della presente fase di giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo di primo grado. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2020

 

 

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