Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19455 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19455 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DE MARINIS NICOLA

ORDINANZA
sul ricorso 5363-2017 proposto da:
NUNZIATA IMMACOLATA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA VITTORIO COLONNA 40, presso lo studio dell’avvocato
ALBERTO DI CAPUA, rappresentata e difesa dall’avvocato
GIUSEPPE SANGIOVANNI;
– ricorrente contro
FERRARA AUTILIA;
– intimata avverso la sentenza n. 7772/2015 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI, depositata il 15/02/2016;

Data pubblicazione: 20/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 18/04/2018 dal Consigliere Dott. NICOLA DE
MARINIS.

RILEVATO
che con sentenza del 15 febbraio 2016, la Corte d’Appello di Napoli, in

domanda proposta da Autilia Ferrara nei confronti di Immacolata
Nunziata, accertando la natura subordinata del rapporto di lavoro
domestico costituitosi tra le parti per due distinti periodi, dal 15.3.1997
al 30.12.2004 e dal 30.7.2005 al 30.3.2007 e condannando la Nunziata al
pagamento degli importi maturati a titolo di retribuzione ordinaria, 13^
mensilità, indennità per ferie non godute e indennità di mancato
preavviso, quantificati, a fronte di una domanda limitata ad euro
8.425,95 ed integrata dalla seguente formula “o, in mancanza, nella
misura che riterrà stabilire l’adita Giustizia a seguito di consulenza
tecnica”, in euro 17.026,45 in base all’esito dell’espletata CTU;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto
provata la subordinazione e dovute le rivendicate differenze retributive
nell’importo risultante dalla disposta CTU;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la Nunziata, affidando
l’impugnazione a due motivi, in relazione alla quale la Ferrara non ha
svolto alcuna attività difensiva;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata
comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza
in camera di consiglio non partecipata;
che la ricorrente ha poi presentato memoria;

CONSIDERATO
che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e
falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 132, comma 4, c.p.c. e
Ric. 2017 n. 05363 sez. ML – ud. 18-04-2018
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riforma della decisione resa dal Tribunale di Nola, accoglieva la

118 disp. att. c.p.c., deduce il carattere meramente apparente della
motivazione, che, a suo dire, assume quali elementi rilevanti ai fini della
prova circostanze di fatto o dichiarazioni prive di quella efficacia (in
particolare circa l’esistenza stessa del rapporto) o addirittura dà per
provate allegazioni di fatto del cui accertamento istruttorio non si dà

rapporto medesimo);
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione dell’art. 112
c.p.c., la ricorrente imputa alla Corte territoriale di essere incorsa nel
vizio di ultrapetizione nell’aver sancito la condanna ad importi eccedenti
la quantificazione operata con il ricorso introduttivo in difetto di
apposita domanda, non desumibile dalle conclusioni rassegnate in atti
dalla Ferrara;
che, il primo motivo deve ritenersi inammissibile, atteso che, tenuto
conto, in relazione al caso di specie, degli oggettivi limiti
dell’accertamento istruttorio, evidenziati dalla stessa Corte territoriale, il
convincimento da questa espresso in ordine all’idoneità degli elementi
raccolti a supportare le allegazioni in fatto dell’originaria ricorrente così
da consentire di ritenerle integralmente provate, non risulta inficiato sul
piano logico e giuridico dalle censure sollevate dall’odierna ricorrente,
destinate, pertanto, a risolversi nella mera prospettazione di una diversa
ricostruzione dei fatti;
che, di contro, il secondo motivo merita accoglimento, non
legittimandosi la statuizione sul punto della Corte territoriale,
nell’assenza, attestata dall’andamento processuale, di qualsiasi iniziativa
della Ferrara volta all’adeguamento del quantum della domanda come
formulato nelle originarie conclusioni ai più favorevoli risultati
dell’espletata CTU (vedi Cass. 21.6.2016, n. 12724, in base alla quale
ove all’esito dell’istruttoria compiuta, anche tramite consulenza tecnica
Ric. 2017 n. 05363 sez. ML – ud. 18-04-2018
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riscontro (con particolare riguardo alle modalità di svolgimento del

d’ufficio, l’ammontare dell’importo preteso sia risultato maggiore di
quello originariamente chiesto e la parte nelle conclusioni definitive si
sia limitata a richiamare quelle originarie contenenti la formula “somma
maggiore o minore ritenuta dovuta” o altra equivalente, l’omessa
indicazione del maggior importo accertato evidenzia la natura

motivo della ragionevole incertezza della somma da liquidarsi”);
che, pertanto, parzialmente discostandosi dalla proposta del relatore,
dichiarato inammissibile il primo motivo, va accolto il secondo, in
relazione ad esso cassata la sentenza impugnata e la causa, non
abbisognevole di ulteriori accertamenti in fatto, decisa nel merito, con la
condanna della Nunziata al pagamento in favore della Ferrara delle
rivendicate differenze retributive nell’importo originariamente
quantificato, ferma la regolamentazione delle spese operate in sede di
gravame e compensate, invece, le spese del presente giudizio di
legittimità.

P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, inammissibile il primo, cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel
merito condanna la Nunziata al pagamento della somma di euro
8.425,95 oltre accessori come per legge. Compensa le spese del presente
giudizio di legittimità, confermando le spese del giudizio d’appello come
liquidate in sentenza.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 aprile 2018
Il Presidente

meramente di stile della formula utilizzata, in origine non ravvisabile, a

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