Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19455 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. I, 18/07/2019, (ud. 05/04/2019, dep. 18/07/2019), n.19455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23614/2017 proposto da:

R.L., elettivamente domiciliata in Roma, Via Basento, 57

presso lo studio dell’avvocato Francesco Mazza che la rappresenta e

difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

O.A.;

– intimato –

avverso il decreto della Corte di appello di Roma, depositato il

26/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/04/2019 dal Cons. Laura Scalia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Roma con decreto depositato il 22 maggio 2015 modificava il regime di affido di O.E., figlio minore di O.A., nato il (OMISSIS) dalla relazione more uxorio con R.L., disponendo che il padre, che viveva stabilmente a Cagliari, potesse vederlo e tenerlo con sè previo accordo con la madre quando avesse voluto e comunque nei fine settimana alternati, stabilendo che una sola volta al mese il figlio si recasse a Cagliari dal padre e durante le vacanze scolastiche per trenta giorni, anche non consecutivi, previo accordo con la madre, ferme le precedenti statuizioni fissate con decreto del 29 aprile 2011 dal Tribunale per i minori, in recepimento dell’accordo tra le parti intervenuto.

2. O.A. proponeva reclamo avverso l’indicato decreto alla Corte di appello di Roma deducendo il travisamento della situazione in essere tra le parti e per la quale egli aveva chiesto la rimodulazione delle modalità di visita del figlio.

Egli insisteva quindi di poter vedere e frequentare il figlio in occasione dei weekend e dei ponti festivi presso la propria residenza in Sardegna, con spese del viaggio aereo a suo carico e con previsione che durante la sospensione dalle attività scolastiche il figlio potesse risiedere presso il padre, nella impossibilità di questi di frequentarlo nel giorno infrasettimanale fissato, con possibilità per la madre di vederlo e tenerlo con sè nel mese di agosto per due settimane, alternandosi poi tra i due genitori la permanenza per le festività pasquali e natalizie.

Il ricorrente insisteva, in ragione delle intervenute modifiche delle condizioni economiche e di vita, per la rideterminazione dell’assegno di contributo al mantenimento dalla già fissata misura di 1.800,00 Euro mensili, alla minor somma di Euro 700,00 mensili per le spese ordinarie e con riparto tra i genitori delle spese straordinarie al 50%.

3. La Corte di appello di Roma, con decreto depositato il 26 settembre 2017 ed in riforma di quello impugnato, in modifica delle condizioni di collocamento e mantenimento ivi fissate ed all’esito dell’ascolto del minore, disponeva il collocamento prevalente del figlio nell’abitazione paterna in (OMISSIS), in ragione del sopravvenuto trasferimento del ricorrente, stabilendo poi che la madre potesse vedere e tenere con sè il figlio a settimane alternate, con riparto delle spese di viaggio aereo tra i due genitori, e comunque ogni volta che lo avesse voluto, oltre che trenta giorni durante il periodo estivo.

4. Ricorre per la cassazione dell’indicato provvedimento R.L. con cinque motivi di annullamento.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 337 ter c.p.c., comma 4, in cui sarebbe incorsa la Corte di appello nell’aver posto a carico della ricorrente obblighi economici sproporzionati al reddito sia quanto al mantenimento diretto del figlio nei periodi di permanenza presso di sè che quanto alle visite parentali ed al contributo alla spese straordinarie.

L’indicata violazione avrebbe altresì violato le previsioni sul diritto del minore alla cd. bigenitorialità (art. 337 ter c.p.c., comma 1) perchè lo stato di inoccupazione della madre ed il suo reddito irrisorio, pari a 400 Euro all’anno, le avrebbero impedito di adempiere alle obbligazioni economiche fissate e quindi di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con il figlio che sarebbe stato privato, di fatto, della figura materna.

La Corte di appello pur dichiarando di prendere in valutazione l’esiguo reddito della madre avrebbe falsamente applicato le disposizioni di legge ponendo a carico della stessa contributi non proporzionati in punto di mantenimento diretto durante i periodi di permanenza presso di sè del figlio, di spese di viaggio aereo per la tratta (OMISSIS) e di spese straordinarie.

Il motivo è fondato.

A seguito della separazione personale dei coniugi – cui è equiparabile la separazione tra persone conviventi more uxorio (art. 337 bis c.c.) – nel quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori oltre all’apprezzamento delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto.

In tale prospettiva, si è ritenuto da questa Corte che debba essere effettuata un’adeguata indagine circa le risorse patrimoniali e reddituali di ciascuno dei genitori, senza trascurare la maggiore capacità patrimoniale del padre, laddove sia comunque accertata nel caso concreto (Cass. 01/03/2018 n. 4811).

Nel caso di specie, la sentenza di appello è incorsa nella dedotta violazione dell’art. 337 ter c.c., nell’interpretazione offertane dalla giurisprudenza di legittimità per il riportato principio.

La Corte territoriale non ha infatti effettuato alcuna indagine sulle condizioni patrimoniali delle parti sebbene abbia sostanzialmente riconosciuto che la condizione patrimoniale dell’ O. – benchè egli avesse “volontariamente”, il che lascia presumere che fosse in condizione di farlo, cessato l’attività lavorativa – fosse migliore avendo egli comunque conseguito “le utilità”, non meglio specificate, di cui aveva già dato conto il Tribunale, rispetto alla condizione patrimoniale della R., che la stessa Corte afferma essere nella “condizione di inoccupazione”.

Nè si è tenuto conto, che la madre è gravata, al pari del padre, delle spese di viaggio del figlio da Cagliari a Roma.

La decisione non risulta, quindi, adottata, in conseguenzialità, con la specifica valutazione, comparazione ed indicazione delle reciproche condizioni patrimoniali dei genitori al fine di determinare correttamente, tenuto conto di tutti gli elementi indicati nell’art. 337 ter c.c., il contributo di ciascuno al mantenimento del figlio ancora minorenne.

Il motivo fondato determina l’annullamento in parte qua dell’impugnato decreto.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 337 ter c.c., comma 2, in cui sarebbe incorsa la Corte di appello per avere disposto “unilateralmente” il trasferimento della prevalente collocazione del minore presso il padre a (OMISSIS), in un’abitazione di sua proprietà neppure oggetto di domanda, e la revoca dell’assegnazione della casa familiare in (OMISSIS), in cui sino ad allora la ricorrente era vissuta con il figlio, giusta comodato di scopo, con la sua restituzione alla nonna paterna, proprietaria.

In tal modo il minore avrebbe irreversibilmente perduto la disponibilità di un alloggio autonomo sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica ed il provvedimento avrebbe gravemente pregiudicato l’interesse del primo in difetto di domande sul disposto prevalente collocamento, non essendo sufficiente il desiderio espresso dal figlio in sede di ascolto di trasferirsi presso il padre a precludere difformi decisioni da parte dei giudici.

Il motivo è infondato.

Il coniuge affidata rio della prole minorenne, o maggiorenne non autosufficiente, assegnatario della casa familiare, può o.rre al comodante, che chieda il rilascio dell’immobile, l’esistenza di un provvedimento di assegnazione, pronunciato in un giudizio di separazione o divorzio (cui è equiparabile anche la separazione nella convivenza more uxorio, ai sensi dell’art. 337 bis c.c.) solo se tra il comodante e almeno uno dei coniugi (salva la concentrazione del rapporto in capo all’assegnatario, ancorchè diverso) il contratto in precedenza insorto abbia contemplato la destinazione del bene a casa familiare. Ne consegue che, in tale evenienza, il rapporto, riconducibile al tipo regolato dagli artt. 1803 e 1809 c.c., sorge per un uso determinato ed ha – in assenza di una espressa indicazione della scadenza – una durata determinabile “per relationem”, con applicazione delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, indipendentemente, dunque, dall’insorgere di una crisi coniugale, ed è destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari (nella specie, relative a figli minori) che avevano legittimato l’assegnazione dell’immobile (Cass. Sez. U. 29/09/2014, n. 20448; Cass. 09/02/2016 n. 2506).

Nel caso di specie, il figlio minore della coppia – di sedici anni sentito dalla Corte d’appello ha consapevolmente e motivatamente espresso il desiderio di convivere, a tempo indeterminato, con il padre nel luogo di residenza del padre, in (OMISSIS), dove il ragazzo ha la disponibilità di una stanza nell’appartamento del primo e dove gode di un suo ambiente (scuola, amici, ecc.), al pari di quello che aveva a (OMISSIS).

Venuta meno, quindi, la destinazione dell’abitazione romana a residenza abituale del minore, sono destinate a prevalere in applicazione del richiamato principio le esigenze della comodante ovverosia della nonna paterna alla quale l’immobile deve, pertanto, essere restituito.

3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 337 ter c.c., comma 2, per avere la Corte di merito posto a carico del minore, in violazione del suo superiore interesse morale e materiale, l’obbligo di espletamento delle visite parentali alla madre in (OMISSIS) e non viceversa, trasferendo in tal modo i giudici di appello l’obbligazione, prevista dalla legge a carico della genitrice sul figlio, permanendo sulla prima solo l’obbligazione di acquisto dei biglietti.

Il motivo è infondato.

Il coniuge separato che intenda trasferire la residenza lontano da quella dell’altro coniuge non perde, invero, per ciò solo, l’idoneità ad avere in affidamento i figli minori, o di rendersi collocatario dei medesimi; sicchè il giudice deve esclusivamente valutare se sia più funzionale all’interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò ineluttabilmente incida in negativo sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non affidatario (Cass. 14/09/2016 n. 18087; Cass. 12/05/2015 n. 9633).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha valutato la conformità all’interesse del minore – quasi maggiorenne – non soltanto del fatto di vivere lontano dalla madre, per un periodo di tempo indeterminato e sia pure con dispiacere, per l’espresso suo “bisogno di stare col padre”, ma anche il fatto di non perdere del tutto i contatti con l’ambiente romano (nel quale il ragazzo era vissuto fino a quel momento), in conformità al desiderio del primo di “invertire la rotta”, percorrendo la tratta (OMISSIS) anzichè quella contraria fino ad allora attraversata.

Del resto il minore anche in precedenza era stato soggetto a spostamenti di segno contrario ((OMISSIS)), senza che venisse rilevata dal giudice di merito problematica alcuna e la valutazione impugnata si sottrae in questa sede alla dedotta censura.

4. Con il quarto motivo si deduce la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Corte romana nella parte in cui non aveva dichiarato l’inammissibilità ex art. 345 c.p.c., e art. 111 Cost., comma 2, delle domande nuove proposte in sede di reclamo dal sig. O. rispetto a quelle contenute nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado e di quelle ulteriori introdotte con la memoria del 20 marzo 2017 in sede di reclamo, ritenendo la possibilità del reclamante di modificare, ai sensi dell’art. 710 c.p.c., le domande in corso di giudizio in ragione di circostanze sopravvenute.

L’esercizio dei poteri di ufficio non avrebbe potuto essere reso in violazione di legge per sanare domande nuove e come tali inammissibili.

Il motivo è infondato.

La natura pubblicistica del procedimento e la non necessità del rispetto della regola della domanda fa sì che nel giudizio di reclamo di cui agli artt. 710 e 737 c.p.c. e ss., anche per la fase di appello, si accompagni l’introducibilità di modifiche e nuove domande senza necessità che si abbia ex novo altro procedimento; ragioni di economia e di tempi ragionevoli nella trattazione della materia, permeata dalla tutela dell’interesse del minore che come tale si esprime e misura anche sul carattere tempestivo della risposta giudiziale, sostengono l’indicata scelta processuale (vd. Cass. 10/05/2013 n. 11218).

Sull’indicata premessa ed in applicazione dell’indicato principio, per quanto concerne la domanda di modifica del diritto di visita, va ancora osservato che, in sede di modifica delle condizioni di separazione personale dei coniugi (o dei conviventi more uxorio), rientra nei poteri ufficiosi del giudice rimodulare i periodi in cui il genitore può tenere presso di sè il figlio di cui è disposto l’affidamento condiviso, in relazione alla nuova situazione determinatasi (Cass. 21/03/2011 n. 6339).

Quanto poi alla domanda di modifica del contributo al mantenimento, vero è che la censura resta assorbita dall’accoglimento del primo motivo.

5. Con il quinto motivo si denuncia la violazione dell’art. 342 c.p.c., comma 1, dell’impugnato provvedimento là dove non aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso in reclamo per carenza della specifica indicazione delle parti del provvedimento reclamato, delle modifiche domandate alla ricostruzione del fatto compiuta dal Tribunale.

Il motivo è infondato.

Non sussiste la violazione dell’art. 342 c.p.c., avendo la stessa ricorrente indicato (p. 6) e per l’effetto riconosciuto che il reclamo ex art. 739 c.p.c., aveva avuto ad oggetto due specifiche censure al provvedimento reso in prime cure, consistenti nella rimodulazione dei tempi e delle modalità di espletamento delle visite parentali, nonchè l’entità del contributo da corrispondere per il mantenimento del figlio minore.

D’altro canto sul punto la Corte d’appello ha adeguatamente motivato nè vengono in valutazione per la proposta censura profili di illegittimità della motivazione sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, trattandosi, piuttosto, di una mera reiterazione di critica a cui ha correttamente risposto la Corte di appello pienamente segnalando le ragioni di ammissibilità del ricorso.

6. Conclusivamente va accolto il primo motivo di ricorso, con rigetto dei restanti, ed il decreto impugnato va cassato con rinvio nei termini di cui in dispositivo con rinvio dinanzi alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese di questa fase del giudizio.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso; rigetta gli altri e cassa con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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