Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19454 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19454 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DE MARINIS NICOLA

ORDINANZA
sul ricorso 1264-2017 proposto da:
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA C..80184430587, in
persona del Rettore e legale rappresentante pro tempore, domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
MOROZZI ANNA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI
PIETRA n.26, presso lo studio dell’avvocato LOREDANA
RONDEI ALI, rappresentata e difesa dall’avvocato EMILIO
BAGIANTI;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 20/07/2018

avverso la sentenza n. 203/2016 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA, depositata il 15/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 17/04/2018 dal Consigliere Dott. NICOLA DE
NIARINIS.

che con sentenza del 15 ottobre 2016, la Corte d’Appello di Perugia
confermava la decisione resa dal Tribunale di Perugia e accoglieva la
domanda proposta in via subordinata da Anna Morozzi nei confronti
dell’Università degli Studi di Perugia, avente ad oggetto, previa
declaratoria di nullità della clausola appositiva del termine triennale
all’unico contratto concluso tra le parti per il periodo 3.7.2006 e
2.7.2009, la condanna al risarcimento del danno conseguente;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto
fondata la pretesa risarcitoria in ragione della nullità del contratto per
difetto dell’indicazione in esso della causale giustificativa, neppure
desumibile aliunde;
che per la cassazione di tale decisione ricorre l’Università affidando
l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Morozzi;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata
comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza
in camera di consiglio non partecipata;

CONSIDERATO
che, con il primo motivo, l’Università ricorrente, nel denunciare la
violazione e falsa applicazione dell’art. 32 1. n. 183/2010, deduce
l’erroneità della pronunzia di inammissibilità resa dalla Corte territoriale
per difetto di interesse ad agire stante il maggiore onere economico
connesso alla censura proposta concernente il riferimento alla predetta

Ric. 2017 n. 01264 sez. ML – ud. 17-04-2018
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RILEVATO

norma, in luogo dell’art. 8, 1. n. 604/1966, quale parametro di
determinazione del risarcimento dovuto per il danno subito;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1, d.lgs. n. 368/2001, l’Università ricorrente imputa
alla Corte territoriale l’omessa considerazione del richiamo recato dal

bando di concorso all’art. 19 del CCNL per il comparto università quale
indicazione “per relationem” utile ai fini dell’assolvimento dell’onere di
specificazione delle esigenze legittimanti la disposta assunzione a
termine;
che muovendo, stante la sua priorità logica, dal secondo motivo di
ricorso, ne va rilevata l’inammissibilità, atteso che avendo la Corte
territoriale proceduto alla valutazione della desumibilità aliunde della
causale giustificativa dell’apposizione del termine al contratto (ed in
particolare dal richiamo nel bando relativo alla procedura concorsuale
che ha dato luogo all’assunzione della Morozzi dell’art. 19 del CCNI, del
comparto università, invocato dall’odierna ricorrente) la confutazione
dell’esito negativo di quella valutazione si risolve nella mera
contestazione del giudizio riservato al giudice del merito circa l’idoneità
dei riferimenti

“per relationem”

alla causale predetta ai fini

dell’assolvimento dell’obbligo di specificazione che incombe al soggetto
datore;
che, di contro, il primo motivo merita accoglimento ravvisandosi
l’interesse dell’Università ricorrente ad una pronunzia di insussistenza
nella specie del diritto al risarcimento ex art. 32,1. n. 183/2010, alla luce
dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. 15.3.2016,
poi ribadito da successive pronunzie a sezione semplice per le quali vedi
da ultimo Cass., 2.3.2017 n. 5319), secondo cui la disciplina di cui all’art.
32, comma 5, 1. n. 183/2010, considerata, con riferimento ai rapporti a
termine instaurati con le pubbliche amministrazioni, nei confronti delle
Ric. 2017 n. 01264 sez. ML – ud. 17-04-2018
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()

quali non è ammessa la conversione a tempo indeterminato del rapporto
illegittimamente instaurato, come esclusivamente destinata ad agevolare
l’onere probatorio del danno conseguente alla dichiarata nullità del
termine, si giustifica in relazione alla necessità di garantire efficacia
dissuasiva alla clausola 5 dell’Accordo quadro recepito nella direttiva

derivanti dalla successione di contratti a termine, non può logicamente
trovare applicazione nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie,
l’illegittimità concerna l’apposizione del termine ad un unico contratto di
lavoro;
che, pertanto, parzialmente discostandosi dalla proposta del relatore,
dichiarato inammissibile il secondo motivo, il primo motivo di ricorso
va accolto e la sentenza impugnata cassata in relazione a tale motivo con
rinvio alla Corte d’Appello di Roma che provvederà in conformità,
disponendo anche per l’attribuzione delle spese del presente giudizio di
legittimità;

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia,
anche per le spese, alla Corte d’Appello di Roma.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 aprile 2018

1999/70/CE e, concernendo quest’ultima la prevenzione degli abusi

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