Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19453 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. I, 18/07/2019, (ud. 14/03/2019, dep. 18/07/2019), n.19453

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15927/2017 proposto da:

E.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via Cassiodoro n.

19 presso lo studio dell’avvocato Maurizio Calò che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Dieter Thomaseth giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.S., già E.S., e A.M., già

E.M., elettivamente domiciliati in Roma, Via Sardegna n. 29 presso

lo studio dell’avvocato Chiara Pacifici che li rappresenta e

difende, unitamente all’avvocato Michael Vescoli, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 77/2017 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO –

SEZIONE DISTACCATA DI BOLZANO, del 03/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/03/2019 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, su istanza di A.S. e A.M., entrambi cittadini tedeschi, con decreto, emesso ai sensi dell’art. 41 del regolamento CE n. 44/2001, del 23 settembre 2016 ha dichiarato l’esecutività in territorio nazionale della sentenza del Tribunale di distrettuale di Detmold (Germania) in data 22 giugno 2006 che, nella sua contumacia, condannava E.C. al pagamento, in favore dei primi, di un contributo agli alimenti.

Avverso tale decreto ha proposto opposizione E.C. deducendo la mancata conoscenza del procedimento svoltosi in Germania e contestando la corretta applicazione della normativa relativa al caso di specie.

La Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con sentenza del 31 maggio 2017 ha rigettato l’opposizione, ritenendo la sussistenza dei presupposti per la declaratoria di esecutività della sentenza straniera e confermando il decreto opposto.

2. Ricorre per la cassazione dell’indicata sentenza E.C. affidando il proposto mezzo a due motivi.

Resistono con controricorso A.S. e A.M. che chiedono condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo articolato motivo il ricorrente denuncia la violazione di norme di diritto e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).

La Corte di merito avrebbe violato l’art. 19 del Regolamento CE n. 1348 del 2000 relativo alla notificazione e comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile e commerciale e sarebbe altresì incorsa nella violazione dell’art. 34 del Regolamento CE n. 44 del 2001 relativo alla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e, ancora, nella violazione dell’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea; sarebbe stato omesso l’esame del documento n. 2 del ricorrente.

Nella contumacia del ricorrente, il procedimento notificatorio relativo al giudizio svoltosi in Germania ed avente ad oggetto: a) l’atto introduttivo notificato il giorno 11.12.2003; b) la citazione integrativa notificata il giorno 8.10.2004; c) la sentenza contumaciale notificata il 5.7.2005; avrebbe condizionato l’efficacia del titolo da riconoscersi in Italia.

La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che le notifiche degli indicati atti al convenuto contumace fossero intervenute in applicazione dell’art. 19, lett. a) del Regolamento CE n. 1348 del 2000, e quindi nelle “forme prescritte dalla legislazione dello Stato membro richiesto per la notificazione”, là dove invece/ dalla documentazione versata in copia fotostatica in atti sarebbe emerso che la notifica era avvenuta ai sensi della lett. b) della medesima norma, direttamente a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ex art. 14 del Regolamento, e quindi secondo “altra procedura” prevista dal medesimo regolamento.

L’esame delle fotocopie delle tre cartoline di ricevimento formate dalle Poste tedesche, allegate alla comparsa di costituzione e relative ai due atti, introduttivo ed integrativo, e alla sentenza, ne avrebbe rivelato una formazione difforme rispetto all’omologo documento italiano. Ed infatti: a) le ricevute non avrebbc&contenuto alcuna forma di relata di notifica non prevedendo l’apposizione da parte dell’ufficiale postale della propria sottoscrizione in calce nè l’identificazione del soggetto a cui l’atto era stato consegnato; b) le ricevute avrebbero rivelato altresì la macroscopica differenza esistente tra le tre sottoscrizioni apposte su ciascuna di esse; c) la documentazione in atti non avrebbe comprovato l’integrale notifica della sentenza poichè il doc. 3 di controparte, allegato alla comparsa di costituzione del 30.1.2017, consisteva della sola prima pagina del provvedimento giudiziale straniero e della relativa cartolina di ricevimento.

La Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare il doc. 2 allegato all’atto di opposizione prodotto dal ricorrente, da cui sarebbe risultato che in data 20 settembre 2005 le Poste tedesche, nel fornire risposta al Tribunale di Detmold, che chiedeva chiarimenti sulla data della notifica, certificavano che la sentenza contumaciale non era stata consegnata a mani del ricorrente, ma ad un diverso soggetto, asseritamente “autorizzato” al ricevimento.

Non sarebbe stato rispettato quanto statuito dal Tribunale tedesco che aveva disposto la notifica della sentenza per intero e a mani del convenuto e la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che tutti gli atti erano stati notificati personalmente al ricorrente.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) in relazione agli artt. 54 e 55 del Regolamento CE n. 44 del 2001; omesso esame del documento prodotto all’udienza dell’8 marzo 2017.

La Corte bolzanina avrebbe ritenuto l’assoluta regolarità della procedura di notifica e dell’intero giudizio di riconoscimento della sentenza straniera pronunciata nella contumacia del convenuto in quanto garantita dalla presenza – nel fascicolo degli istanti – dell’attestato di cui agli artt. 54 e 55 del Regolamento n. 44/2001, necessario agli indicati fini ex art. 34 Reg. cit.

Il documento in questione sarebbe invece consistito nel diverso “estratto della decisione rilasciato dall’autorità giurisdizionale mediante il modulo di cui all’allegato I” previsto dall’art. 20, comma 1, lett. b) del Regolamento CE n. 4 del 2009, che era stato rilasciato dal Tribunale tedesco per avere ritenuto applicabile la normativa sul “titolo giudiziario Europeo” che prescinde da un formale riconoscimento giudiziario, in caso di decisione emessa da Stato vincolato dal protocollo dell’Aja del 2007.

3. Il primo motivo di ricorso, articolato per plurime censure, si espone in parte ad un giudizio di inammissibilità ed in parte di infondatezza.

3.1. I profili di inammissibilità del motivo attengono alle questioni della integrità del documento notificato (comprensivo, quanto alla sentenza, del solo frontespizio del provvedimento notificato) e della irregolarità delle firme portate sugli avvisi di ricevimento nel ricorso definite come tra loro macroscopicamente diverse.

Si tratta di questioni nuove che, non esaminate dal giudice del merito, vengono per la prima volta dedotte nel giudizio di cassazione senza peraltro che, a fronte del silenzio serbato dal primo giudice, questa Corte di legittimità sia stata posta nelle condizioni di esercitare il proprio sindacato, in difetto di contrarie allegazioni del ricorrente dirette a sostenere tempestività e puntualità della deduzione nella fase di merito.

3.2. Nel resto, quanto alla contestata regolarità della notifica a mezzo posta della citazione originaria dell’11.12.2003, come integrata dalla successiva dell’8.10.2004, nonchè della sentenza, si tratta di tema a cui dare soluzione nel rispetto del principio del contraddittorio in un giudizio avente ad oggetto il riconoscimento di un titolo straniero.

Più esattamente per l’indicata questione viene in valutazione la riconoscibilità di un titolo giurisdizionale adottato nello spazio Euro-unitario da uno degli Stati membri rispetto ad altro, in una ipotesi in cui, contestandosi l’osservanza del principio del ontraddittorio nel processo straniero in cui il titolo si è formato, si affermi la violazione dell’ordine pubblico processuale quale causa ostativa al riconoscimento.

4. Sia la Legge di riforma del diritto internazionale privato, – la n. 218 del 1995, art. 64, lett. b) – che il diritto uniforme Europeo – il regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, quest’ultimo all’art. 34) – convergono sul principio del riconoscimento automatico di sentenze straniere in materia civile e commerciale, rivestendo il diniego dell’esecutività carattere di straordinarietà (vd. Cass. 05/04/2012 n. 5487).

4.1. Nell’avvertita esigenza di dare armonica regolamentazione e certezza alle situazioni giuridiche, il giudice della lex fori, che venga adito da chi abbia ottenuto il titolo, rimette la regolamentazione della situazione all’accertamento operato nello Stato straniero che, presuntivamente efficace, resta vinto solo dalla positiva verifica di eventuali condizioni ostative, da intendersi come altrettante eccezioni all’operatività del primo (sulla necessità che l’atto introduttivo del giudizio sia portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo in cui si è svolto il processo e che, nell’ambito del processo svoltosi dinanzi al giudice straniero, non siano stati violati i diritti essenziali della difesa, tra le altre: Cass. 23/05/2008 n. 13425; Cass. 17/02/2011 n. 3919).

4.2. La decisione straniera, espressione di funzione sovrana, è riconosciuta per il fatto di essere stata adottata in un distinto ordinamento statuale che partecipa del comune spazio Europeo di circolazione dei titoli in un rapporto improntato a reciproca fiducia tra Stati nell’esercizio della funzione giurisdizionale, all’esito di una procedura interna, la cui estesa applicazione risponde all’operatività del vincolo costituzionale ed internazionale sul giusto processo (art. 111 Cost.; art. 6 C.e.d.u.).

4.3. Per la disciplina uniforme avviata con la Convenzione di Bruxelles del 1968 e ripresa e modificata dal Reg. CE n. 44/2001, – ratione temporis applicabile alla specie in esame poichè la sentenza del giudice tedesco è stata emessa dal Tribunale di Detmold (D) il 22.06.2005 -, il criterio dell’automatismo nel riconoscimento resta altresì definito dai limiti del cd. “rinvio sostanziale” alla legge straniera dello Stato cui appartiene il richiedente per l’interpretazione del titolo (legge di diritto internazionale privato n. 218 del 1995, ex artt. 14 e 15; per un’applicazione del principio, in materia di giudicato straniero: Cass. 16/05/2014 n. 10853).

5. Ciò posto, l’automatismo nel riconoscimento di sentenze straniere è destinato ad operare nel presupposto che le prime siano state adottate nel rispetto delle fondamentali garanzie processuali e dei diritti essenziali di difesa integrative dell’ordine pubblico processuale.

La categoria, espressiva della garanzia del giusto processo, vuole che il giudice dello Stato richiesto del riconoscimento del titolo straniero sia chiamato a delibare che nel processo a quo siano state preservate le garanzie processuali fondamentali e tanto sin dalla costituzione del rapporto processuale e, quindi, sin dalla notifica dell’atto introduttivo del giudizio ai fini della dichiarazione di contumacia.

La disciplina uniforme Europea con l’art. 34 del Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000 cit. nell’elencare le condizioni che ostano al riconoscimento di una decisione adottata in uno Stato membro all’interno di altro Stato dell’Unione, ricomprende, considerando la condizione del convenuto condannato in contumacia, tra gli altri, il caso in cui “la domanda giudiziale od un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese”.

Per l’indicata disposizione non rileva che la citazione a comparire in giudizio sia stata notificata in modo formalmente irregolare, dovendosi piuttosto verificare che il convenuto contumace ne abbia avuto effettiva conoscenza “in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese”.

L’irregolarità deve essere tale da spezzare ogni riferibilità dell’atto alla persona del destinatario e deve precluderne un recupero ai fini di difesa.

5.1. Il principio va nella specie declinato con le previsioni del diverso Regolamento (CE), ratione temporis applicabile, n. 1348/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale che, all’art. 19, fissa le condizioni, integrate le quali, l’atto di giudizio può ritenersi validamente portato a conoscenza del convenuto e quindi, ai fini che più squisitamente investono la controversia in esame, valida la decisione adottata nella sua contumacia.

Nel rapporto tra Stato che abbia fatto richiesta dell’incombente di notifica e Stato che venga richiesto del relativo adempimento la norma regolamentare sulle notifiche, l’art. 19 cit., contiene due previsioni, stabilendo che “il giudice è tenuto a soprassedere alla decisione fintanto che non si abbia la prova: a) o che l’atto è stato notificato o comunicato secondo le forme prescritte dalla legislazione dello Stato membro richiesto per la notificazione o la comunicazione degli atti redatti in tale paese e destinati alle persone che si trovano sul suo territorio;

b) o che l’atto è stato effettivamente consegnato al convenuto o nella sua residenza abituale secondo un’altra procedura prevista dal presente regolamento”.

Per entrambe le ipotesi, con previsione di chiusura improntata all’osservanza del principio dell’effettività, è poi stabilito che “notificazione”, “comunicazione” e, ancora, “consegna” devono aver avuto luogo in tempo utile perchè il convenuto abbia avuto possibilità di difendersi.

E’ pacifico tra le parti (p. 6 ricorso; p. 14 controricorso) che la notifica sia avvenuta ai sensi dell’art. 19, lett. b) cit. e quindi per “altra procedura del regolamento” e, segnatamente, direttamente ad opera Tribunale distrettuale di Detmold, dinanzi al quale pendeva la controversia alimentare all’esito della quale si è formato il titolo da riconoscersi, che si è avvalso del servizio postale tedesco.

Ripreso dall’art. 1068, paragrafo 2 della ZPO, Zivilprozessordnung, o codice di procedura civile tedesco – che stabilisce che ” Sul territorio della Repubblica federale di Germania le notificazioni o comunicazioni di atti direttamente per posta, ai sensi dell’art. 14, comma 1 del regolamento, sono autorizzate solo sotto forma di raccomandata con avviso di ricevimento” – l’art. 14, comma 1, del Regolamento (CE) n. 1348/2000, titolato “Notificazione o comunicazione per posta”, prevede che “Ciascuno Stato membro ha la facoltà di effettuare la notificazione o la comunicazione di atti giudiziari direttamente per posta alle persone residenti in un altro Stato membro”.

La versione “Consolidata” del Regolamento n. 1348 cit., quindi integrata, per quanto qui rileva, dalla Comunicazione dell’Italia, Stato membro, a norma dell’art. 23 del medesima fonte – che, come richiamato dall’art. 14, comma 2, stabilisce che “Ciascuno Stato membro può specificare, a norma dell’art. 23, paragrafo 1, le condizioni alle quali accetta la notificazione o la comunicazione di atti giudiziari per posta” – non pone alcun limite alla notificazione o comunicazione per posta.

La norma in questione stabilisce infatti che “condizione indispensabile” a che gli atti notificati per posta vengano accettati nello Stato italiano è che l’atto sia accompagnato da traduzione in lingua italiana.

In applicazione della disciplina uniforme unitaria, la notifica a mezzo posta di un atto giudiziario dello spazio Euro-unitario, curata in forma diretta ex art. 19, lett. b) Regolamento n. 1348/2000, ratione temporis applicabile, da uno degli Stati membri, non comporta l’osservanza delle forme previste nello Stato notificato, valendo siffatto rinvio per la diversa ipotesi disciplinata dall’art. 19, lett. a), nella quale lo Stato richiedente si avvalga per la notifica dello Stato richiesto.

Il profilo di censura con il quale si fa valere la non conformità degli avvisi di ricevimento delle Poste tedesche – che si sono avvalse, ex art. 14, comma 1, reg. CE n. 1348 cit., della notifica “diretta” a mezzo posta quanto ai tre plichi aventi ad oggetto citazione, atto integrativo e sentenza del giudizio svoltosi in Germania e partecipato dall’odierno ricorrente e dai sig.ri A.S. e M. – “all’analogo documento italiano” (p. 7 ricorso), propone una critica inammissibile, in quanto non in aderenza alle ragioni della decisione impugnata.

Per il motivo, infatti, resta non contrastata l’ulteriore previsione dell’art. 19, lett. b) reg. cit. là dove è stabilito che l’atto, ferma l’applicabilità alla fattispecie della notifica a mezzo posta che ex art. 14 cit. sia integrativa di “altra procedura” prevista dal medesimo regolamento, possa essere “consegnato” alla persona del convenuto o “nella sua residenza abituale”.

Gli avvisi, presenti in atti in copia fotostatica – ai quali questa Corte di legittimità ha diretto accesso in ragione della natura processuale del denunciato vizio -, per la dicitura riportata in calce agli stessi anche in lingua francese, una delle lingue ufficiali dello spazio comune Europeo, secondo un modello dell’atto rispettoso delle forme sue proprie – possono essere sottoscritti dal destinatario oppure, tra l’altro, se la disciplina del paese di destinazione lo preveda, da un’altra “persona autorizzata”.

La censura con cui si fa valere la macroscopica diversità delle firme apposte all’interno degli spazi degli avvisi riservati alla sottoscrizione del ricevente, oltre che inammissibile, per i caratteri della novità, come già più sopra rilevato, e della genericità – la denuncia di macroscopica diversità infatti non si spinge, mancando in tal modo di necessaria concludenza, a segnalare una iniziativa della parte diretta ad invalidare, per falsità, quelle firme e la correlata notifica – è, come tale, anche infondata.

L’affermazione contenuta nella sentenza della Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, all’esito dello scrutinio di quegli avvisi, per la quale “tutti gli atti menzionati venivano ritirati personalmente dal convenuto E.”, non segnala alcuna violazione del regolamento CE n. 1348/2000, nella piena accostabilità della notifica per consegna alla persona del destinatario, a quella intervenuta nella mani di persona autorizzata che sia rinvenuta nella residenza abituale del primo.

L’interlocuzione avuta dal Tribunale di Detmold con le Poste tedesche, all’esito della quale le seconde certificavano che la sentenza non sarebbe stata consegnata a mani del ricorrente, ma di “soggetto autorizzato” (doc. 2 allegato all’atto di opposizione del 8.11.2016, p. 9 ricorso), dà conferma dei contenuti dell’avviso e relega nel perimetro della non rilevanza ogni dubbio peraltro genericamente sollevato in ricorso sulla “identità del ricevente”.

L’identità di colui al quale venga notificato un titolo giudiziario formatosi nella giurisdizione di uno Stato membro all’interno dello spazio Euro-unitario a mezzo posta, per le modalità di cui all’art. 14, comma 1, Reg. 1348/2000 può perfezionarsi anche in caso di consegna dell’atto a soggetto autorizzato dal destinatario.

In via conclusiva, l’esame delibatorio operato dalla Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, sostiene l’apparenza di una corretta notifica degli atti in contestazione – e, più puntualmente, della sentenza, atto che, ultimo nella sequenza di quelli impugnati, resta capace di convogliare utilmente su di sè ogni critica – che non registrando, giusta le apprezzate modalità del modello di notifica osservato cesure tra il “destinatario” dell’atto ed il soggetto attinto da notifica, depone per la complessiva infondatezza del motivo di ricorso, confermando negli esiti l’attestato di cui all’art. 54 del Regolamento n. 44/2001.

6. Gli svolti rilievi depongono per l’infondatezza del secondo motivo di ricorso che resta, più compiutamente, per i primi assorbito nel suo rilievo.

La Corte di giustizia, con la sentenza del 6 settembre 2012, C619/10, Trade Agency, ha precisato che “l’art. 34, punto 2, del regolamento 44/2001, al quale fa rinvio l’art. 45, par. 1, di tale regolamento, letto in combinato disposto con i “considerando” 16 e 17 di detto regolamento, dev’essere interpretato nel senso che, quando il convenuto propone ricorso contro la dichiarazione di esecutività di una decisione emessa in contumacia nello Stato membro d’origine e corredata dell’attestato sostenendo di non avere ricevuto comunicazione della domanda giudiziale, il giudice dello Stato membro richiesto, investito del ricorso, è competente a verificare la concordanza tra le informazioni contenute in detto attestato e le prove” (punto 46).

L'”attestato” dell’autorità estera (artt. 54 e 55 reg. 44/2001) non esclude che competa al giudice dell’esecutività di procedere ad una “valutazione autonoma dell’insieme degli elementi di prova”, per valutare se il convenuto contumace abbia ricevuto la notificazione della domanda giudiziale ed “in modo tale da consentirgli di presentare le proprie difese” (punto 38).

Tanto è destinato a valere in quanto la finalità dell’attestato di agevolare l’adozione, in una prima fase del procedimento, della dichiarazione di esecutività della decisione, nel quasi automatismo del suo rilascio “non può essere raggiunto indebolendo, in qualsiasi modo, i diritti della difesa” (punto 42) ed in quanto “limitare la portata del potere di esame di cui dispone in tale fase il giudice dello Stato membro richiesto per il solo fatto che è stato prodotto l’attestato significherebbe privare di qualsiasi effetto utile il controllo che tale medesimo giudice è tenuto a effettuare e, di conseguenza, impedire la realizzazione dell’obiettivo consistente nel garantire il rispetto dei diritti della difesa” (punto 44).

Principi in adesione ai quali, questa Corte di legittimità ha rilevato che in tema di opposizione all’exequatur di sentenze straniere, l’attestazione del giudice straniero sulla regolarità della notificazione dell’atto introduttivo al convenuto contumace non preclude l’autonoma valutazione da parte del giudice nazionale, in quanto limitare la portata del potere di esame, di cui dispone il giudice dello Stato membro, per il fatto che è stato prodotto l’attestato significherebbe impedire la garanzia del contraddittorio ed il rispetto del diritto di difesa (Cass. 24/02/2014 n. 4392).

Ciò posto, la valutazione operata dal giudice dell’exequatur, la Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, sulla ritualità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio, per un modello rispettoso del principio del contraddittorio e del diritto di difesa nella garanzia, assorbe, nel suo rilievo, la sollevata questione sui termini dell’attestazione di regolarità in atti e sull’ascrivibilità della stessa al modello di cui al Regolamento n. 4/2009, dettato sul titolo giudiziario Europeo (Allegato I), o al Regolamento n. 44/2001 (Allegato V).

In ogni caso, questa Corte di legittimità deve limitarsi a constatare, ai sensi delle richiamate previsioni, la presenza di un documento, comunque rispondente alle indicate finalità, senza che possa qui farsi questione sulla riconducibilità dell’attestato all’uno, piuttosto che all’altro modello regolamentare.

7. In via conclusiva il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali secondo soccombenza come da dispositivo.

8. I motivi proposti sfuggono però alla sanzionabilità nei termini di cui all’art. 96 c.p.c., comma 3, non integrando la loro stessa proposizione una ipotesi di abuso del diritto di impugnazione.

Come da questa Corte di legittimità chiarito, infatti, ai fini dell’applicazione dell’art. 96 c.p.c., comma 3, può costituire abuso del diritto di impugnazione la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata o completamente privo di autosufficienza oppure contenente una mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia o, ancora, fondato sulla deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ove sia applicabile, “ratione temporis”, l’art. 348-ter c.p.c., comma 5, che ne esclude la invocabilità; in tali ipotesi, infatti, si determina uno sviamento del sistema giurisdizionale dai suoi fini istituzionali ed un ingiustificato aumento del contenzioso che ostacolano la ragionevole durata dei processi pendenti e il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione (Cass. 27/02/2019 n. 5725; Cass. 23/05/2019 n. 14035).

La relativa richiesta dei controricorrenti non merita come tale accoglimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità che vengono liquidate in favore di A.S. e A.M. in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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