Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19451 del 18/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/09/2020, (ud. 14/06/2019, dep. 18/09/2020), n.19451

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28004 del ruolo generale dell’anno 2012

proposto da:

Polis Carrara s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Angelo Scarano per

procura speciale allegata alla memoria di costituzione di nuovo

difensore depositata in data 4 giugno 2019, presso il cui studio in

Roma, via Fedele Lampertico, n. 12, è elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata;

– controricorrente –

per la cassazione delle sentenze della Commissione Tributaria

Regionale della Toscana, n. 64/17/2012, depositata in data 19 aprile

2012, e n. 65/17/2012, depositata in pari data;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 14

giugno 2019 dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

dall’esposizione in fatto delle sentenze dei giudici di appello, nonchè dagli atti difensivi delle parti, si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti di Polis Carrara s.r.l. due avvisi di accertamento con i quali erano stati accertati maggiori redditi imponibili ai fini Iva, Irpeg e Irap, avendo contestato il valore degli appartamenti oggetto di vendita in favore di terzi acquirenti sulla base della constatata divaricazione dei prezzi indicati negli atti di vendita ed i valori di mercato desunti dai valori OMI; avverso i suddetti atti impositivi la contribuente aveva proposto separati ricorsi che erano stati accolti, con separate sentenze, dalla Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara; avverso le sentenze del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto separati appelli;

le Commissioni tributarie regionali della Toscana, con pronunce rispettivamente n. 64/17/2012 e 65/17/2012, hanno accolto gli appelli, in particolare, con motivazione sostanzialmente analoga, hanno ritenuto che: il valore indicato negli atti di vendita era al di fuori di ogni logica di mercato, non solo palesemente inferiori a quelli richiesti dal mercato immobiliare, ma in termini assolutamente diseconomici, in un settore che opera prezzi in continuo aumento; inoltre, hanno evidenziato che il confronto tra i diversi prezzi dichiarati in atti per appartamenti con caratteristiche similari venduti nel medesimo anno e facenti parte di un unico complesso immobiliare di nuova costruzione ha stabilito risultati assolutamente incongrui e irrealistici;

avverso le suddette pronunce ha proposto ricorso la società contribuente affidato a cinque motivi di censura, cui resiste l’Agenzia delle entrate depoSitando controricorso;

la società contribuente ha altresì depositato memoria illustrativa contenente atto di nomina di nuovo difensore.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’art. 330 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, per nullità della notifica degli atti di appello;

in particolare, la ricorrente censura le sentenze per non avere rilevato che la notifica degli atti di appello non erano state eseguite presso il nuovo domicilio del difensore eletto, in quanto questi aveva modificato, nelle more del giudizio, il proprio domicilio e provveduto a farne comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza e, inoltre, in quanto non poteva rilevare, ai fini della regolarità del contraddittorio, la notifica effettuata a mani proprie, non essendo questa applicabile nei confronti di una società di persone;

il motivo è infondato;

la questione di fondo sottesa alla censura in esame attiene alla individuazione del luogo di notificazione degli atti di appello delle sentenze impugnate e, in particolare, se rileva, come ritenuto dalla parte ricorrente, la circostanza che la stessa, dopo avere indicato nel ricorso introduttivo il domicilio eletto presso lo studio del proprio difensore, abbia poi variato il luogo di domicilio, avendo il difensore cambiato studio e provveduto alla comunicazione al proprio Consiglio dell’Ordine di appartenenza;

va quindi osservato che, quanto all’individuazione del luogo in cui va effettuata la notificazione dell’impugnazione delle sentenze delle Commissioni tributarie provinciali, questa Corte ha precisato (Cass. civ., 6 giugno 2018, n. 14549; Cass. civ., 17 febbraio 2017, n. 4233) che si applica la disciplina dettata per il processo tributario dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, avente carattere di specialità, e quindi di prevalenza, rispetto a quella prevista dall’art. 330 c.p.c., concernente soltanto il ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali (cfr. Cass., Sez. U., n. 14916 del 2016);

in particolare, il citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, dispone, al primo periodo, che “le comunicazioni e le notificazioni sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio”, e, al secondo periodo, aggiunge che “Le variazioni del domicilio o della residenza o della sede hanno effetto dal decimo giorno successivo a quello in cui sia stata notificata alla segreteria della commissione e alle parti costituite la denuncia di variazione”;

va quindi osservato che questa Corte (Cass. civ., 30 novembre 2017, n. 28712) ha inoltre precisato “nel processo tributario, l’onere di notificare alle controparti costituite le variazioni del domicilio eletto o della residenza o della sede, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, è previsto per il domicilio autonomamente eletto dalla parte, mentre l’elezione del domicilio dalla medesima parte operata presso il difensore ha la mera funzione di indicare la sede dello studio di quest’ultimo, sicchè in tale caso il difensore domiciliatario non ha l’onere di comunicare il cambiamento di indirizzo del proprio studio ed è onere del notificante di effettuare apposite ricerche per individuare il nuovo luogo di notificazione, ove quello a sua conoscenza sia stato mutato, dovendo la notificazione essere effettuata al domicilio reale del procuratore anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento alla controparte”;

tuttavia, il principio da ultimo precisato non è applicabile alla fattispecie;

in primo luogo, non risulta nel ricorso indicata e specificata la data in cui sarebbe avvenuta l’annotazione del mutamento del recapito del difensore presso il Consiglio dell’Ordine di appartenenza, essendosi parte ricorrente limitata a evidenziare che il cambiamento era stato comunicato via fax in data 7 ottobre 2010, senza ulteriore specificazione, nè risulta riprodotta la memoria depositata nel giudizio di primo grado da cui risulterebbe l’avvenuta variazione di domicilio;

in secondo luogo, va precisato che l’onere della parte interessata all’esecuzione della notifica di accertare, mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale, quale sia l’effettivo domicilio professionale del difensore, non sussiste nel caso di procuratore svolgente le sue funzioni processuali in un circondario diverso da quello di assegnazione;

a tal proposito, questa Corte (Cass., Sez. Un., 24 luglio 2009, n. 17352) ha precisato che, in questo caso, sono le norme professionali (del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 83 – recte, 802 -) a prevedere l’obbligo del medesimo di eleggere un domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso cui il giudizio è in corso e quindi anche di comunicarne i mutamenti;

la suddetta circostanza è riscontrabile nella fattispecie, posto che il difensore aveva domicilio in Carrara mentre il giudizio di secondo grado si era svolto in Firenze, quindi presso altro circondario rispetto a quello di iscrizione nell’albo professionale, con conseguente onere di comunicazione della variazione di indirizzo, al fine di consentire il corretto accertamento del luogo di notifica;

sicchè, nel caso di specie, un’eventuale modifica del luogo del domicilio eletto, dichiarato nel ricorso, ove non comunicata alla parte costituita, non produce effetti sulla regolarità del contraddittorio del giudizio di appello qualora l’atto di impugnazione sia stato notificato dalla parte costituita presso il domicilio eletto indicato;

ciò precisato, si ritiene di dovere esaminare unitariamente il secondo, quarto e quinto motivo di ricorso, in quanto riguardano la questione della corretta determinazione del valore dei beni immobili oggetto di vendita;

più specificamente, con il secondo motivo di ricorso si censurano le sentenze ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, non avendo il giudice del gravame esposto alcun iter logico giuridico in ordine alla ritenuta diseconomicità del valore della transazione per taluni immobili, per mancato esame degli elementi probatori prospettati nel corso del giudizio diretti a dimostrare le specifiche condizioni di fatto degli immobili in cui questi si trovavano al momento della vendita, nonchè per avere fatto genericamente riferimento ai prezzi di mercato senza alcuna specifica indicazione dei valori presi a comparazione;

con il quarto motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione del D.P.R. n. 600 del 1972, art. 39, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, per avere ritenuto, con riferimento al profilo relativo alla sussistenza delle presunzioni gravi, precise e concordanti ai fini dell’accertamento del valore di vendita degli immobili, che la prova della esistenza dei corrispettivi non dichiarati potesse essere desunta dal raffronto con beni aventi caratteristiche similari secondo i valori OMI;

con il quinto motivo si censurano le sentenze ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere ritenuto, con riferimento all’atto di vendita G./ G., che il corrispettivo poteva essere determinato in misura pari al valore del contratto di mutuo stipulato, nonchè ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omessa motivazione con riferimento alla suddetta vendita;

i motivi sono fondati;

le sentenze impugnate hanno fondato la ragione della fondatezza delle pretese impositive, con le quali erano stati contestati i valori degli immobili indicati negli atti di vendita della società contraente in favore di terzi, sulla base di tre profili, in particolare sul fatto che: i valori erano da considerarsi fuori da ogni logica di mercato; gli stessi erano inferiori a quelli richiesti dal mercato immobiliare e assolutamente diseconomici; il confronto tra gli stessi e quelli con caratteristiche similari venduti nel medesimo anno e facenti parte di un unico complesso immobiliare di nuova costruzione conduce a risultati incongrui e irrealistici;

come riportato nel ricorso, nel rispetto del principio di specificità, parte ricorrente aveva dedotto diversi elementi giustificativi del corretto valore degli immobili oggetto di vendita, in particolare aveva evidenziato che: per talune cessioni, riportate ai nn. 2,3,5,7 e 8, della tabella di cui a pag. 12 del ricorso, lo scostamento dai valori OMI risultava del tutto contenuto, profilo che era in contrasto con la ritenuta antieconomicità dei prezzi delle relative vendite, e, inoltre, aveva dedotto in ordine alla sussistenza delle condizioni concrete degli immobili come risultanti dagli atti di vendita; in relazione agli atti di vendita riportati ai nn. 1, 4 e 6 della tabella citata, per i quali sussisteva un rilevante scostamento rispetto ai valori OMI, aveva dedotto diversi argomenti, illustrati dalle pagg. 14-19 del ricorso, sulla cui base doveva ritenersi che i valori riportati avevano avuto una loro giustificazione fattuale; analogamente, con riferimento agli ulteriori atti di vendita (in favore di S.F., Sa.Gl., Z.G.), erano stati dedotti diversi ulteriori elementi, riportati da pag. 19 a pag. 22 del ricorso;

in tal senso, deve riconoscersi che dallo scarno compendio giustificativo sviluppato a supporto delle decisioni è evincibile l’obiettiva carenza di esposizione dell’iter logico-argomentativo che ha portato il giudice del gravame a regolare la vicenda in esame in base alla regola concretamente applicata, essendosi le pronunce limitate ad enunciare soltanto il momento statico finale della valutazione alla stessa demandato, così incorrendo nei denunciati vizi, in particolare la non corrispondenza dei valori con quelli propri della logica di mercato, la palese inferiorità rispetto a quelli del mercato immobiliare, la diseconomicità degli stessi, la non corrispondenza con valori similari;

invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. civ., 20 dicembre 2018, n. 32980), enunciato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella formulazione vigente ratione temporis, “Ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi a enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perchè questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve anche descrivere il processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa”;

le pronunce in esame, quindi, sono viziate per insufficiente motivazione, in quanto non solo non hanno in alcun modo indicato il percorso logico seguito al fine di pervenire alla considerazione finale della non congruità dei prezzi dichiarati negli atti di vendita, ma non hanno preso in considerazione i diversi elementi fattuali, dedotti dalla ricorrente, al fine di giustificare le ragioni dello scostamento dei valori indicati negli atti di vendita rispetto a quelli risultanti dai valori OMI;

con il terzo motivo si censurano le sentenze ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per non avere considerato, relativamente alla vendita stipulata in favore di I.M., la rettifica del valore compiuta dall’ufficio in sede di controdeduzioni;

il motivo è fondato;

parte ricorrente riporta, a pag. 24 del ricorso, quanto contenuto nelle controdeduzioni dell’Agenzia delle entrate, da cui si evince che, relativamente all’atto di vendita in favore di I.M., la stessa aveva accettato la giustificazione del riferimento al valore grezzo dell’immobile, rettificando, quindi, in relazione al minor valore, la misura dell’accertamento ad esso relativo; tale circostanza avrebbe, quindi, dovuto essere presa in considerazione dal giudice del gravame al fine della corretta determinazione del valore dell’immobile in esame che, tuttavia, ma, sul punto, è stata omessa ogni considerazione; in conclusione, il primo motivo di ricorso è infondato, sono fondati i restanti motivi, con conseguente cassazione delle sentenze impugnate e rinvio alla Commissione tributaria regionale, relativamente ai motivi accolti, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

PQM

La Corte:

rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie i restanti, cassa le sentenze impugnate per i motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2020

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