Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19448 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/08/2017, (ud. 20/04/2017, dep.03/08/2017),  n. 19448

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22190/2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.R., C.F. (OMISSIS), G.M., C.F.

(OMISSIS), D.L.L. C.F. (OMISSIS), tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GUIDO ALFANI 29, presso lo studio

dell’avvocato GIANMARCO PANETTA, rappresentati e difesi

dall’avvocato MASSIMO FAUGNO, giusta delega in atti;

– controricorrenti e ricorrenti incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 3624/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/09/2010 R.G.N. 4296/2006.

Fatto

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

con sentenza in data 20/9/2010, la Corte d’appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava la nullità della clausola di apposizione del termine ai contratti stipulati tra Poste Italiane s.p.a. e B.R., G.M. e D.L.L., rispettivamente dal 13/2/2002, 9/10/2002, 16/7/2002 per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di ristrutturazione ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002 (congiuntamente alla necessità di espletamento di assenza per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo quanto alla D.L.);

accertava la natura a tempo indeterminato del rapporto fin dalla sua costituzione e condannava Poste Italiane s.p.a. al pagamento a titolo risarcitorio, delle retribuzioni mensili corrispondenti all’inquadramento nell’area operativa dal 12/8/2004 sino al triennio successivo alla scadenza dei rispettivi contratti;

avverso tale sentenza Poste Italiane s.p.a. proponeva ricorso sostenuto da due motivi;

i lavoratori resistevano con controricorso spiegando ricorso incidentale affidato ad unico motivo; la società Poste Italiane notificava controricorso avverso il ricorso incidentale;

CONSIDERATO CHE:

1.in ordine logico, vanno esaminate con priorità le censure formulate dalla ricorrente principale che deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, dell’art. 2697 c.c., degli artt. 115,116244,253 e 421 c.p.c., per l’accertamento dell’onere probatorio delle ragioni oggettive legittimanti la stipula di un contratto a tempo determinato a carico della parte datoriale (primo motivo); omessa e insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo, mancata ammissione dei capitoli di prova dedotti, decisivi ai fini della soluzione della controversia e mancato esercizio dei poteri d’ufficio finalizzati alla integrazione di un quadro probatorio tempestivamente delineato (secondo motivo);

2. le censure, il cui esame congiunto è giustificato dalla connessione che le connota, sono prive di fondamento;

nel caso in esame i contratti di assunzione contenevano l’espresso richiamo agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002, in base ai quali le parti si erano date atto, fra l’altro, che la Società avrebbe continuato a fare ricorso all’attivazione di contratti a tempo determinato per sostenere il livello del servizio di recapito durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità;

la questione dedotta è già stata affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte e risolta con l’affermazione del principio secondo cui l’apposizidne di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare, e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa;

spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto (cfr, ex plurimis, Cass., n. 2279/2010; Cass. n. 10033/2010, ed in motivazione, Cass. n. 3325/2014, Cass. n. 21008/2014); l’esplicitazione delle ragioni dell’apposizione del termine può risultare anche indirettamente dal contratto di lavoro, attraverso il riferimento ad altri testi scritti accessibili dalle parti, in particolare nel caso in cui, data la complessità e la articolazione del fatto organizzativo, tecnico o produttivo che è alla base della esigenza dell’assunzione a termine, questo risulti analizzato in specifici documenti, specie a contenuto concertativo, richiamati nella causale di assunzione;

per ciò che riguarda l’incombenza dell’onere probatorio, deve ancora essere richiamata la già ricordata sentenza di questa Corte n.2279/2010, la quale, sviluppando argomentazioni già adottate in precedenti pronunzie (Cass., nn. 12985/2008; 14011/2004), ha rilevato che detto onere, contrariamente all’assunto della ricorrente, deve essere posto a carico del datore di lavoro;

3. nello specifico la Corte territoriale, in coerenza con detti principi, ha preso espressamente in considerazione il contenuto degli accordi sindacali richiamati, evidenziando che dimostravano solo la sussistenza di esigenze di riposizionamento sul territorio nazionale delle risorse da destinarsi al servizio di recapito, ma che ciò non configurava l’allegazione che tali esigenze avevano determinato, con nesso causale, la specifica necessità di assumere con un contratto di lavoro a termine proprio i lavoratori interessati;

4. quanto alla mancata ammissione dei capitoli di prova, la ricorrente non censura quanto accertato al riguardo dalla sentenza impugnata, e cioè la inconferenza dei capitoli stessi rispetto al thema decidendum, per essere detti capitoli modulati sul rispetto della clausola di contingentamento, insussistente per i contratti di lavoro, quali quelli in oggetto, soggetti alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001; si è solo limitata a rimarcare, con inammissibile incedere argomentativo, la specificità dei motivi – peraltro non riportati nel loro tenore in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – stigmatizzando il mancato esercizio dei poteri istruttori ex officio da parte della Corte distrettuale;

5. la questione concernente le conseguenze economiche derivanti dalla dichiarazione di illegittimità della clausola appositiva del termine, è stata sollevata dai ricorrenti incidentali con unico motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1225 e 1227 c.c., ed omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;

in ordine alla delibata questione, rinviene applicazione lo jus superveniens di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, in vigore dal 24 novembre 2010, che al comma 5, così dispone: “Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8”;

tale disposizione emanata dopo la pubblicazione della sentenza impugnata ed avente efficacia retroattiva, è applicabile al rapporto dedotto, atteso che non richiede necessariamente un errore, avendo ad oggetto il giudizio di legittimità non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico (vedi Cass. S.U. 27/10/2016 n.21691);

la censura deve ritenersi infondata quanto ai ricorrenti G. e D.L. nei confronti dei quali la società è stata condannata al pagamento di un risarcimento del danno in misura superiore ai dodici mesi (dal 12/8/2004 al 31/12/2005 quanto al G. e dal 12/8/2004 al 30/9/2005 quanto alla D.L.);

fondata è invece, quanto al B., in relazione al quale è stato liquidato un risarcimento del danno in relazione al periodo 12/8/2004-30/4/2005 in misura inferiore ai limite massimo previsto dalla citata disposizione, e persistendo l’interesse della parte alla pronuncia;

questa Corte ha affermato il principio, che va qui ribadito, secondo cui il combinato disposto della L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5 e 7, è applicabile, quale “ius superveniens”, anche d’ufficio, in sede di legittimità, purchè non comporti la “reformatio in peius” della pronuncia impugnata, in quanto, in forza del principio dispositivo (art. 112 c.p.c.) e di quello dell’interesse ad agire (art. 100 c.p.c.), la decisione non può essere più sfavorevole all’imípugnante e più favorevole alla controparte di quanto non sia stata la sentenza gravata (vedi Cass. 9/3/2015 n.4676);

6. consegue l’accoglimento del ricorso incidentale proposto da B.R. con la cassazione della pronuncia impugnata ed il rinvio, anche per le spese inerenti al presente giudizio, alla Corte d’Appello designata in dispositivo che si atterrà al principio enunciato;

la situazione di reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese inerenti al presente giudizio, fra la società Poste Italiane ed i controricorrenti G.M. e D.L.L..

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale limitatamente a B.R. e (o rigetta nei confronti di G.M., e D.L.L., cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio, quanto al B.; compensa le spese di legittimità relativamente alle restanti parti.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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