Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19444 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/07/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 18/07/2019), n.19444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 28843 del ruolo generale dell’anno

2017, proposto da:

L.M. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso dagli

avvocati Ferraro Massimo (C.F.: FRR MSM 77R11 F9240) e Ferraro

Italia (C.F.: FRR TLI 64L75 F839D);

– ricorrente –

nei confronti di

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato (C.F.: (OMISSIS));

– controricorrente –

per la cassazione del decreto del Tribunale di Napoli n. cron.

1770/2017 in data 26 aprile 2017, emesso nel procedimento iscritto

al n. 8888/2014 R.G.;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 4 aprile 2019 dal consigliere Tatangelo Augusto.

Fatto

RILEVATO

Che:

L.M. ha agito in giudizio nei confronti del Ministero della Giustizia per ottenere il risarcimento del danno da “inumana detenzione” patito durante il suo soggiorno presso alcuni istituti di pena, ai sensi della L. n. 354 del 197, art. 35, come modificato dal D.L. n. 92 del 2014, convertito in L. n. 117 del 2014.

La domanda è stata parzialmente accolta dal Tribunale di Napoli, con compensazione delle spese di lite.

Ricorre il L., sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Il Collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2. Mancata applicazione del principio di causalità nella liquidazione delle spese processuali in caso di soccombenza parziale/reciproca, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il ricorrente deduce che, sebbene la propria domanda fosse stata accolta solo in parte, ciò non giustificherebbe, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, la integrale compensazione delle spese di lite, operata dal tribunale in considerazione della natura delle questioni affrontate e del comportamento processuale dell’Amministrazione.

Il ricorso è manifestamente infondato, sebbene la sentenza impugnata, corretta nel suo dispositivo, con riguardo al capo impugnato, vada integrata nella motivazione sulla base delle osservazioni che seguono.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “la regolazione delle spese di lite può avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell’unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (art. 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalità degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (art. 92 c.p.c., comma 2); a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorchè quest’ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento” (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 22381 del 21/10/2009, Rv. 610563 – 01; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21684 del 23/09/2013, Rv. 627822 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3438 del 22/02/2016, Rv. 638888 – 01).

Nella specie sussiste quindi senza alcun dubbio (lo riconosce del resto la stessa parte ricorrente) una ipotesi di reciproca soccombenza parziale delle parti con riguardo all’esito complessivo del giudizio, essendo stata accolta la domanda del’attore per un importo sensibilmente inferiore a quello richiesto (importo richiesto: Euro 14.344.00; importo riconosciuto: Euro 4.762,00), il che, in conformità con la richiamata giurisprudenza di questa Corte, giustifica senz’altro, di per sè, l’applicabilità dell’art. 92 c.p.c., comma 2, e quindi la compensazione, anche totale, delle spese di giudizio.

Va aggiunto che, con sentenza n. 77 del 19 aprile 2018, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo modificato dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 1, (“Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”), convertito, con modificazioni, nella L. 10 novembre 2014, n. 162, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, diverse da quelle richieste dalla norma nella sua formulazione attualmente vigente (e cioè diverse dalla soccombenza reciproca delle parti, dall’assoluta novità della questione trattata o dal mutamento della giurisprudenza sulle questioni dirimenti).

In virtù di tale pronuncia, deve ritenersi consentita la compensazione delle spese di lite anche al di fuori delle fattispecie tipiche indicate dalla disposizione in esame, purchè sussistano gravi ed eccezionali ragioni – da indicare espressamente nella motivazione – che possano ritenersi analoghe a quelle letteralmente previste, alle quali (come chiarito dalla Corte Costituzionale) va riconosciuto quindi solo carattere paradigmatico, svolgendo esse in sostanza “una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale”.

Nella specie, diversamente da quanto sostiene il ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., a giudizio di questa Corte la sensibile differenza tra l’importo richiesto dall’attore e quello liquidato dal giudice (in misura sostanzialmente inferiore ad un terzo del domandato) deve ritenersi di per sè sufficiente a giustificare l’integrale compensazione delle spese del procedimento; a maggior ragione poi la suddetta decisione si giustifica se considerata unitamente alle ulteriori ragioni specificamente indicate dal giudice del merito a suo fondamento. In particolare, può certamente ritenersi valutabile a tal fine il comportamento processuale delle parti e, soprattutto, la natura delle questioni trattate, laddove, come nel caso qui in esame, si sia dovuto fare applicazione di una normativa di recentissima introduzione (basti considerare in proposito che la legge che ha introdotto la possibilità di proporre il ricorso per il risarcimento del danno da “inumana detenzione”, come emerge dalla stessa sentenza impugnata, è entrata in vigore nel 2014 ed il ricorso risulta iscritto a ruolo proprio nel 2014).

2. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della amministrazione controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 2.050,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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