Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19442 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 19442 Anno 2018
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DE FELICE ALFONSINA

ORDINANZA

sul ricorso 3231-2013 proposto da:
CARRO

SALVATORE

GRRSVT47H20D5400,

C.F.

elettivamente domiciliato
GERMANICO

NATALE

dell’avvocato
rappresenta
2018

presso

172,

e

difende

VIA

in ROMA,
lo

CARBONE,
giusta

studio
che

lo

procura

speciale per Notaio;
– ricorrente –

1721
contro

Data pubblicazione: 20/07/2018

PROVINCIA REGGIO CALABRIA, in persona del
Presidente pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVUOR 17,
presso lo studio dell’avvocato MICHELE ROMA,

MARIARITA STILO giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1169/2012 della CORTE
D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il
23/07/2012 R.G.N. 1744/2010.

rappresentata e difesa dall’avvocato

R.G.03231/2013

RILEVATO CHE:

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, a conferma della pronuncia del Tribunale,
ha rigettato la domanda di Salvatore Garro, dirigente della Provincia dall’1/10/1976,

attribuita dal Nucleo di valutazione con riferimento all’attività dallo stesso svolta
nell’anno 2002 e la conseguente illegittimità del decreto del Presidente della Provincia
n.49 del 31/3/2003 che lo aveva assegnato alla struttura di staff denominata Ufficio
studi e ricerche della Segreteria tecnica del Presidente, e domandava il risarcimento
del danno da demansionamento nella misura di Euro 50.000;
la Corte d’Appello ha ritenuto non provato il demansionamento, e, sul presupposto
che non sussiste un diritto al mantenimento dell’incarico dirigenziale, ha attribuito il
mancato conferimento di esso alla valutazione “non del tutto positiva” ottenuta per
l’anno 2002, le cui ragioni erano rimaste incontestate da parte dello stesso appellante;
per la cassazione di tale sentenza ricorre Salvatore Garro con tre motivi, cui
resiste con tempestivo controricorso la Provincia di Reggio Calabria;
entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.5 cod. proc. civ., il
ricorrente deduce “Contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio”; la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare in relazione al
provvedimento relativo all’assegnazione in staff e avrebbe motivato in modo
contraddittorio in ordine al mancato conferimento di un incarico dirigenziale,
comportante la gestione di risorse umane, di pari dignità di quello rivestito in
precedenza;
con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.5 cod. proc. civ.,
lamenta “Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio
sotto diverso e autonomo profilo”; avendo, la domanda, prioritariamente ad oggetto la
verifica del rispetto della procedura prevista per il conferimento degli incarichi
dirigenziali, a nulla rileva l’affermazione del tutto lacunosa ed insufficiente, su cui la
Corte avrebbe fondato il rigetto, secondo la quale il dirigente non sarebbe titolare di

con cui lo stesso chiedeva che fosse accertata l’illegittimità della valutazione negativa

un diritto al rinnovo del contratto o alla conservazione dell’incarico precedentemente
conferito;
con il terzo e ultimo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3
cod. proc. civ., contesta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 cod. civ.”; si
richiama alla giurisprudenza di questa Corte per affermare che la norma civilistica
troverebbe applicazione nei confronti della cd. dirigenza tecnica, cui il ricorrente

da parte avversa;
la prima e la seconda censura, esaminate congiuntamente per connessione, sono
inammissibili;
le censure, anzitutto, non si sottraggono al difetto della non autosufficienza, dal
momento che la difesa di parte ricorrente non allega né trascrive provvedimenti sui
quali pretende di fondare le sue doglianze, siccome necessari a porre il Giudice di
legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo
oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure, rivolte alle specifiche
argomentazioni della sentenza impugnata, senza che sia necessario accedere ad altre
fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa

(ex multis

cfr.

Cass.n.18960/2017);
in particolare, non risulta prodotto il decreto dirigenziale relativo all’assegnazione
presso l’ufficio di staff, che si suppone non avesse pari dignità rispetto a quello
precedentemente ricoperto;
così come dedotti da parte ricorrente, i vizi rilevati nelle prime due censure,
fuoriescono dal perimetro fissato dall’art. 360, n.5 del codice di rito, là dove essi si
riferiscono non già a fatti storici, secondo la corretta declinazione del vizio di
motivazione, bensì a questioni giuridiche (Cass. n.17761/2016, n.21152/2014;
n.2805/2011), sulle quali, come si rileva dall’esame della terza censura, questa Corte
ha avuto già modo di pronunciarsi;
la terza censura è infondata;
questa Corte, in fattispecie sovrapponibile, ha espresso il seguente principio di
diritto, cui in questa sede s’intende dare continuità : “Nel lavoro pubblico alle
dipendenze di un ente locale, alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l’attitudine
professionale all’assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo e non consente,
perciò, – anche in difetto della espressa previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. n.165 del
2001, stabilita per le Amministrazioni statali – di ritenere applicabile l’art. 2103 cod.
2

apparteneva in base a una professionalità giammai divenuta oggetto di contestazione

civ., risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalità acquisite
non compatibile con lo statuto di dirigente pubblico” (Cass. n.4621/2017);
nel caso controverso la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del
predetto principio di diritto;
in definitiva, non meritando le censure accoglimento, il ricorso va rigettato; le
spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso nei confronti della
controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4000 per
compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli
esborsi liquidati in Euro 200 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma
dell’art. 1 bis dello stesso art.13.

Così deciso nell’Adunanza Camerale del 18 aprile 2018

P.Q.M.

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