Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19438 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 19438 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 23203-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2018
1249

LATINI LAURA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ITALO CARLO FALBO 22, presso lo studio dell’avvocato
ANGELO COLUCCI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MASSIMO MONALDI giusta delega
in atti;

Data pubblicazione: 20/07/2018

- controricorrente

avverso la sentenza n. 919/2012 della CORTE D’APPELLO

di ANCONA, depositata il 15/10/2012 R.G.N. 155/2009.

R. Gen. N. 23203/2013

Rilevato che:

1. la Corte di Appello di Ancona, con sentenza in data 15 ottobre
2012, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Camerino
(che aveva ritenuto la nullità del termine apposto al contratto di
lavoro stipulato tra Poste Italiane S.p.A. e Laura Latini per il periodo
3/1/2004-31/3/2004 ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 (per

provvedere alla sostituzione del personale addetto al servizio di
recapito presso l’Area Centro Nord – Filiale di Macerata assente con
diritto alla conservazione del posto ….”),

dichiarava la nullità del

termine apposto ad un secondo contratto di somministrazione di lavoro
temporaneo con il quale la Latini aveva prestato lavoro per
l’utilizzatrice Poste Italiane S.p.A. nel periodo 5/1/2004-15/1/2005 ai
sensi artt. 20,co. 4, del d.lgs. n. 276/2003 (per “ragioni di carattere
organizzativo e produttivo derivanti dagli Accordi del 29.7.2004 in
materia di Recapito e di Riequilibrio e sviluppo Occupazionale che
individuano modalità e criteri finalizzati all’adeguamento del mix
occupazionale e professionale, supportando le esigenze di business e
di cambiamento in atto… con specifico riferimento sia alla copertura
di assenze non pro grammabili che in relazione ad assenze di carattere
strutturale per l’ottimale copertura del servizio”)

e condannava la

società al pagamento in favore della lavoratrice di otto mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto;
riteneva

la

Corte

territoriale,

quanto

al

contratto

di

somministrazione, che fosse mancata la prova dell’effettiva
sussistenza delle ragioni indicate nello stesso e della corrispondenza
ad esse dell’impiego della lavoratrice;
2. avverso tale sentenza Poste Italiane s.p.a. propone ricorso con
due motivi;
3. la lavoratrice resiste con controricorso;
4. non sono state depositate memorie.

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“ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di

R. Gen. N. 23203/2013

Considerato che:
1.1. con il primo motivo la società ricorrente denuncia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 245, 421, 437 cod.
proc. civ.;
lamenta che la Corte territoriale avrebbe erroneamente e
ingiustificatamente ritenuto l’inidoneità della prova documentale

a coprire sia assenze non programmabili sia di carattere strutturale
legate agli uffici postali della regione Marche ai fini della soddisfazione
delle esigenze di recapito indicate nel contratto di somministrazione;
censura, altresì, la sentenza impugnata per non aver ammesso le
richieste istruttorie formulate dalla società che avrebbero
ulteriormente provato il nesso causale tra l’assunzione e le specifiche
esigenze organizzative e produttive ed in ogni caso per non essersi la
Corte territoriale avvalsa dei poteri istruttori officiosi per l’acquisizione
della prova delle effettive e concrete ragioni della somministrazione;
1.2. con il secondo motivo la società denuncia la violazione
dell’art. 8 della legge n. 604/1966;
deduce che la Corte anconetana non avrebbe proceduto ad una
concreta ed espressa disamina dei criteri utilizzati per la
quantificazione dell’indennità di cui all’art. 32 della I. n. 183/2010 e
non avrebbe tenuto conto, ai fini della riduzione di cui alla medesima
norma, degli accordi volti alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro
convertiti a seguito di provvedimenti giudiziali stipulati dalla società
fin dal 2006 ed ancora in data 18/5/2012 e 21/3/2013;
2.1. il primo motivo è infondato;
la necessità di una verifica in concreto delle esigenze indicate nel
contratto di somministrazione è stata da questa Corte più volte
affermata (v. Cass. 8 maggio 2012, n. 6933; Cass. 9 settembre
2013, n. 20598; Cass. 10 agosto 2014, n. 17540; Cass. 6 ottobre
2014, n. 21001; Cass. 27 ottobre 2015, n. 21916);

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fornita dalla società a dimostrare l’effettiva utilizzazione della Lentini

R. Gen. N. 23203/2013

tale verifica è stata svolta dalla Corte territoriale a mezzo
dell’esame del documento 9 prodotto da Poste, del quale la società
pretende in modo inammissibile una lettura diversa ed a sé
favorevole;
quanto alla prova testimoniale, in ricorso si fa riferimento ai
capitoli di tale prova come formulati in sede di comparsa di

trascritti nel loro contenuto;
tuttavia non si evince la sequenza procedimentale del giudizio di
primo grado né emerge se su tali richieste istruttorie il Tribunale si
fosse o meno pronunciato (ben potendo, ad esempio, la parte essere
decaduta dalla prova per altre ragioni) e soprattutto non si evince se
effettivamente le suddette richieste istruttorie (non afferenti al
contratto in relazione al quale Poste italiane era risultata
soccombente in primo grado ed aveva proposto gravame) siano state
reiterate in sede di atto appello, non essendo stato trascritto il
relativo atto, quantomeno nella parte utile a reggere la censura;
quanto alla censura relativa alla mancata attivazione dei poteri di
ufficio in materia di prova da parte dei giudici, si rileva che la società
non specifica se in proposito abbia tempestivamente invocato tale
esercizio, con la necessaria indicazione dell’oggetto possibile degli
stessi (Cass. 23 ottobre 2014, n. 22534; Cass. 12 marzo 2009, n.
6023): ciò anche in palese violazione del principio di autosufficienza
del ricorso (Cass. 20 aprile 2016, n. 10376); inoltre, deve richiamarsi
l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui il mancato esercizio dei
poteri istruttori del giudice, anche in difetto di espressa motivazione
sul punto, non è sindacabile in sede di legittimità se non si traduce in
un vizio di illogicità della sentenza: vizio non ravvisabile nel caso de

quo;
2.2. è infondato anche il secondo motivo;

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costituzione nel giudizio di primo grado e tali capitoli sono anche

R. Gen. N. 23203/2013

va, infatti, rilevato che la Corte di merito ha indicato le ragioni per
le quali ha ritenuto di determinare in 8 mensilità la indennità di cui
all’art. 32 cit. individuandole, da una parte, nelle dimensioni della
società datrice di lavoro e nel numero dei lavoratori occupati, dall’altra,
nella breve durata dell’assunzione a termine di cui al contratto
dichiarato nullo, nell’età della lavoratrice, nel tempo lasciato

l’iniziativa dell’interessata;
si tratta, all’evidenza, di una corretta applicazione dei criteri di cui
al citato art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604 involgente, peraltro,
valutazioni di merito che non possono essere sindacate in questa sede;
quanto al rilievo concernente la ritenuta insussistenza dei
presupposti per ridurre l’indennità in questione, analogamente, in
modo corretto non è stato tenuto conto degli accordi di
stabilizzazione, ai sensi dell’art. 32 co. 6, I. n. 183/2010 perché, ai
fini della possibilità di riduzione dell’indennità in dipendenza
dell’applicabilità degli stessi, occorre che la verifica debba essere
effettuata con riferimento alla data di cessazione del rapporto ed è
subordinata alla concreta possibilità per il lavoratore di aderire e non
alla semplice stipula, da parte del datore di lavoro, di tali accordi (cfr.
Cass. 11 febbraio 2014, n. 3027): nella fattispecie in concreto, la
stipula degli accordi citati in modo specifico dalla ricorrente e prodotti
in uno con il ricorso per cassazione è successiva alla cessazione del
rapporto di cui al contratto dichiarato nullo per cui la lavoratrice non
era all’epoca della cessazione nelle concrete condizioni di potere
aderire;
3. conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato;
4. la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;
5. va dato atto dell’applicabilità dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, co. 17, legge
24 dicembre 2012, n. 228.

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trascorrere tra la scadenza del termine illegittimamente apposto e

R. Gen. N. 23203/2013

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di
legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per
compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso
forfetario in misura del 15%, da corrispondersi all’avv. Massimo

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso
articolo 13.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 22 marzo 2018

Monaldi, antistatario.

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