Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19438 del 13/09/2010

Cassazione civile sez. I, 13/09/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 13/09/2010), n.19438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12525/2008 proposto da:

C.G. (c.f. (OMISSIS)), G.

C. (C.F. (OMISSIS)), D.L.G. (C.F.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 1, presso l’avvocato SIVIGLIA Giuseppe Piero,

rappresentati e difesi dall’avvocato PANTALANI STEFANO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il

13/03/2007; n. 56314/05 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/06/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’inammissibilità del primo

motivo di ricorso e per l’accoglimento del secondo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del (14.11.)2005, C.G., D.L. G. e G.C. adivano la Corte di appello di Roma chiedendo che la Presidenza del Consiglio dei Ministri fosse condannata a corrispondere loro l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto del 25.09.2006-13.03.2007, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare a ciascuno degli istanti la somma di Euro 3.000,00, con interessi legali dalla data del suo provvedimento, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè a pagare le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 750,00 e distratte in favore del difensore antistatario. La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che i ricorrenti avevano chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo in tema di indennità retributive, introdotto, dinanzi al TAR Lazio, con ricorso dell’aprile 1993 e definito con sentenza del 3.12.2004;

– che la durata ragionevole del primo grado di detto processo amministrativo, pur trattandosi di controversia alquanto semplice, poteva essere fissata in anni 5, dato il numero delle parti e la sollevata questione di costituzionalità (per la quale il processo era rimasto sospeso dal 1. 12.1994 al 26.07-26.08.1996) – che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in anni 6, il chiesto indennizzo del danno morale doveva essere equitativamente liquidato in favore di ciascuno dei ricorrenti, nella complessiva misura di Euro 3.000,00, attesa essenzialmente la modestia della pretesa fatta valere da ognuno di loro.

Avverso questo decreto il C., il G. ed il D. L. hanno proposto ricorso per Cassazione, notificato il 28.04.2008. La Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del gravame i ricorrenti deducono:

1. “Violazione e mancata applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2; contestuale violazione dell’art. 6, par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo; contestuale violazione dell’art. 111 Cost.; omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, censurando la determinazione del periodo di ragionevole durata del processo presupposto.

Il motivo è inammissibile per genericità del relativo quesito di diritto, anche muto in ordine alle specificità del caso (cfr. tra le altre, Cass. 200908463; 200904044).

2. “Violazione e mancata applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2; contestuale violazione e mancata applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227, 2056 c.c.; contestuale violazione e mancata applicazione dell’art. 6 par. 1 e dell’art. 13 della CEDU; violazione dell’art. 111 Cost.; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”.

Denunciano violazioni di legge e vizi motivazionali e chiedono l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali riferiti ai criteri applicati per la liquidazione della riparazione del danno morale, che assumono determinata in misura insufficiente.

Il motivo è fondato.

Secondo la giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, “a condizione che le decisioni pertinenti” siano “coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato”, e purchè detti importi non risultino irragionevoli (cfr., tra le altre, Cass. 299916086).

Nella specie la determinazione del ristoro del danno non patrimoniale nella ridotta somma di Euro 500,00 per ciascuno dei sei anni di ritardo irragionevole, per quanto adeguatamente argomentata, non si pone in relazione ragionevole con quella – tra i 1.000.00 e i 1.500,00 Euro – accordata in sede sovranazionale negli affari consimili.

Ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’ambito della valutazione affidato al giudice del merito è segnato dal rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come applicata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, e di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale; pertanto, è configurarle, in capo al giudice del merito, un obbligo di tener conto dei criteri elaborati dalla CEDU, pur conservando un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, purchè in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate da quella Corte in casi simili. In proposito va considerato che la CEDU in due recentissime decisioni (Volta et autres c, Italia, del 15 marzo 2010; Falco et autres c. Italia, del 16 aprile 2010) ha anche ritenuto che potessero essere liquidate a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione ai singoli casi ed alle loro peculiarità, somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di 1.000,00 Euro annui normalmente liquidata, con valutazioni del danno non patrimoniale che consentono al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarità della fattispecie, a valutazioni più riduttive rispetto a quelle in precedenza ritenute congrue. Quindi, considerate le specificità del caso in relazione alla durata della procedura dinanzi alla Corte dei Conti (11 anni), in favore di ciascuno dei ricorrenti va liquidata in via equitativa per ristoro del danno non patrimoniale la complessiva somma di Euro 5.500,00, oltre agli interessi legali dalla domanda (Cass. 200608712).

A carico dell’Amministrazione soccombente va posto il pagamento delle spese sia del giudizio di merito, che del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Spese distratte.

PQM

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa in parte qua il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 5.500,00, oltre agli interessi legali dalla domanda nonchè al pagamento sia delle spese del giudizio di merito liquidate in complessivi Euro 1.344,00 (di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 794,00 per diritti ed Euro 500,00 per onorario), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge e da distrarsi in favore dell’Avv.to Siviglia antistatario, e sia delle spese del giudizio di legittimità liquidate in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2010

 

 

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