Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19437 del 22/08/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19437 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: BURSESE GAETANO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 13369-2007 proposto da:
S o Lt0 -9-2,e08 ‘1
GIARDINO DI ROMA SOC COOPN(in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DEI TRE OROLOGI 14/A, presso lo studio
dell’avvocato RANIERI MASSIMO, che lo rappresenta e
difende;
– ricorrente contro

SONNINO FERNANDO SNNFNN52C18H501N,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 44, presso lo
studio dell’avvocato TERRIGNO MASSIMILIANO, che lo

Data pubblicazione: 22/08/2013

rappresenta e difende;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1316/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ANTONIO BURSESE;
udito

l’Avvocato

MICIONI

Giulio,

con

delega

depositata in udienza dell’Avvocato RANIERI Massimo,
difensore del ricorrente che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato TERRIGNO Massimiliano, difensore del
resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del l ° motivo, inammissibilità 2 ° motivo del
ricorso.

udienza del 09/05/2013 dal Consigliere Dott. GAETANO

Il Giardino di Roma soc Cooperativa – Sonnino
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1-

Il Tribunale di Roma con sentenza del 26.10.2004, pronunciandosi

sull’opposizione proposta dalla soc. Cooperativa “Giardino di Roma ” avverso

professionali da lui svolte quale direttore dei lavori relativi alla costruzione, per
conto di essa opponente, di alloggi sociali siti in Malafede Vitinia, riduceva
l’importo ingiunto a lire 184.772.161 pari ad € 82.515,43, con compensazione di
/2 delle spese di giudizio.

1

Il tribunale riteneva non fondate i motivi dell’opposizione che riguardavano i
pretesi inadempimenti del Sonnino, quale direttore dei lavori, accogliendo invece
le contestazioni mosse dalla cooperativa in ordine all’ammontare di alcune voci
della parcella ( voci: e < spese e vacazioni> ) che
comunque riconosceva, ma per un minore importo.
La sentenza era appellata in via principale dalla cooperativa ed in via incidentale
dal professionista, con riferimento alle decurtazioni della tariffa professionale
operata dal tribunale.
L’adita Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 1316/2006 depos. in data
14.03.2006, rigettava l’appello principale ed accoglieva quello incidentale, con
conseguente conferma del provvedimento monitorio opposto e la condanna
della società al pagamento delle spese del doppio grado.

Corte Suprema di Cassazione — 11 sez. civ. – est.

. . n. 133369/2007

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il decreto ing. emesso in favore dell’ing. Fernando Sonnino a titolo di prestazioni

La Corte capitolina accoglieva la preliminare eccezione avanzata dall’appellato
circa la nullità riflessa dell’appello per difetto di procura alle liti, in quanto non
risultava conferito al presidente della Cooperativa, con apposita delibera, il
potere di promuovere il giudizio d’impugnazione così come stabilito nello statuto

non ritenendo sussistere i lamentati ritardi o altri inadempimenti nell’esecuzione
dell’opera professionale da parte dell’ing. Sonnino.
Per la cassazione

la suddetta decisione

ricorre la soc. Cooperativa

Giardino di Roma sulla base di 2 mezzi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.;
resiste con controricorso l’ing. Sonnino.
MOTIVI DELLE DECISIONE
2 – Con il primo motivo, la ricorrente eccepisce violazioni di legge ( artt. 2384 e
2519 c.c., 75 c.p.c. , 1362 c.c. e 115 c.p.c.), nonché delle norme e dei principi in
tema di onere della prova ; ed inoltre: l’omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo.
La doglianza riguarda la asserita carenza di procura dell’ente consortile, con
riferimento all’accoglimento dell’ eccezione riguardante la nullità riflessa
dell’appello promosso dalla Cooperativa per difetto di procura alle liti, in quanto
non risultava conferito al presidente della stessa, con apposita delibera, il potere
di promuovere il giudizio d’impugnazione così come stabilito nello statuto
consortile. Sostiene invero la ricorrente che non era necessario alcun atto
deliberativo o autorizzativo del suo Presidente per promuovere l’appello de quo,

Corte Suprema di Cassazione — II sez. civ. – est. dr. G A

– R.G.

33369/2007

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consortile. Rigettava comunque anche nel merito la proposta impugnazione,

un generale potere di rappresentanza

attesa la sussistenza di
dell’amministratore della società

di capitali

( art. 2384 c.c.), potere

comprendente anche la legittimazione processuale

della società, come

previsto del resto dall’ art. 29 dello Statuto nel testo approvato dall’assemblea
non vi sarebbe alcuna

limitazione statuaria dei poteri dell’amministratore ( il Presidente)

per cui non

occorreva alcuna delibera autorizzativa per formulare l’appello e, più in
generale, per stare in giudizio. Peraltro l’onere della prova in proposito
graverebbe sull’ing. Sonnino , in quanto la legittimazione processuale si
presume sussistere. Inoltre, l’autorizzazione a stare in giudizio non rientrerebbe
tra gli atti di straordinaria amministrazione previsti nello statuto, come
erroneamente ritenuto dalla Corte distrettuale.
3.1 — La doglianza non ha pregio per una pluralità di ragioni che di seguito si
indicano.
Invero non v’è dubbio che la necessità dell’atto deliberativo in questione era
prevista proprio dall’

art. 26 dello Statuto nella nuova e nella vecchia

formulazione, sia per gli
amministrazione.

atti di straordinaria che per quelli di ordinaria

Secondo tale norma statutaria “… per gli atti di ordinaria

amministrazione il consiglio delibera con il voto favorevole di almeno cinque
consiglieri, mentre per quelli di straordinaria amministrazione, delibera con il voto
di almeno sette consiglieri, ed ha l’obbligo di udire previamente il parere dei
sindaci’. Ciò anche è richiesto nel testo riformato a seguito dell’approvazione del

Corte Suprema di Cassazione —11 sez. civ. – est. dr. G. A. B

se- R.G. n. 133369/2007

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12.12.2004. Sottolinea inoltre l’esponente che

nuovo statuto ( “”…per gli atti di ordinaria amministrazione il consiglio delibera
con il voto favorevole della maggioranza dei consiglieri presenti, mentre per
quelli di straordinaria amministrazione delibera con il voto favorevole di almeno
o due terzi dei componenti del Consiglio, ed ha l’obbligo di udire

della cooperativa doveva essere autorizzato da una specifica delibera
assembleare, la cui mancanza comportava la nullità della procura ad litem e
degli atti consequenziali .
3.2 – Appare opportuno rilevare che – come statuito da questa S.C. – la
delibera dell’organo collegiale di una Cooperativa, richiesta dallo statuto ai fini
della validità degli atti processuali compiuti dal suo presidente, concorre ad
integrare la capacità processuale dell’ente e costituisce condizione di efficacia
degli atti posti in essere nel corso delle varie fasi del giudizio. Essa peraltro può,
intervenire, con efficacia retroattiva, anche in un momento successivo alla
proposizione del giudizio stesso (e, perciò, anche in relazione alla fase del
procedimento di Cassazione), salvo che, sul punto, non si sia formato il giudicato
( Cass. S.U., Sentenza n. 772 del 13/11/1999; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21574
del 06/10/2006; , Sentenza n. 21413 del 05/10/2006; Sez. 1, Sentenza n. 14260
del 19/06/2007; Sez. 1, Sentenza n. 9838 del 19/07/2001).
3.3.- Occorre precisare però che in forza dell’art. 182 , 2° co. c.p.c. il giudice
distrettuale, avrebbe dovuto concedere un termine alla Cooperativa per la

Corte Suprema di Cassazione — Il sez. civ. – est. dr. G. A. Bu se- R.G. n 33369/2007

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preventivamente il parere dei Sindaca Pertanto non v’è dubbio che il Presidente

regolarizzazione della costituzione in giudizio del suo presidente e ciò anche se
non sollecitato dall’interessata.
Invero secondo le S.U. l’art. 182, secondo comma, c.p.c. (nel testo applicabile
“ratione temporis”, anteriore alle modifiche introdotte dalla legge n. 69 del 2009),

autorizzazione “può” assegnare un termine per la regolarizzazione della
costituzione in giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della modifica
apportata dall’art. 46, comma secondo, della legge n. 69 del 2009, nel senso che
il giudice “deve” promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e
indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla
parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti “ex tunc…” (
Cass. Sez. U. Sentenza n. 9217 del 19/04/2010)
3.4 – Nel caso in esame tale autorizzazione tuttavia non potrebbe più essere
concessa dal giudice, attesa la preclusione che si è venuta a creare, in relazione
al fatto che la violazione di cui all’art. 182 c.p.c. non è stata oggetto di specifica
censura da parte della ricorrente. Questa infatti formulando il mezzo
d’impugnazione, ha insistito unicamente sulla questione che l’autorizzazione in
parola non fosse necessaria per il presidente della cooperativa, ma non si è
anche lamentata del fatto che il giudice d’appello le avrebbe dovuto assegnare
— e non l’ha fatto – un termine, secondo quanto previsto nel più volte citato
art. 182 c.p.c. per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, mediante il

deposito della delibera autorizzativa. Limitandosi l’oggetto dell’appello e del

Corte Suprema di Cassazione —11 sez. civ. – est. dr. G. A. B

n. 133369/2007

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secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o

giudizio di cassazione, in base ai principi che li regolano, alle censure dedotte,
nessuna sanatoria risulta ormai possibile, rendendosi pertanto inutile la
concessione di tale termine per il giudizio di cassazione, proposto a sua volte in
mancanza dell’indicata autorizzazione. Ciò anche in relazione all’inammissibilità

legittimazione processuale anche in relazione a questo giudizio di legittimità. Per
quanto riguarda in specie l’ultima censura ( violazione artt. 115 e 116 c.p.c. e
dell’art. 2727 ss. c.c. in tema di presunzioni, oltre a vizio di motivazione) si rileva
che la stessa è priva del quesito di diritto e del momento di sintesi previsti a pena
d’inammissibilità dall’ art. 366 bis

1″ e 2″ parte c.p.c. applicabile “rettone

temporis”.
Il ricorso dev’essere pertanto rigettato. Per il principio della soccombenza le
spese processuali sono poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.
la Corte

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle

spese processuali che liquida in € 4.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre
accessori di legge.
In Roma li 9 maggio 2013
IL CO IGLIERE EST.
(dott. Gafanq»tonio Burse

Corte Suprema di Cassazione — Il sez. civ. – est. dr. G. A. Bursese- R.G. n. 133369/2007

IL PRESIDENTE
(dott. Francesco Felicetti )

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del secondo e del terzo motivo, atteso che la società ricorrente è carente di

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