Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19437 del 13/09/2010

Cassazione civile sez. I, 13/09/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 13/09/2010), n.19437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20493/2008 proposto da:

V.M.C. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ZARA 13, presso l’avvocato GUARNACCI GIULIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato SAVINO Antonio, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BARI, depositato il

27/06/2007, N. 153/07 R.G. Cam. Cons.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/06/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato GIULIO GUARNACCI, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 14.03.2007, V.M.C. adiva la Corte di appello di Bari chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrisponderle l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848, Con decreto del 12-27.06.2007, l’adita Corte di appello, nella contumacia dell’Amministrazione, respingeva il ricorso della V..

La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che la ricorrente nella assunta qualità di erede del coniuge T.G. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito dal dante causa per l’irragionevole durata del processo dallo stesso introdotto, il 22.01.1997, dinanzi alla Corte dei Conti – sezione giurisdizionale della Puglia;

– che la V. non aveva documentato nè l’intervenuto decesso del T., nei cui confronti risultava resa la decisione della Corte dei Conti nel suddetto giudizio mai interrotto, nè la sua qualità di coniuge ed erede, carenze che comportavano il rilievo d’ufficio del suo difetto di legittimazione attiva.

Avverso questo decreto la V. ha proposto ricorso per Cassazione. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso la V. si duole del rilievo d’ufficio del suo difetto di legittimazione attiva.

Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, il ricorso è inammissibile per mancanza del quesito di diritto nonchè relativamente ai dedotti vizi motivazionali, del momento di sintesi riassuntiva dei rilievi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti (cfr. Cass. SS.UU. 200720603;

conf., ex multis, cass 200804309, 200808897; cfr anche Cass. 201007119).

Non deve statuirsi sulle spese del giudizio di legittimità, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’Amministrazione intimata.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2010

 

 

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